La Bce prestatore d’ultima istanza sarebbe la panacea? Non è detto

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La Bce prestatore d’ultima istanza sarebbe la panacea? Non è detto

La Bce prestatore d’ultima istanza sarebbe la panacea? Non è detto

18 Novembre 2011

“Adeguatevi!”. “No, la moneta unica è di tutti. Adeguatevi voi!”. Questa una pillola immaginata del dialogo tra sordi in cui sono incastrati i latini europei del Sud e i sassoni europei del Nord. Das ist Europa, Leute! Il solco tra Europa del Nord e l’Europa del Sud  si fa di giorno in giorno più profondo. Ormani non è più solo il debito italiano e spagnolo sotto attacco. Anche con il debito d’Austria, d’Olanda, addirittura della Francia, si osserva un aumento dello spread rispetto al Bund tedesco.

La Germania della Cancelliera Angela Merkel e il fido ministro delle finanze Wolfgang Schäuble appare ormai isolata nel voler mantenere intatto il mandato della Banca centrale europea come istituto devoto al solo mantenimento della stabilità dei prezzi. Sulla sponda opposta sono sempre più numerosi i governi di quei paesi (anche l’Italia di Mario Monti?) che continuano a ritenere l’attuale crisi del debito sarebbe risolvibile se solo la Bce fosse messa in condizione di diventare prestatore di ultima istanza.

Una funzione che attribuirebbe a Francoforte il compito di rastrellare sistematicamente grandi quantitativi di debito europeo  –  italiano, spagnolo, greco, finanche francese – svalutando l’euro e calmando i mercati, quello che la Fed e la Banca d’Inghilterra hanno fatto negli ultimi anni di crisi con i programmi d’acquisto di asset finanziari, un metodo questo che va sotto il nome di quantitative easing.

Il conflitto tra ortodossia tedesca in materia di inflazione e l’eterodossia latina di quel blocco di paesi sempre più consistente nella zona euro i quali più o meno velatamente chiedono alla Bce di dare il la alla monetizzazione, è il vero conflitto in corso nelle stanze europee.

La monetizzazione come panacea di tutti i mali europei è il mantra degli economisti keynesiani e progressisti alla Paul Krugman il quale dalle colonne del New York Times ha entusiasmato quanti in Italia (e non solo) sostengono che la Bce debba svalutare l’euro, così mettendo fine all’aggressione dei mercati sul debito italiano. Anche ai piani alti della Bundesverband der Deutschen Industrie, la Confindustria tedesca qualcuno inizia a credere che monetizzare potrebbe essere l’unica soluzione per uscire dalla crisi del debito europeo.

La Germania è l’ultimo grande paese integrato nella zona euro (qualcuno in Germania direbbe ‘l’unico grande paese a esserne titolato) il cui governo è ancora convinto che una monetizzazione della politica centrale sia un male non sostenibile, perché ciò non condurrebbe i paesi europei del Sud a comportamenti virtuosi, anzi legalizzerebbe comportamenti viziosi che rischiano ancora oggi di compromettere il destino della moneta unica europea.

Ma è davvero così? Una politica di monetizzazione ovvero una Bce prestatore di ultima istanza sarebbe davvero risolutiva per i destini italiani e per quelli dei paesi dell’Europa del Sud?

Il problema della competitività. Portogallo, Spagna, Italia e Grecia sono già meno competitivi in termini di produttività rispetto al resto d’Europa, in particolare il Nord. Un lavoratore del Nord Europa è più produttivo rispetto a un lavoratore del Sud d’Europa di una percentuale compresa tra il 33 % e il 25%.

Con una monetizzazione assurta a politica monetaria centrale della zona euro questo problema non sarebbe risolto, anzi si accentuerebbe. Senza contare che l’afflusso di valuta europea dal centro, la Germania, alla periferia, l’Europa del Sud, in particolare la Spagna, è stata parte dell’origine della crisi del debito che oggi l’euro zona sta affrontando.

Un’altra diretta conseguenza di una politica di monetizzazione sarebbe l’aumento dell’inflazione nella zona euro. L’inflazione ha un pregio, certo, che è quello di ridurre il valore relativo dei debiti, ma è altrettanto vero che essa ha anche il difetto di diminuire il valore relativo dei crediti e dei beni.

Questo è il vero potere di cui dispone la Germania, ma in generale tutta l’Europa del Nord, all’interno dell’UE. Più ricchi in beni e denari e meno indebitati (Lo Stato! Visto che nell’aggregazione debito pubblico debito privato la Germania risulterebbe più esposta dell’Italia).

Il mantenimento di un potere contrattuale forte rispetto al Sud Europa è essenziale per la Germania. Moneta forte, produzioni ad alto valore aggiunto tecnologico, il tutto sostenuto da alta produttività del lavoro e da un buon sistema educativo.

La difesa del potere relativo che nell’ultimi decennio la Germania ha accumulato rispetto a suoi partner-competitor europei è un fattore che non deve essere sottovalutato quando si analizza la testardaggine con la quale la Germania di Angela Merkel difende oggi la politica del rigore, dell’esemplarità, delle riforme per i paesi dell’Europa del Sud. Insomma c’è tanto interesse nazionale sotto.

Non è chiaro però se a questo punto esista un altro rimedio alla crisi del debito europeo a parte quello della monetarizzazione. Il fondo di stabilizzazione europea, Efsf, ha fatto un buco nell’acqua e non c’è da aspettarsi che giochi un significativo ruolo nell’immediato futuro nella soluzione della crisi.

Ma non è solo l’arrocammento attorno allo Statuto della Bce a guastare i sonni della Kanzlerin berlinese. C’è anche la battaglia che la Merkel sta cercando di vincere: la riforma dei trattati dell’Ue, altra cosa rispetto a quelli istitutivi la Bce.

Se il trattato di Lisbona rende possibile l’uscita dell’Unione Europea, esso ancora non prevede la possibilità dell’imposizione di misure realmente coercitive nei confronti di quei paesi in violazione dei parametri economici previsti dai trattati.

Anche su questo fronte non c’è nessun altro grande Stato europeo è in questo momento desideroso di legarsi al cappio delle rigidità tedesche, neanche la Francia di Sarkozy. Il destino della Germania è un po’ quello di chi ha ragione su tutto ma che poi rimane nella stanza da solo a ripeterselo.