Kosovo indipendente: adesso Putin può rilanciare la sua politica di potenza

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Kosovo indipendente: adesso Putin può rilanciare la sua politica di potenza

18 Febbraio 2008

La dichiarazione
unilaterale d’indipendenza del Kosovo entrerà con ogni probabilità nell’elenco
dei più significativi, addirittura fatali, avvenimenti della storia
contemporanea. C’è qualcosa che ricorda una tragedia greca antica, dove i
personaggi, pur prevedendo le disastrose conseguenze delle loro azioni, sono
trascinati verso il baratro senza potersi opporre al destino.

E’ vero che l’Europa,
ipnotizzata dalla nuova ondata di pulizia etnica condotta dalle truppe di
Milosevic e mossa da una giusta indignazione, ha promesso ai kosovari il
riconoscimento della sovranità del loro stato. Promettendo l’indipendenza per
ricompensare le loro sofferenze, l’Europa ha ignorato che negli scontri etnici
non ci sono giusti e ingiusti in assoluto, perché vittima e carnefice si
scambiano i ruoli in continuazione, in corrispondenza della mutevole
correlazione di forze. Respinta l’aggressione delle truppe di Milosevic, i kosovari-albanesi
hanno a loro volta cominciato la persecuzione della minoranza serba,
costringendo la comunità internazionale a intervenire per proteggerla.

E’ vero che la promessa
dell’indipendenza non può essere rimangiata, ma la si poteva realizzare in modi
diversi. Cercando il massimo consenso possibile da parte della Serbia, si
poteva disegnare condizioni privilegiate per la sua entrata nell’UE, facendole
un’offerta che non poteva essere rifiutata e dando aiuto ai serbi che desiderano
lasciare il Kosovo. Il successo del moderato Tadic alle elezioni presidenziali aveva
dimostrato che attraverso la diplomazia, e con tanta pazienza, era possibile arrivare
a un accordo di compromesso. Non è andata così. Adesso, dopo la proclamazione
dell’indipendenza del Kosovo, ci si attende il suo riconoscimento immediato da
parte di Francia, Germania e Gran Bretagna  per non dare alla Russia il tempo di opporre
resistenza all’ONU. Non c’è dubbio, invece, che il caso Kosovo dà al governo di
Putin un’ottima possibilità di rilanciare la politica di potenza russa sia nei
Balcani che nel Caucaso.

Nei Balcani, la Russia
appoggerà tutte le richieste della Serbia, inclusa la separazione dal Kosovo della
regione dei monasteri intorno a Mitrovica, fino alla separazione dalla Bosnia della
regione popolata dai serbi e il suo passaggio sotto la giurisdizione di
Belgrado. Ma se l’Unione Europea riuscirà a tenere sotto controllo la
situazione nei Balcani, il Caucaso, se la Russia accetterà la sfida, tornerà ad
essere zona d’influenza russa. Una risposta “simmetrica” di Putin è già pronta:
alla Serbia rimpicciolita corrisponderà una Georgia amputata.

Le due repubbliche
autonome di Abkhazia e Ossezia del Sud, ancora parte della Georgia, hanno già rivolto
un appello alla Russia e agli altri paesi delle Nazioni Unite per il
riconoscimento della loro indipendenza. Come ha dichiarato il Presidente
abkhazo Serghej Bagapsh, “il caso del Kosovo rappresenta un precedente, mentre
tutti i riferimenti alla sua presunta unicità sono una manifestazione della
politica dei doppi standard”. A sua volta, il Presidente dell’Ossezia del Sud, Eduard Kokojty,
ha sottolineato che la lotta per la sovranità della repubblica non si fermerà. La
divisione dell’Ossezia in due parti è un lascito della politica delle
nazionalità staliniana del divide et
impera
; la situazione è aggravata dal fatto che l’Ossezia del Nord fa già parte
della Federazione Russa. Inoltre, la maggioranza della popolazione
dell’Abkhazia, circa l’80 per cento secondo stime non ufficiali, ha già
acquisito la cittadinanza russa.

In definitiva, l’esito
della crisi kosovara, nell’ultimo round dello scontro tra i due princìpi
ritenuti ugualmente legittimi dalla comunità internazionale – quello
dell’indiscussa sovranità dello stato sul proprio territorio e quello del
diritto dei popoli all’autodeterminazione, formulato quasi un secolo fa da Wilson
e Lenin -, ha sancito chiaramente la vittoria del secondo.