
La battaglia di Taiwan continua: ora l’isola rivendica libertà

07 Giugno 2020
La Repubblica Popolare Cinese ha puntato, nuovamente, i suoi tentacoli contro Taiwan. “Non promettiamo di abbandonare l’uso della forza e ci riserviamo l’opzione di intraprendere tutti i passi necessari per stabilizzare e controllare la situazione nello stretto di Taiwan.” il monito di Li Zuocheng, uno dei maggiori generali di Pechino è risuonato durante un discorso tenuto nella Grande Sala del Popolo in occasione del quindicesimo anniversario dell’entrata in vigore della legge anti-secessione 2005, provvedimento che consente di intervenire militarmente contro Taipei.
La risposta del Consiglio di Taiwan per le relazioni con la Cina non si è fatta attendere: “Il popolo di Taiwan non sceglierà mai di essere parte di un paese autoritario e di essere soggetto alla violenza. Taiwan è un paese sovrano che non ha mai fatto parte della Repubblica popolare cinese in termini storici o di diritto internazionale”. Le scorse elezioni presidenziali hanno riconfermato Tsai Ing-wen con il 57% premiando un approccio volto all’inasprimento dei rapporti con Pechino. Nel corso del suo primo mandato Tsai ha approvato un piano di investimenti di 16 miliardi di dollari, portato avanti dal Ministero degli Affari Economici, volto a favorire il rientro a Taipei di più di 150 imprese che hanno delocalizzato in Cina.
Il match tra i due paesi si sta disputando sul ring della tecnologia. Il modello virtuoso di Taiwan durante la pandemia da Covid19, 443 casi positivi e solo 7 morti su una popolazione di 24 milioni di persone, non solo ha stupito i principali osservatori di politica estera timorosi che potesse importare casi dalla Cina ma ha consegnato al paese un ruolo di top player.
Basti pensare che, dopo i primi contagi nel mese di gennaio, Taiwan è riuscito a costruire un’efficace industria per la produzione di materiale sanitario in un solo mese. Passi da gigante sono stati fatti anche nell’uso dell’intelligenza artificiale e delle applicazioni di big data, integrando al database nazionale di assicurazione sanitaria il database doganale e d’immigrazione, classificando i rischi d’infezione tra i viaggiatori in arrivo e monitorando i telefoni cellulari in modo da tracciare i contatti e applicare le quarantene.
L’amministrazione di Tsai Ing-wen ha fatto importanti investimenti per lo sviluppo di cluster industriali rivolti alla ricerca biomedica e allo sviluppo di farmaci. Il piano “five plus two” prevede una politica di sviluppo economico rivolta a settori emergenti come quello dell’intelligenza artificiale, della tecnologia agricola avanzata e dell’energia verde. Quest’ultimo settore, in particolare, prevede un piano per aumentare il comparto energetico da fonti rinnovabili del 6% e la produzione elettrica del 20%, un obbiettivo la cui riuscita porterebbe a 31 miliardi di dollari di investimenti esteri. Il governo di Taipei ha stipulato partnership con aziende europee diventando un vero e proprio leader regionale nel settore eolico e nel 2019 ha avviato collaborazioni con Google per lo sviluppo di pannelli solari galleggianti.
Un ulteriore investimento è stato approvato lo scorso 4 giugno, si tratta di 334 milioni di dollari destinati incentivare aziende emergenti internazionali attive nel settore tecnologico a cooperare con imprese taiwanesi ai fini di ricerca e sviluppo nei settori chiave dei semiconduttori, delle tecnologie di comunicazione e dell’intelligenza artificiale.
L’high tech e l’innovazione fanno di questa piccola isola nel Pacifico un autentico paradiso per le aziende internazionali, rendendola di fatto intoccabile. La Repubblica popolare cinese rischia di trovarsi a combattere una vera e propria battaglia di Zama, ma forse non lo sa o non vuole capirlo.