Karl May, lo scrittore di lingua più letto di sempre, a 100 anni dalla morte
01 Luglio 2012
di Vito Punzi
Karl May (1842-1912), alias Old Shattenhand, alias Kara Ben Nemsi, è stato lo scrittore di lingua tedesca di maggior successo. Con l’intera sua opera ha raggiunto una tiratura mondiale stimata in 200 milioni di copie. Volendone dare una definizione certo parziale lo si potrebbe definire uno “scrittore di viaggi”. Nato in un piccolo paese della Sassonia, da maestro di scuola che era diventato non poté tuttavia resistere alla tentazione del furto e della truffa, per di più architettati con particolare fantasia. Vari arresti, fino alla condanna a quattro anni di lavori forzati. Poi il suggerimento del cappellano del carcere: usare quella sua rigogliosa immaginazione per scrivere romanzi d’avventura.
May inizia così a scrivere narrativa per ragazzi (alla fine saranno una sessantina di libri), raccontando avventure che sostiene d’aver vissuto lui stesso. Metà dei suoi libri sono ambientati nell’Oriente islamico, con emiri, principesse velate, beduini e cammellieri: qui il suo alter ego è Kara Ben Nemsi. L’altra metà, dove il protagonista è Old Shattenhand, affiancato dal fratello Winnetou, si svolge nel West americano, tra pellirosse, cow-boys, cercatori d’oro e tedeschi stravaganti. Poca violenza, mai odio, tanto più che May aveva una particolare simpatia per i popoli offesi o sottomessi, era avverso a qualsiasi forma di militarismo e disprezzava il cosiddetto mercantilismo borghese. Il suo vigore narrativo, come scrisse Italo Alighiero Chiusano, era tale “da trasportare un elefante di piombo”, così come quella di un grande talento è stata la sua capacità di rendere visivamente cose e paesaggi.
L’intera opera di May è stata una gigantesca compensazione della storia della sua vita, che lo ha visto diventare prima un paria, poi addirittura un criminale e infine un parvenu. Il suo “io” era plasmato da un’epoca le cui enormi esagerazioni finirono con il legare ideologicamente due figure apparentemente così diverse come Nietzsche e May: “Il Nietzsche dell’Ecce homo era un Karl May della metafisica”, ha scritto di recente Ludger Lütkehaus, mentre “Karl May può essere considerato la parodia dell’Übermensch come gentiluomo”. Non è azzardato dire che nelle leggende dei suoi eroi vive lo spocchioso spirito dell’epoca guglielmina. E tuttavia bisogna ricordare che per quanto etichettato come cristiano “sentimentale” Karl May è considerato tutt’oggi uno degli autori più religiosi della letteratura tedesca (tra i suoi testi di maggior significato in questo senso Ave Maria, un componimento di chiara ispirazione cattolica scritto e da lui stesso musicato per celebrare la morte del personaggio Winnetou).
May è stato letto da tutte le generazioni: piacque a Hitler e ai suoi, ma anche a chi divenne loro vittima; infine è stato letto ed amato dai tedeschi della Germania postbellica divisa. Si può dire che ciascuno abbia trattenuto delle sue opere ciò che più lo interessava, lasciando da parte, o addirittura censurando ciò che non piaceva. Così è successo nella DDR, quando nel 1981 venne pubblicato Winnetou I, il suo primo libro pubblicato nella Germania comunista. Ad essere tagliata fu questa frase, pronunciata Old Shatterhand: “Noi tedeschi siamo persone particolari. I nostri cuori si riconoscono l’un l’altro come prossimi ancor prima che diciamo di essere appartenenti ad un popolo: e quand’è che desidereremo tornare ad essere un unico popolo?”
Il primo lancio importante in Italia avvenne nel 1955, con La fattoria del deserto, per Bompiani, ma senza particolare riscontro. Seguirono negli anni Sessanta alcuni titoli scelti da Salani, infine furono le Edizioni Paoline a scommettere su di lui, intraprendendo tra il 1972 e il 1981 la pubblicazione dell’”Opera omnia”. In seguito, quasi più nulla.