Juncker avverte Renzi: “Senza di noi 19 miliardi in meno”. E poi: “L’Ue non sta bene”

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Juncker avverte Renzi: “Senza di noi 19 miliardi in meno”. E poi: “L’Ue non sta bene”

22 Settembre 2016

Il presidente della Commisione Jean Claude Juncker alla plenaria del Cese ha messo un po’ da parte tutte le belle parole dedicate da sempre all’Unione Europea. E così ha introdotto, infatti, il suo discorso: “Non parlo del Discorso sullo Stato dell’Unione, perché l‘Unione va molto male. Un anno fa dicevo che non c’era abbastanza Unione e dopo un anno non posso che ripeterlo. Le rotture e le fessure sono numerose e sono pericolose“. 

L’Unione europea è “alle prese con le crisi dei rifugiati, la Brexit e la mancanza di investimenti” oltre alle situazione “in Ucraina e Siria e si dimentica che la Siria è un vicino dell’Europa, perché è molto vicina a Cipro”. La Ue, dice il presidente della Commissione Jean Claude Juncker alla plenaria del Cese, è “davanti ad una policrisi”.

Per passare poi a quello che è da tempo il problema da cui dipendono tutti gli altri, o almeno, parte di essi: l’immigrazione

“La crisi dei rifugiati è importante perché è il motivo per cui la Ue si divide” e la Ue “non deve lasciare sole l’Italia, la Grecia o Malta” ovvero “i paesi in prima linea che la Ue deve assistere”, sostiene Junker.  Il quale è convinto che la solidarietà nella ripartizione dei rifugiati tra i diversi ci “deve essere”. 

E tenta anche di lanciare parole al veleno a destra e a manca contro chi si è macchiato della grave colpa di non volere una immigrazione sfrenata: “Alcuni paesi lo fanno, altri dicono di no perché sono cattolici e non vogliono musulmani. Questo è inaccettabile”.  

Se quei paesi “non possono fare la ripartizione, allora devono partecipare di più al rafforzamento della protezione delle frontiere esterne che va fatta entro fine ottobre”. “Abbiamo lanciato un piano di investimenti per l’Africa” perché “se non investiamo in Africa, l’Africa viene in Europa“. 

Il presidente della Commissione Europea manda pure un messaggio forte e chiaro al governo italiano: basta alle richieste di flessibilità perché “nel Patto di stabilità, che non deve essere un patto di flessibilità, abbiamo già introdotto molti elementi di flessibilità combattendo contro chi sapete” e senza i quali “l’Italia quest’anno avrebbe potuto spendere 19 miliardi di meno“. 

Da queste parole di certo non istintive emerge una chiara e semplice cosa: l’Europa, per adesso, non può dirsi “unione”. Troppe le divergenze.