L’economia USA torna a ruggire: a giugno 4.8 milioni di posti di lavoro in più. E Trump gongola
03 Luglio 2020
di Vito de Luca
Mentre la saldatura internazionale e nazionale anti-Trump si va affinando sempre di più, portando a spiccare anche un mandato di cattura internazionale verso Trump – vedi il regime degli ayatollah – con la morsa sempre più stretta, composta dal lamestream media e da quello che ormai potremmo ribattezzare il Covid-party, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è sceso all’11,1%, in giugno, con un recupero di 4,8 milioni di posti di lavoro. Anche se molti si auspicano un ritorno in grande stile del “cigno nero”, insomma: il virus cinese, che, per esempio, secondo l’immunologo Anthony Fauci, ormai relegato nella periferia della galassia della Casa Bianca, potrebbe portare ad una prossima ecatombe negli Usa, con un centinaio di migliaia di nuovi contagi al giorno. Una profezia benaugurante, visto che Fauci, in passato, si è già clamorosamente sbagliato su previsioni precedenti. Intanto il tasso di disoccupazione, dal 13,3% di maggio, si è abbassato in un mese di più di due punti, anche se rimane ancora elevato, visto che nel periodo precedente al coronavirus, in marzo, il tasso di disoccupazione si aggirava intorno a un minimo negli ultimi 50 anni a questa parte: uno straordinario 3,5%. Sono i dati del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti, da cui emerge anche che le richieste di disoccupazione sono scese da un picco di quasi 7 milioni della fine di marzo, stabilizzandosi, nel mese di giugno, vicino a 1,5 milioni. Anche quest’ultimo dato rappresenta, storicamente, un numero ancora elevato, che mostra come ci siano ancora delle società che continuano a tagliare posti di lavoro. Per Trump, però, «our economy is roaring back», la nostra economia è tornata a ruggire», come ha detto ai reporter incontrati a Washington, dichiarandosi, per questo, «really happy», tanto da fargli scrivere, sul suo profilo Facebook, «Jobs, Jobs, Jobs!». Le assunzioni al lavoro del mese scorso sono state supportate dalle riaperture commerciali e dal sostegno delle risorse pubbliche decise dal governo degli Stati Uniti, che con un’ultima manovra ha immesso nel mercato, anche attraverso l’impiego di agevolazioni fiscali, una cifra pari a 650 miliardi di dollari.
Negli Stati Uniti, ora, a mano a mano, anche in vista del 4 luglio, hanno riaperto ristoranti, palestre e saloni che erano stati chiusi per diverse settimane nel tentativo di contenere la diffusione del coronavirus, con le piccole imprese che hanno sfruttato i prestiti federali attraverso il programma di protezione relativo agli stipendi, consentendo loro di continuare a richiamare i lavoratori. In particolare, molte fabbriche sono state in grado di richiamare i propri lavoratori dopo aver subìto perdite, durante la crisi economica. In maggio, i ristoranti e i bar statunitensi, uno dei settori più colpiti dal virus, hanno recuperati 1,4 milioni di posti di lavoro, una tendenza che probabilmente è proseguita fino in giugno quando più stati hanno riaperto le loro economie. Inoltre, anche i consumi sembrano stiano vivendo una stagione di rilancio, essendo aumentati quelli richiesti online, mentre l’economia, entrata in una recessione in febbraio, aveva già dati segnali di ripresa in aprile. La velocità con cui le aziende assumono e i consumatori spendono dipende, naturalmente, in gran parte, dall’andamento del virus (meglio: dalle notizie, spesso contrastanti, che ricevono della diffusione di esso). Molti americani, infatti, restano tuttora titubanti nel fare acquisti nei negozi o nei ristoranti, di fronte alla notizie che annunciano l’aumento dei casi di coronavirus. In evidenza, dal dipartimento del lavoro americano, vi è che l’occupazione nel commercio al dettaglio è aumentata di 740 mila unità, dopo il rialzo di 372 mila posti di lavoro di maggio. Sempre nel mese scorso, si sono verificati dei balzi in avanti nei negozi di abbigliamento e accessori per abbigliamento, con il ritorno al lavoro di 202 mila persone, mentre nei negozi di merchandising c’è stato un aumento 108 mila posti, con 84 mila in più nei negozi di mobili e arredamento per la casa. Nel settore dei motori e dei rivenditori di veicoli, altri 84 mila rientri al lavoro.
Nella sanità e nel settore dell’educazione i posti di lavoro, nello stesso periodo preso in esame, sono saliti di 568 mila, con l’industria del manifatturiero che registra 356 mila aggiunte. Sono questi i temi concreti che interessano a quella maggioranza silenziosa che non scende in piazza per abbattere statue o per provocare disordini, ma che vuole il benessere degli Stati Uniti, e che mostrano come le ricette di Trump e della sua amministrazione – per un ritorno, seppur lento, allo stato pre-crisi – funzionino. Forse gli americani, alle presidenziali di novembre, si dovrebbero chiedere perché un aspirante alla Casa Bianca (Biden) risponda, come è accaduto ieri, alle domande dei giornalisti, durante una conferenza stampa, con il telepromter. Le domande, quindi, erano gli erano già note?