Katyn ancora fatale per la Polonia: è la volta del presidente Kaczynski
10 Aprile 2010
Maledetta sia la foresta di Katyn per la Polonia. Destino cinico e baro, a trovarvi la morte questa mattina, proprio in corrispondenza dei 70 anni dall’eccidio dei 20 mila soldati polacchi ad opera della Russia comunista di Stalin, è stato il presidente, Lech Kaczynski, passeggero assieme alla consorte Maria e ad altri esponenti di alto rango del governo e delle istituzioni polacche (il capo di stato maggiore, Frantiszek Gagor, il governatore della banca centrale, Slawomir Skrzypek, il viceministro degli Esteri, Andrzej Kremer, alcuni deputati, il candidato conservatore alle prossime presidenziali Gosiewski, il vescovo cappellano dell’esercito, per citarne solo alcuni) del velivolo schiantatosi fatalmente in fase di atterraggio nei pressi dell’aeroporto di Smolensk, non lontano da Katyn quasi al confine russo-polacco. Il presidente era atteso oggi proprio a Katyn per le commemorazioni del famigerato eccidio; non a caso, della folta delegazione polacca facevano parte anche alcuni tra i parenti delle vittime. I morti sarebbero in tutto 96, compresi i membri dell’equipaggio, ma il bilancio finale potrebbe fornire numeri differenti. Non ci sarebbero superstiti. Il fratello gemello del presidente Kaczynski, Jaroslaw, non è tra le vittime, come si era vociferato inizialmente, essendo rimasto in Polonia.
Le dinamiche dell’accaduto non sono ancora del tutto chiare. Le autorità locali e i responsabili dell’aeroporto parlano di errore del pilota al quale sarebbe stato sconsigliato l’atterraggio vista la fitta nebbia; invece di tornare indietro in direzione di Minsk o proseguire verso Mosca, come gli avrebbe suggerito la torre di controllo, il pilota ha insistito nei suoi tentativi di atterraggio, e il terzo (alcuni riportano il quarto) sarebbe stato quello fatale. Prima di schiantarsi al suolo e prendere fuoco, l’aereo precipitando avrebbe toccato le cime degli alberi. In ogni caso, Varsavia aspetta di ricevere da Mosca «tutte le informazioni sulle cause che hanno portato alla caduta dell’aereo», come ha dichiarato l’addetto stampa dell’ambasciata polacca nella capitale russa, Pavel Koch. Come a dire che la versione delle prime ore fornita dalle autorità locali necessita di ulteriori verifiche. Verifiche che da parte russa verranno coordinate dal premier Vladimir Putin, subito nominato dal presidente Dmitri Medvedev a capo della commissione d’inchiesta incaricata di esaminare il caso.
Putin si era recato lo scorso giovedì proprio a Katyn per partecipare alla cerimonia di commemorazione delle vittime dell’eccidio, la prima volta per una massima autorità russa, alla presenza delle più alte cariche polacche di ieri e di oggi: il premier Donald Tusk, gli ex presidenti Lech Walesa, leader di Solidarnosc, e Tadeusz Mazowiecki, primo capo dello Stato dopo la caduta del regime comunista protetto da Mosca. Mancavano invece significativamente i fratelli Kaczynski, che in politica estera erano divenuti il simbolo di una Polonia dal forte senso d’identità nazionale nonché della grande voglia di riscatto di un paese vessato dalla storia che sente ancora di doversi guardare dai russi ad est e dai tedeschi ovest, e non si fida di francesi e inglesi, memore dell’abbandono nelle mani naziste subito all’inizio della seconda guerra mondiale, e guarda agli Stati Uniti per la propria sicurezza, sebbene incominci a diffidare anche dell’amministrazione Obama dopo la decisione di sospendere lo schieramento della difesa antimissile in Europa e il nuovo START firmato con il Cremlino. La presenza di Putin a Katyn secondo i Kaczynski non può quindi essere sufficiente a riconciliare Mosca e Varsavia, anche perché il premier ed ex presidente russo non si è mai scusato a nome del suo paese per l’eccidio compiuto, attribuendo ogni colpa al regime staliniano come se fosse stata qualcosa di disgiunto dal popolo russo e dalla sua storia.
Metaforicamente, si può dire che il vecchio Tupolev 154 di fabbricazione sovietica non ha voluto perdonare questo sgarbo diplomatico di Lech Kaczynski al leader russo, complice certamente l’imprudenza del pilota, le condizioni ambientali e atmosferiche, nonché la malasorte che continua a fare di Katyn un luogo tragico della memoria e dell’identità storica dei polacchi. Walesa ha parlato di «secondo disastro di Katyn», di come «i sovietici hanno ucciso l’elite politica polacca a Katyn 70 anni fa» e di come «oggi l’elite polacca è morta sempre a Katyn mentre si stava recando a rendere omaggio ai polacchi uccisi». Ma per quanto si tratti di un grave colpo morale per la nazione, sul piano interno il sistema politico democratico e pluralistico che ha spazzato via il comunismo si è ormai ampiamente consolidato ed è già pronto a ripartire, con il lutto al braccio ma deciso a non farsi destabilizzare da quanto occorso stamane al presidente e ai suoi autorevoli compagni di sventura, tanto è vero che verranno presto indette elezioni anticipate da cui emergerà il successore di Lech Kaczynski al vertice del paese. Per un popolo abituato a risorgere dalle macerie (basti pensare all’eroica ricostruzione della splendida città vecchia di Varsavia dopo l’armageddon nazista), si tratta in fondo solo di un doloroso incidente di percorso. Morto un presidente se ne fa un altro, la Polonia resta.