La battaglia di Bassolino fra orgoglio meridionalista e retorica antipadana

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La battaglia di Bassolino fra orgoglio meridionalista e retorica antipadana

14 Febbraio 2011

di M.A.

"Il fantasma di una Lega buzzurra e folkloristica spinge spesso anche gli studiosi più acuti e i meridionalisti più sinceri a non dirsi le cose come stanno", rifugiandosi in un "meridionalismo struzziano". Con questa fortunata locuzione Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, commentava alcuni mesi fa la pubblicazione delle stime dello Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ndr) e l’impietosa analisi dell’Economist sui dati economici delle Regioni meridionali, riferendosi a coloro che perseveravano nell’individuare nella presenza della Lega Nord una delle ragioni dei ritardi del Mezzogiorno d’Italia.

E’ trascorso quasi un anno da quando la prestigiosa rivista inglese definì "bordello" il Sud del Paese, ritenuto una zavorra per la crescita economica dell’Italia e il centro studi dell’Associazione 360°, guidata dal deputato del Pd, Enrico Letta, giungeva alle stesse conclusioni. Ciononostante, la retorica antileghista quale elemento di divisione nazionale ritorna con prepotenza. E non solo per le polemiche legate al 17 marzo.

"La politica oggi la fanno solo Berlusconi e Bossi: la classe dirigente del Sud è sparita", ha sentenziato Antonio Bassolino in occasione della presentazione del suo libro "Napoli. Italia" avvenuta al Salone Mediterraneo del Libro presso il Vulcano Buono di Nola. Ad avviso dell’ex governatore, l’attuale classe dirigente è silente ed incapace di rappresentare un contraltare allo strapotere della Lega e dell’asse del Nord che governa il Paese. Non risparmia nessuno, dai sindaci democratici, come Emiliano e la Jervolino, ai giovani governatori di centrodestra, Caldoro e Scopelliti. Rispolvera, insomma, il tema dell’orgoglio meridionalista, coniugato con la retorica antipadana, per promuovere la sua novità editoriale e rilanciare la sua nuova battaglia culturale. Una scelta strategica, maturata già all’atto di nascita della fondazione a cui ha voluto dar vita, chiamata non a caso "Sudd", e testimoniata dai temi principali che animano il pamphlet, il cui titolo rispecchia la scelta che operò tempo fa Gad Lerner per la sua trasmissione.

Rilanciare, dunque, con forza l’annoso tema dell’inadeguatezza delle classi dirigenti meridionali che, a partire dalle riflessione di Francesco Saverio Nitti e Giustino Fortunato, può considerarsi come uno dei principali leit motiv delle riflessioni che nel corso del tempo hanno riguardato la questione meridionale. E’ paradossale, tuttavia, che a lanciare questa provocazione sia proprio Antonio Bassolino. La fallimentare esperienza del governo regionale della Campania ha rappresentato uno dei più forti argomenti di propaganda per la Lega Nord in occasione delle elezioni del 2008. A Bossi ed i suoi fu sufficiente realizzare un manifesto con Bassolino, Pecoraro Scanio, Mastella e Jervolino su un cumulo di immondizia, utilizzato indistintamente in tutte le ragioni del Nord,  per condurre una campagna elettorale che risultò trionfale. Le camicie verdi si attestarono su percentuali mai raggiunte in precedenza, contrapponendo il loro modello di buona amministrazione a quello fallimentare delle giunte meridionali.

Nella stessa circostanza, Veltroni visse con assoluto imbarazzo ed inadeguatezza quella vicenda, oscillando dalla volontà di voler chiedere un gesto forte alla vigilia delle elezioni politiche alla paura di perdere il grande bacino elettorale che Bassolino rappresentava. Ne uscì un ibrido, con una classe dirigente campana commissariata, con liste ricche di catapultati (Sarubbi, Follini, D’Antona, Pedoto, Santagata, Sircana), accademici e qualche novità, poi dimostratasi non altezza della sfida. Fu in quella circostanza che le classi dirigenti meridionali del Pd assistettero inerti e mute di fronte all’opera di mortificazione che veniva loro compiuta.

Sono trascorsi tre anni, ma sembra un’eternità. Nel contempo ci sono state le elezioni ed una nuova classe dirigente si è sostituita a quella precedente. Tuttavia, gli effetti del bassolinismo continuano a generare danni. Abbiamo scoperto in questi mesi che la Regione Campania ha utilizzato i fondi comunitari per finanziare corsi per la raccolta differenziata a Cuba, che nel mare della Campania veniva smaltito il percolato oppure che le università campane hanno ricevuto un tracollo vertiginoso nel biennio 2008-2010 di domande Erasmus in seguito all’emergenza rifiuti.

E’ notizia di oggi che una sentenza della Cassazione ha decretato che la Regione Campania deve sborsare 250 milioni di euro per finanziare 108 mila famiglie campane escluse dalla graduatoria per il sussidio di povertà stanziato dalla giunta regionale nel 2004. L’assegnazione del cosiddetto reddito di cittadinanza, definita dagli organi di stampa "un’elemosina di Stato" fortemente voluta per iniziativa di Rifondazione Comunista, era prevista per le prime 18 mila famiglie in graduatoria. La Corte di Cassazione, con propria sentenza, ha invece stabilito che «una volta accertato il non superamento del limite di reddito la prestazione economica spetta a tutti gli aventi diritto, fra i quali devono essere suddivise le risorse disponibili. Non trova giustificazione, invece, la destinazione delle risorse mediante attribuzione dell’intero importo — nel tetto massimo di 350 euro mensili — ad alcuni soltanto degli aventi diritto, secondo minor reddito, con esclusione degli altri, secondo la distinzione fra “domande ammesse e finanziate” e “domande ammesse non finanziate». Un’altra gatta da pelare per il nuovo governatore Caldoro, che si trova a gestire un’eredità fin troppo pesante e scomoda.

Ebbene, bisogna chiedersi se non siano queste notizie ad alimentare le ragioni di rafforzamento e credibilità di una parte del Paese. Tuttavia, c’è un aspetto del ragionamento di Bassolino che fotografa una realtà indiscutibile, ossia la sottorappresentazione della classe dirigente meridionale nei governi nazionali. Nel dicastero guidato da Prodi, oltre a Pecoraro Scanio, l’unico ministro campano era il professore Luigi Nicolais, responsabile delle deleghe dell’Innovazione e Pubblica Amministrazione. Nel governo Berlusconi, invece, tutti i ministeri chiave sono ad appannaggio di esponenti settentrionali. Oltre al presidente del Consiglio, dal Nord del Paese provengono i titolari dei dicasteri dell’Economia, degli Interni, della Difesa e del Lavoro. Meridionali sono il ministro della Giustizia e quello degli Affari Regionali. La Campania, nonostante la sua popolazione, ha una rappresentanza limitata a due ministeri marginali, quali i rapporti con il Parlamento e le Pari Opportunità.

A tal punto è legittimo chiedersi se questo territorio sia all’altezza di esprimere figure capaci di assurgere ad importanti ruoli di responsabilità nazionale e le elezioni amministrative rappresentano un banco di prova per le scelte che compiranno i partiti nazionali. Se il Pd, tra accuse di brogli e ritiri forzati, ha operato una delegittimazione de facto della propria classe dirigente andando alla ricerca di un “papa straniero”, il centrodestra sembra alla ricerca del bandolo di una matassa difficile da sbrogliare. In attesa delle scelte dei potenziali alleati il dibattito langue, tra strategia e tattica, evitando ogni riflessione sulle problematiche della città.

E mai come adesso, risultano di grande attualità le parole che Francesco Nitti scriveva a Giustino Fortunato nel 1901: “Quando io penso a tutte le cose buone che si possono fare, a tutto il male che si è fatto; quando vedo ciò che siamo e ciò che possiamo diventare, niuno sforzo mi pare eccessivo, niuna pena più grande. Durerà forse a lungo questo regno dei mediocri?”.