Kosovo, una giovane nazione in cerca di maggiore sicurezza

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Kosovo, una giovane nazione in cerca di maggiore sicurezza

26 Gennaio 2009

 

Ha iniziato ad operare mercoledì scorso la Kosovo Security Force (KSF), la nuova forza di sicurezza della giovane nazione kosovara. La sostituzione dell’attuale Kosovo Protection Corps (KPC), la forza istituita nel 1999 con compiti di protezione civile, rappresenta un tassello importante per la conquista della piena indipendenza di Pristina, un passaggio d’altronde previsto sia dalla Costituzione approvata a giugno, sia dal piano Ahtisaari. L’inviato speciale dell’ONU, infatti, nel 2007 aveva sottolineato l’esigenza di affiancare alle missioni internazionali, che tutt’oggi assicurano il mantenimento della sicurezza all’interno del Kosovo, una forza locale, costituita in modo da garantire anche la minoranza serba, che col tempo potesse rappresentare il nucleo su cui costruire le nuove forze armate.

Sebbene al momento sia prevista solo la dotazione di equipaggiamenti leggeri, in un futuro non troppo lontano questi saranno sicuramente integrati con tutti gli armamenti necessari ad una vera forza militare. I tempi dovrebbero essere dai tre ai cinque anni (prima di essi non sarà comunque possibile riconsiderare lo status della KSF); fino ad allora il controllo sulle attività della nuova forza kosovara ricadrà sulla NATO, che d’altronde ha provveduto alla formazione e all’equipaggiamento del personale reclutato da Pristina.

Non mancano naturalmente i problemi, primo fra tutti quello rappresentato dalle vibranti proteste della Serbia. Il ministro degli esteri di Belgrado, Vuk Jeremic, ha dichiarato che “le truppe albanesi sono una forza paramilitare illegale che minaccia la stabilità della regione, e sono assolutamente inaccettabili per la Serbia”, mentre il Presidente Tadic ha già fatto sapere che chiederà all’ONU ed alla NATO di provvedere al loro scioglimento.

A parte le scontate reazioni serbe, anche all’interno dello stato kosovaro non mancano i malumori. Una dimostrazione delle difficoltà incontrate dal governo di Pristina è rappresentata dalla nomina degli ufficiali che dovranno guidare la KSF, che ha subito continui rinvii ed ha provocato non pochi nervosismi a livello politico, fino a concludersi con la nomina del Generale Syleiman Selimi, ex comandante del KPC.

Proprio dall’ormai praticamente disciolta protezione civile sono venuti altri problemi. Il personale dell’organizzazione, che ha svolto un ruolo importante nel nascente stato, si aspetta un riconoscimento che dovrebbe concretarsi nell’assorbimento della stragrande maggioranza dei suoi membri all’interno delle nuove forze di sicurezza. Tuttavia il KPC è composto da più di 3.000 persone mentre la KSF ne prevede 2500 più 800 riservisti, ed è evidente che i conti non tornano.

Considerando che il KPC rappresenta un importante bacino elettorale, specialmente per il Presidente Thaci, occorrerà trovare una soluzione politica che probabilmente si concretizzerà nell’assorbimento di una parte del personale all’interno della KSF, che però prevede proporzioni etniche che garantiscano anche la minoranza serba (non va invece dimenticato che il KPC è formato dagli uomini della Albanian Kosovo Liberation Army la forza che combatté contro la Serbia nella guerra del 98-99). Per gli esclusi, invece, si potrebbero aprire le porte dell’amministrazione pubblica.

Come detto la KSF resterà sotto il controllo della NATO, e si affiancherà alle missioni attualmente in atto in Kosovo, in particolare alla recente missione europea EULEX, che ha il compito di supervisionare il lavoro di giudici, polizia e dogane, ed alla KFOR, la missione NATO che svolge compiti di peacekeeping (guidata dal Generale Emilio Gay). Resterà da vedere se la nuova forza sarà in grado di garantire realmente con imparzialità la sicurezza di tutti i cittadini e di tutte le minoranze, etniche e religiose, sperando che non si verifichino nuovamente gli atti di violenza discriminatoria che nel recente passato hanno insanguinato il paese.