La Bce fa bene ad aiutare le banche ma ora all’Europa servono le riforme
02 Marzo 2012
La Bce pre-crisi forniva liquidità alle banche principalmente attraverso strumenti a breve termine e a fronte di titoli a reddito fisso dal rating molto elevato (le repo facilities). Questi strumenti erano considerati standard e utilizzati dalle banche europee principalmente come strumenti per gestire la liquidità piuttosto che come un supporto strutturale al sistema bancario. La presenza di un mercato interbancario molto liquido e un forte appetito per obbligazioni bancarie da parte d’investitori istituzionali rendevano le repo facilities uno strumento marginale per il finanziamento del sistema bancario europeo.
Con la crisi, le banche si sono trovate con problemi di liquidità. In una fase in cui il mercato interbancario si congelava e in cui le emissioni di obbligazioni verso clienti istituzionali e retail diminuiva, le banche hanno di fatto aumentato il loro funding attraverso depositi tradizionali (come avrete notato anche voi, attraverso l’aumento dei tassi pagati dalle banche Italiane sui depositi a termine della clientela) e diminuito i propri impieghi (cioè i prestiti alla clientela e gli investimenti in titoli, anche di Stato). Questo è stato il modo in cui si è giunti alla crisi del credito che così duramente ha colpito imprese e famiglia. Di riflesso, la contrazione del credito ha abbassato l’appetito delle banche europee, tra gli altri, anche per i titoli di stato.
Al fine di minimizzare l’impatto del deleveraging delle banche sull’economia europea, la Bce ha fino a oggi organizzato due operazioni di finanziamento a lungo termine delle banche europee attraverso dei LTRO (Long Term Refinancing Operation) che sono finanziamenti per più di un miliardo di euro a 3 anni all’1% a fronte del pegno su titoli a reddito fisso, principalmente titoli di Stato con un rating elevato). Bene ha fatto la Bce, che così inietta nuova liquidità nel sistema, con un impatto netto dell’operazione di questa settimana stimato in 310 miliardi d’euro.
Va ricordato che questa liquidità è a medio-termine (cioè tra 3 anni i fondi dovranno essere rimborsati alla Bce) e per ora è principalmente parcheggiata sui conti correnti della stessa Bce (ad oggi tutta la liquidità iniettata questa settimana non si è ancora mossa da Francoforte). C’è però da domandarsi quale sia stato l’impatto di queste iniezioni di denaro.
Il miglioramento della liquidità e della profittabilità del sistema bancario (soprattutto per le banche medio-piccole che hanno più difficoltà ad accedere ai mercati) se per ora non si è tradotto in un miglioramento dello stato dell’economia reale, ha avuto il merito di restituire fiducia ai mercati (gli indici azionari europei sono cresciuti più del 20% dalla prima operazione e lo spread dei titoli di stato più complessi sono migliorati sostanzialmente), fiducia non ancora giustificata da un miglioramento dei fondamentali dell’economia europea ma solo dal supporto diretto dato dalla Bce.
Com’è facile immaginare la Bce di Mario Draghi ha assunto dei rischi importanti nell’effettuare operazioni simili, molti di più di quanti il governatore Bce precedente, Jean-Claude Trichet e la Bundesbank avrebbero voluto. Il coraggio dimostrato da Draghi è stato significativo e i mercati lo hanno apprezzato. Come ha ben fatto notare la cancelliera Merkel i fondamentali europei devono ancora migliorare per uscire dalla crisi e la BCE non ha come ruolo principale quello di fornire liquidità al sistema bancario, quindi ad oggi non sono previste altre operazioni LTRO.
Con l’ultimo prestito alle banche europee, la Bce ha dimostrato coraggio ma il cammino per uscire dalla crisi è ancora lungo e include tanto un trasferimento di quella liquidità all’economia reale tanto le riforme necessarie per far ripartire l’economia – dal mercato del lavoro alle liberalizzazioni – oltre all’abbattimento dello stock di debito (attraverso vere privatizzazioni). Alternativa a questa via a oggi non esistono.