La bocciatura della Consulta sulla sanità è solo l’ennesimo episodio

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La bocciatura della Consulta sulla sanità è solo l’ennesimo episodio

14 Febbraio 2011

Ormai si è perso il conto delle bocciature del governo Vendola da parte della Corte Costituzionale. Nella scorsa legislatura travolsero l’intera legislazione vendoliana in materia di lavoro – da quella che di fatto svuotava e vanificava l’istituto dell’apprendistato rilanciato dalla “legge Biagi” a quella che puntava a fare della Regione Puglia l’isola di bengodi dell’immigrazione clandestina – redatte per di più da un Assessore esterno, giurista casualmente molto ben apparentato (nel solco di un’antica tradizione comunista risalente al triangolo Togliatti-Montagnana-Iotti), essendo il marito della potentissima prima moglie dell’allora Segretario nazionale di Rifondazione Comunista Franco Giordano.

Leggi ideologiche, che puntavano a fare della Puglia vendoliana, in materia di diritto del lavoro, una sorta di "repubblichetta sovietica" postuma, in un approccio repressivo della libera impresa che ha inevitabilmente prodotto, per una Regione che era da sempre l’avanguardia economica del Mezzogiorno, il desolante record nazionale di perdita percentuale di posti di lavoro negli ultimi tre anni, ossia in quelli in cui sono entrate a regime proprio le politiche di Vendola.

Non meno significativa la bocciatura da parte della Suprema Corte della confisca del Petruzzelli, caldamente sostenuta e fieramente festeggiata da Vendola e dalla pasionaria rossa che ne ispira molte scelte, alias l’Assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo Silvia Godelli, anch’essa esterna con buona pace del popolo elettore.

In questa legislatura le bocciature hanno significativamente interessato tutti i punti di maggior richiamo della roboante campagna elettorale che, grazie anche e soprattutto agli errori altrui, ha consentito al poeta di Terlizzi di continuare la sua incessante auto-promozione dalla poltrona della presidenza di una delle Regioni storicamente meno di sinistra d’Italia: dal rifiuto aprioristico del nucleare – condannato anche quando si è fatto credere che non lo fosse stato, essendo stato richiesto dalla Corte Costituzionale soltanto un parere non vincolante delle Regioni – all’opposizione alle politiche comunitarie in materia di liberalizzazione dei pubblici servizi – all’insegna di un slogan, quello sull’”acqua pubblica e gratuita”, per di più fragorosamente contraddetto dall’aumento del 27,5% in soli due anni della tariffa idrica a carico dei pugliesi ad opera di un ente integralmente pubblico come l’AQP – fino alla sentenza con cui la Corte costituzionale, pochi giorni fa, ha definito illegittime le stabilizzazioni di personale precario alle dipendenze delle Asl effettuate dalla Regione Puglia.

E qui veniamo proprio a uno dei temi centrali, quello delle assunzioni in Sanità, con riferimento alle quali l’allergia di Vendola e compagni ai pubblici concorsi comincia a passare dalla fase dell’errare, che è umano, a quella del perseverare, che è diabolico. Tutti temi sui quali intanto Vendola ha guadagnato (anche per le debolezze altrui) molti voti, ottenendo così il risultato elettorale di un anno fa.

Ma le bocciature registrate in tutte le sedi giudiziarie da Vendola, con buona pace di tutti i suoi proclami a favore della legalità, non si limitano a quelle, già di per sé ampiamente sufficienti a bocciarne la filosofia di governo, della Suprema Corte. Si pensi a quelle della Giustizia Amministrativa, per esempio in materia di inibizione dei consultori agli obiettori di coscienza, o addirittura della Corte Europea dei diritti dell’uomo, con riferimento a Punta Perotti, sulle cui macerie Vendola appose con sprezzante orgoglio anche la propria firma, con buona pace dei diritti e del lavoro che con quella dinamite erano stati mandati spietatamente in frantumi.