Kerry a Hiroshima, il mondo sta davvero cambiando
09 Aprile 2016
di Daniela Coli
Il 10 e l’11 aprile il segretario di stato statunitense John Kerry e i ministri degli esteri del G7 – riuniti a Hiroshima per preparare il summit che si terrà in Giappone il 26 e 27 maggio – renderanno omaggio al Memoriale della città martire e deporranno fiori sul cenotafio delle vittime della bomba atomica. A portare fiori al Memoriale di Hiroshima si sono già recate Nancy Pelosi e l’ambasciatrice Caroline Kennedy. E’ però la prima volta che un’alta carica del governo americano visita il Memoriale di Hiroshima e in maggio è prevista la visita di Obama durante il G7 a Ise Shima, il cuore spirituale del Giappone, pieno di santuari shintoisti.
A Hiroshima il mattino del 6 agosto 1945 una bomba atomica incenerì gli abitanti della città dove non c’erano obiettivi militari, ma solo uomini, donne e bambini. Il mattino del 9 agosto fu colpita Nagasaki con una seconda bomba che ridusse in cenere uno dei porti più importanti della regione e il centro del cattolicesimo giapponese. I feriti morirono successivamente per le ustioni e le radiazioni del mostro costruito a Los Alamos. Il Guardian si chiede come Kerry e Obama presenteranno questa storica visita negli Stati Uniti, dove in genere si crede ancora fosse necessario distruggere Hiroshima e Nagasaki per convincere il Giappone alla resa ed evitare ulteriori perdite di soldati americani.
Come hanno dimostrato molti storici, il Giappone dopo la battaglia di Iwo Jima del febbraio-marzo 1945 e la perdita di Okinawa, era pronto a negoziare la resa per timore di un’invasione russa. Il generale Eisenhower considerava già sconfitto il Giappone e si oppose alla bomba di Hiroshima e Nagasaki. A Truman era giunto anche un telegramma dell’imperatore, che si dichiarava pronto a negoziare. Truman sapeva anche del piano d’invasione sovietica del Giappone. Il 13 aprile 1941, il Giappone aveva firmato un patto di non aggressione per cinque anni con l’Unione Sovietica: i russi volevano avere le spalle coperte e i giapponesi non volevano essere coinvolti in una guerra tra tedeschi e russi.
Però a mezzanotte del 9 agosto, ora di Tokyo, dopo la bomba di Nagasaki, i russi dichiararono guerra al Giappone e invasero la Manciura: il 15 agosto l’imperatore Hirohito annunciò ai giapponesi la fine dei combattimenti con gli Alleati. Il Guardian osserva che Hollywood, sempre pronta a fare film su qualsiasi soggetto, non ha mai dedicato film a Hiroshima. È vero che i due film di Clint Eastwood del 2006 sulla battaglia di Iwo Jima, come fu vissuta dai giapponesi e dagli americani, o L’ultimo samurai di Tom Cruise del 2003 hanno diffuso almeno tra gli americani più colti un’immagine del Giappone diversa da quella della propaganda.
Il recente serial Manhattan ha poi fatto vedere come, dopo la resa tedesca, alcuni scienziati fossero contrari a lanciare la bomba su una città giapponese e volessero sganciarla su una zona deserta per mostrare al mondo quale nuova arma avessero in mano gli Stati Uniti. Nella decisione dell’establishment influì il razzismo nei confronti di un popolo asiatico che non si era mai piegato alle potenze coloniali occidentali, la volontà di mostrare che gli Stati Uniti erano diventati una superpotenza militare e il desiderio di vendicarsi di Pearl Harbor. Il Giappone non aveva perso una guerra da un millennio: oggi modernizzato più dell’Europa, unico paese asiatico del G7, non ha perso la raffinatezza che lo rende unico.
(Oltre a John Kerry, saranno presenti i ministri degli Esteri di Giappone, Regno Unito, Canada, Francia, Germania e Italia. Si tratta della prima volta che rappresentanti di Usa, Regno Unito e Francia visitano questo luogo. La bomba atomica devastò Hiroshima il 6 agosto 1945)