Jobs Act non sconfigge precariato, giovani pronti a emigrare all’estero
20 Maggio 2016
Finiti gli incentivi sulle assunzioni, il lavoro stabile all’epoca del governo Renzi torna precario come prima. E il Jobs Act, la rivoluzione renziana, ha tolto l’articolo 18 ma non porta davvero un rilancio della occupazione. Lo dice Istat, nel suo rapporto annuale.
Nel primo trimestre del 2016 ci sono stati 428.584 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato sono state 377.497 con un saldo positivo di 51.087 unità. Un bel meno 77% rispetto allo stesso trimestre del 2015 quando gli incentivi sul lavoro erano stati totali, non parziali come adesso.
Ma il dato del primo trimestre 2016 sulla occupazione è anche peggiore dello stesso lasso di tempo nel 2014, quando c’era ancora l’articolo 18, quando non c’erano incentivi né totali né parziali, e si erano comunque avuti più contratti stabili.
Dunque meno lavoro stabile, più precari, un uso sempe maggiore dei voucher, i buoni per i lavoro, che i sindacati accusano essere uno dei bacini del nuovo precariato e del sommerso (+45,6% rispetto al primo trimestre del 2015).
Sarà per questo che i giovani italiani sono sempre più disponibili ad emigrare, a lasciare l’Italia per trovare un lavoro, come rileva Istat.
La generazione del nuovo millennio secondo Istat resta più a lungo a casa con i genitori, impiega sempre più tempo per completare gli studi, lavora in modo precario o ha difficoltà a trovare lavoro, mette molto più tardi di altre tempo a farsi una famiglia.
Se questo è l’effetto del tanto decantato Jobs Act sulle nuove generazioni certo non si può promuovere il Governo Renzi.