L’11 Settembre è ora. La guerra al terrorismo è appena cominciata

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’11 Settembre è ora. La guerra al terrorismo è appena cominciata

10 Settembre 2010

Domani ricorre il nono anniversario della tragedia delle Torri Gemelle, del Pentagono e dell’aereo caduto nei campi aperti della Pennsylvania per mano omicida di Al Qaeda, cioè sono pure nove anni da che è iniziata la guerra al terrorismo internazionale. Vi consiglio di andare al cinema. Al 555 di Pennsylvania Avenue a Washington, cioè nel Newseum, il museo più interattivo che ci sia, danno l’ultimo di Newt e Callista Gingrich, America at Risk: The War With No Name.

Oggi Newt Gingrich sta davvero vivendo una seconda, anzi forse addirittura una terza giovinezza politica e, fra un buon libro e l’altro, sforna anche ottimi video, prodotti assieme alla moglie Callista, la terza, quella cattolica, quella che lo ha convertito dal battismo al cattolicesimo. Attraverso la Gingrich Production, e mallevadore la Citizens United, i coniugi Gingrich mandano ora, in tempi caldi, caldissimi, un messaggio chiaro e forte per immagini indelebili e parole come macigni a tutti quelli che sono in ascolto: la guerra al terrorismo è solo all’inizio. Faremmo bene a ricordarlo tutti, anzitutto sarebbe il massimo lo ricordasse anche la Casa Bianca, ora che ha deciso di tirare i remi in barca.

Era da immaginarsi che la decisione di andarsene dall’Iraq (come se nulla fosse, come se nulla fosse stato) presa da Barack Hussein Obama alla vigilia di elezioni “pesanti” sarebbe stata sfruttata immediatamente dal fronte politico a lui avversario, ma che la sua rinuncia anche solo all’ipotesi di una vittoria possibile contro uno degli avversari più pericolosi e infingardi che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto venisse rintuzzata così rapidamente forse no.

Il senso del documentario dei Gingrich  (documentario pre-elettorale, perché no, che male c’è?, averne di cose così…) è chiarissimo. Il terrorismo ultrafondamentalista musulmano è un nemico invisibile che colpisce con tanta ferocia quanta vigliaccheria, la Corea comunista del Nord agita spettri atomici, l’Iran pure, e forse persino mostri chimici, e l’Amministrazione Obama che fa? Ribattezza la guerra globale al terrorismo come “Overseas Contingency Operation” (cioè più o meno “Momentanea Operazione fuoriporta”); fa sparire espressioni come «estremismo islamico» e parole quali jihad dai documenti ufficiali della sicurezza nazionale; e il ministro della Homeland Security (il dicastero di difesa nazionale istituito proprio dopo l’Undici Settembre), la iperprogressista Janet Napolitano, sostituisce il vocabolo «terrorismo» con (mi raccomando, trattenete le risa) «disastri causati dall’uomo».

Nel documentario dei Gingrich dicono la loro esperti del calibro di Bernard Lewis, Michael Chertoff (ex ministro all’Homeland Security), Debra Burlingame, Walid Phares, Andrew McCarthy, l’ex direttore della CIA James Woolsey, Tony Blankley, Steven Emerson, M. Zuhdi Jasser, Michael A. Ledeen, Frank Gaffney, Michael Scheuer, Reihan Salam e quell’ex ambasciatore statunitense all’ONU che risponde al nome di John R. Bolton il quale con puntualità e con coraggio, ogni giorno che passa se ne capisce sempre più il motivo, America at Risk lo mostra visivamente, ha opportunamente definito Obama il “primo presidente postamericano della storia”, insomma uno a cui interessa un baffo quel pur controverso ma salubremente indispensabile ruolo di leadership che gli Stati Uniti svolgono nel mondo a difesa della libertà, figuriamoci del resto del mondo tra cui noi.

Ora, quello stuolo lungo così di gente con gli attributi grossi così, e le loro expertise pure, che sfila nel documentario made in Gingrich è protagonista di una denuncia pubblica di portata storica. L’Amministrazione Obama sta svendendo la sicurezza del mondo ai nostri peggiori nemici, e la responsabilità di ciò che di grave potrà poi accadere è tutta sua. Sarebbe meglio invertire la rotta oggi invece di piangere domani sul latte versato. Una denuncia decisa, schietta, gagliarda che attende risposta. Sarebbe infatti una iattura se il mondo, Stati Uniti in testa, rimpiobassero nella grigia “era Jimmy Carter” in cui Washington aveva paura persino della propria ombra e così l’Unione Sovietica poteva indisturbatamente comunistizzare quel po’ di mondo che ancora non aveva comunistizzato e il terrorismo islamico muovere i primi, sanguinosi passi.

Sarebbe una iattura se il mondo, Stati Uniti in testa, rimpiobassero nella grigia “era Bill Clinton” in cui Osama bin Laden poteva indisturbatamente organizzare e testare la sua Al Qaeda contando sul fatto che Washignton aveva scientemente deciso di guardare altrove. Sarebbe una iattura se il mondo, Stati Uniti in testa, rimpiobassero nella grigia era dell’appeasement quando era di gran moda amoreggiare con Mosca e controllare solo che il comunismo internazionale non si mettesse le dita nel naso in pubblico lasciandogli invece fare tutto il resto giacché era immorale, impensabile e soprattutto non da happy hour pensare che si trattasse dell’ “impero del male” e che come tale andasse ricacciato dagli inferi da cui veniva, sostituite il terrorismo jihadista di oggi al comunismo di ieri e capite perfettamente il senso del ragionamento. Immaginiamoci come reagirà l’americano medio chiuso nella sua bella cabina elettorale quando penserà alle scene appena viste in America at Risk…

Marco Respinti è presidente del Columbia Institute e direttore del Centro Studi Russell Kirk