John McCain, duro a morire

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John McCain, duro a morire

10 Gennaio 2008

In Italia, i titoli sono tutti per la vittoria di Hillary Clinton, ma negli States non ha destato meno impressione il successo ottenuto in New Hampshire da John McCain. Il senatore dell’Arizona è stato protagonista di una rimonta definita epica dai media americani. A luglio, McCain non aveva più un soldo in cassa e molti dei suoi consiglieri erano stati licenziati oppure avevano scelto di abbandonare quello che sembrava il Titanic della campagna elettorale. McCain non ha perso il controllo della situazione e i fatti gli hanno dato ragione. “The Man Who Came Back From the Dead”, ha titolato la rivista conservatrice National Review on line. In effetti, sulla stampa americana, la vittoria elettorale di McCain è stata associata alle vicende più drammatiche della sua vita: dalla prigionia e le torture subite in Vietnam al tumore della pelle che lo ha segnato ma non lo ha vinto “Ho più cicatrici di Frankestein”, ironizza il candidato repubblicano che otto anni dopo aver battuto George W. Bush ha liquidato il milionario Mitt Romney. (Per un ritratto della figura di John McCain, vedi il post di Pennsylvania Avenue del 14 febbraio 2007).

Il New Hampshire porta bene al 71enne senatore repubblicano, che ora registra anche una promettente ripresa nel fund raising. Nelle donazioni via Internet, si è passati dai 20 mila dollari, raccolti al giorno, ad oltre 100 mila. Per analizzare le ragioni della vittoria del veterano del Vietnam vengono in aiuto alcuni sondaggi commissionati da Fox News. Nella sfida con Romney, l’ex governatore del Massachusetts ha vinto solo sul tema dell’immigrazione. Le posizioni aperte di McCain sono, infatti, mal digerite da una parte cospicua dell’elettorato repubblicano. Per il resto, McCain vince con il 42 per cento contro il 24 di Romney, tra gli elettori che ritengono la lotta al terrorismo la issue più importante; 45 a 27 tra gli elettori che indicano come prioritaria la questione Iraq e 39 a 22 tra i repubblicani per i quali è l’economia la vera priorità.

“MAC is Back!”, gridavano i suoi sostenitori martedì sera in New Hampshire e Ruth Marcus sul Washington Post di ieri, avverte: ora che è tornato in pista, non sarà facile far deragliare John McCain. E pensare che, quest’estate, il senatore del GOP aveva dovuto rinunciare al suo pullman elettorale (lo Straight Talk Express, letteralmente “l’Espresso del parlar chiaro”) per affidarsi ad un mezzo più piccolo e meno costoso. Per il Washington Post, la risurrezione di McCain è dovuta a due motivi principali: da una parte, la mancanza nel campo repubblicano di un candidato forte, capace di unire la base del partito. Come ha sintetizzato efficacemente il senatore conservatore Rick Santorum, intervistato dal New York Times, tutti i candidati repubblicani sono imperfetti, in teoria nessuno di loro potrebbe vincere la nomination. Seconda ragione del ritorno in auge di McCain è il miglioramento della situazione irachena. Il senatore ha votato e sostenuto la guerra in Iraq e, nonostante le veementi critiche rivolte al presidente e al capo del Pentagono Rumsfeld, ha appoggiato la decisione di Bush, nel gennaio scorso, di aumentare le truppe in territorio iracheno (l’ormai celebre surge). Una scelta, dopo tanti drammatici e imperdonabili errori, che sembra dare i suoi frutti. Si riducono così gli attacchi indirizzati a McCain per le sue posizioni sulla guerra in Iraq, in particolare da parte dell’elettorato indipendente.

Dove può arrivare, dunque, John McCain? Le prossime tappe delle primarie sembrano arridere al senatore dell’Arizona. Il 15 gennaio, si voterà in Michigan dove McCain prevalse nelle primarie del 2000. McCain conta sul voto degli indipendenti che potrebbero regalargli il bis dopo il New Hampshire. Anche in South Carolina, al voto il 19 gennaio, il veterano parte da buone posizioni anche se in svantaggio rispetto ad Huckabee. In questo grande Stato del Sud, McCain può avvalersi dell’aiuto del senatore Lindsey Graham, che lo sostenne anche 8 anni fa. Questa volta, promette Graham, non verranno compiuti gli errori di allora, quando la campagna elettorale spinse troppo sull’acceleratore della critica all’establishment repubblicano. Per dirla con un slogan: dalle presidenziali del 2000, McCain è diventato più vecchio. O forse, solo più saggio.