Jeeg Robot, le elezioni austriache e il mondo che cambia

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Jeeg Robot, le elezioni austriache e il mondo che cambia

26 Aprile 2016

Cosa hanno in comune il film “Lo chiamavano Jeeg Robot” e il risultato delle elezioni austriache di ieri? Domanda surreale, che però ha una risposta concreta: sono eventi che stanno lì a indicarci che tutto è cambiato intorno a noi, noi che intanto però ci ostiniamo a guardare il mondo secondo vecchi schemi, logiche superate, e quindi non riusciamo veramente a capire cosa sta succedendo, complice anche una impressionante cappa informativa che rende tutto uguale, senza lasciare spazio a letture diverse. 

La favola dark mezzo fumetto e mezzo Tarantino è ambientata in una Roma insolita, in cui il profilo del cupolone che spunta ogni tanto non evoca una speranza di redenzione né “grandi bellezze” un po’ esauste, ma serve solo a localizzare la periferia degradata che accoglie il racconto, un non-luogo che di per sé, senza quei monumenti inconfondibili, potrebbe essere quella ostile e sciatta di una metropoli qualunque. Tutto è cambiato, perché nel film la bella è una povera ragazza umiliata e sciroccata, l’eroe fa una enorme fatica a capire e accettare di essere tale, mentre il supercattivo appena può gira il video delle sue imprese con il telefonino (non vuole tanto il potere in sé, ma la fama che comporta). Inoltre l’happy end è tale per modo di dire: tutti i protagonisti fanno una gran brutta fine, e nonostante il nostro eroe riesca a scongiurare il peggio,dopo la lotta conclusiva ed epica tra il buono e il malvagio il mondo non è più sicuro di prima e neppure diverso.

Le favole in pochi decenni sono state stravolte, e Jeeg Robot non è più quello dei cartoni giapponesi, perché tutto è cambiato: ma noi non lo vogliamo vedere. Non lo vogliono vedere i politici, i giornalisti, diciamo pure gli intellettuali. Non lo vuole vedere chi avrebbe il compito di cercare di capire e di spiegare la realtà in cui siamo immersi e ci muoviamo alla cieca. Ecco perché ancora oggi ci si ostina a liquidare la vittoria di Hofer in Austria come quella di una destra populista e xenofoba estranea al sistema, prodotta all’improvviso dalle frotte di immigrati che stanno arrivando, impresentabile e votata da impresentabili, che hanno spazzato via i partiti di riferimento di sempre, popolari e socialdemocratici, esclusi dal ballottaggio del prossimo 22 maggio, 

Tutto è cambiato e il mondo nuovo è fragile, privo di certezze; la crisi economica e la rivoluzione antropologica non sono arrivate invano, e niente più sarà come prima. Un dato su tutti: nonostante le politiche a favore della famiglia, in nessun paese europeo si supera il tasso di sostituzione, cioè in nessun paese di Europa si fanno figli in numero tale da assicurarsi una discendenza e fermare il declino demografico. E’ solo questione di tempo: il nostro continente sta morendo. Sazio e disperato, direbbe chi ancora ricorda un coraggioso cardinale a Bologna. Per questo in politica emerge chi invece qualche certezza la offre, chi dice di volerci difendere da un mondo esterno che percepiamo ostile, e chi offre richiami ed echi di un passato che non c’è più. A essere votati sono i nuovi moderati, altro che anti-sistema, che si aggrappano a parole antiche – casa, patria, confini, tradizione, regole – che percorrono strade diverse – partecipazione diretta, leadership, ricambio generazionale – in un mondo nuovo dove anche per chi ha superpoteri è complicato essere eroi.