l mutui subprime scuotono gli Usa. Maxiretata a Wall Street
20 Giugno 2008
La crisi dei mutui subprimes non è più solamente un affare finanziario, ma da ieri anche giudiziario. Con l’arresto di oltre 60 persone e 406 incriminazioni complessive, l’Fbi ha dato il "La" alla fase finale dell’operazione Malicious Mortgages, iniziata lo scorso primo marzo.
La retata svolta a Wall Street ha prodotto subito le prime vittime illustri, Ralph Cioffi e Matthew Tannin, due gestori di hedge fund per Bear Stearns, forse il caso più eclatante di tutta la crisi dei subprime, che lo scorso 14 marzo ha visto crollare la sua capitalizzazione di borsa e che è stata salvata solamente dall’intervento della Federal Reserve attraverso Jp Morgan Chase.
Tannin e Cioffi sono accusati di frode, insider trading e complotto durante la loro azione di gestione patrimoniale, come dimostrano le intercettazioni informatiche compiute dall’Fbi, in collaborazione con la Sec (Consob americana) ed il dipartimento di giustizia. Subito il legale di Tannin ha affermato: «Il mio cliente è innocente ed è il capro espiatorio per un’estesa crisi dei mercati».
Della stessa idea uno degli avvocati di Cioffi: «Colpendo noi Bear Stearns e l’intero sistema vogliono lavarsi le mani delle operazioni distorte che tutti facevano, ma che nessuno diceva».
Si ipotizza che il fallimento dei due fondi sia imputabile in parte agli stessi gestori, che hanno ritardato la chiusura delle posizioni finanziarie svantaggiate il più tardi possibile, non informando correttamente i partecipanti al fondo. Vale la pena ricordare che proprio la struttura degli hedge funds, che permette di avere rendimenti costanti e differenziati dagli indici borsistici di riferimento, si presta a speculazioni massicce, come segnalato su ogni prospetto informativo ad essi relativo. Fra le loro caratteristiche, il basso numero di investitori per ogni fondo e l’elevata fee d’ingresso, unita ad una regolamentazione diversa dai fondi comuni d’investimento di diritto italiano. Infatti, un fondo hedge può vendere, con tendenza ribassista, allo scoperto e si comprende quanto sia ampio il margine di rischio a carico dell’investitore. I due hedge di Bear Stearns, hanno prodotto perdite per oltre 1,6 miliardi di dollari, facendo partire la carambola di svalutazioni che hanno portato al crollo borsistico del titolo. Gli investitori, infatti, una volta resisi conto della reale esposizione finanziaria dell’emittente dei titoli da essi posseduti, hanno iniziato a venderli senza scrupoli, provocando il crack.
Ma questo è solo la punta, secondo l’autorità federale Usa, di un iceberg che nasconde molte sorprese. Importante è comprendere se sono presenti delle colpe e chi deve pagare per le inefficienze verificatesi. L’indagine condotta dall’Fbi dovrà cercare non solo di colpire nel mucchio cercando di beccare almeno un colpevole, ma dovrà essere chirurgica, esattamente come lo sono state molte delle operazioni finanziarie compiute fino allo scoppio della crisi.
Fa riflettere però una dichiarazione di Henry Paulson, segretario del Tesoro, come se fosse profetica: «I mercati devono essere preparati a eventuali nuovi fallimenti». Bene, cioè male, perché ciò vuol dire che si sa qualcosa che non tutti sanno e parlare significa solo gettare ombre in un luogo dove già si naviga a vista da quasi un anno. Solo una cosa è certa, il mercato ha funzionato a dovere. Pensiamo per un attimo allo scopo ultimo della cartolarizzazione, ovvero diversificare il rischio, trasferirlo: se così non fosse stato, tutto il crack del settore immobiliare sarebbe stato assorbito esclusivamente dal mercato americano e non, com’è invece avvenuto, dall’intero sistema economico. Vale la pena pertanto spezzare una lancia a favore del mercato e condannare, invece, chi ha cercato di prevalere sugli altri tramite il maggior indice di informazione che deteneva. Per questo motivo è ragionevole che chi ha sbagliato, debba pagare, mentre non bisogna riversare colpe su un sistema virtuoso che ha dimostrato di saper svolgere il proprio lavoro. Il sentore è che invece si stia per compiere una caccia alle streghe per mostrare al mondo l’efficienza del sistema statunitense. L’obiettivo dovrebbe essere quello di infondere fiducia nei mercati, ma si potrebbe anche avere il risultato opposto, ovvero una destabilizzazione maggiore, anche alla luce delle dichiarazioni di Paulson.
La crisi subprimes non è terminata, anzi. Solo ha intrapreso la via giudiziaria. Nuove turbolenze sono state gettate sui mercati, aumentando le tempistiche di riequilibrio degli stessi. L’unica consolazione è che i tempi medi per un processo negli Stati Uniti dovrebbero essere in media inferiori a quelli italiani…