La bomba iraniana scoppia al G20 di Pittsburgh
26 Settembre 2009
La questione del sospetto programma nucleare iraniano irrompe al G20 di Pittsburgh. Il governo di Teheran, infatti, non ha potuto confutare le prove, presentate mercoledì all’AIEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) da Stati Uniti, Francia ed Inghilterra, che dimostrano la presenza di un impianto per l’arricchimento dell’uranio finora tenuto segreto agli ispettori (anche se non ha confermato che si trovi vicino alla città di Qom).
Oramai, d’altra parte, le prove messe insieme dai paesi occidentali erano tali che non consentivano più agli ayatollah di negare la presenza del secondo impianto di arricchimento dopo quello di Natanz (scoperto nel 2002). Ma la conferma di Teheran, arrivata quando mancano cinque giorni all’atteso incontro di Ginevra del 1° ottobre tra i rappresentanti del 5+1 e la delegazione iraniana, rafforza la posizione dell’Occidente, convinto che l’Iran abbia sistematicamente mentito sullo stato del proprio programma nucleare, e, soprattutto, sulle finalità di tale programma (civili secondo Teheran, militari secondo Washington). Così ieri, aprendo la seconda giornata di lavori del G20, il Presidente Obama, affiancato da Sarkozy e Gordon Brown, ha affrontato la questione, sollecitando l’AIEA a provvedere al più presto ad effettuare dei controlli sul sito.
“E’ ora che l’Iran agisca immediatamente per ripristinare la fiducia della comunità internazionale ottemperando ai suoi obblighi”, ha detto il presidente americano, al quale ha fatto eco Sarkozy: “Se entro dicembre non ci sarà un profondo cambiamento di rotta, dovranno essere prese ulteriori sanzioni”. Ed il Primo Ministro britannico ha aggiunto: “L’Iran deve ora impegnarsi con la comunità internazionale, se non lo farà verrà ulteriormente isolata, e noi siamo preparati ad implementare nuove e più stringenti sanzioni”. Persino il governo russo ha rilasciato una dichiarazione secondo cui “il nuovo impianto per l’arricchimento dell’uranio viola le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”, invitando l’AIEA ad “investigare immediatamente” e l’Iran a cooperare di conseguenza. Il Cremlino ha anche sollecitato Teheran a “fornire le prove della sua volontà di utilizzare il programma nucleare solo a scopi civili” durante il prossimo incontro di Ginevra.
Tutti d’accordo quindi? Purtroppo no, visto che ancora una volta, a distanza di poche ore, è arrivato lo stop della Cina che in una serie di dichiarazioni, ha enfatizzato la necessità di puntare sui negoziati, gelando le speranze dell’Occidente di convincere il governo di Pechino ad appoggiare nuove sanzioni. “Noi ci auguriamo che l’AIEA affronti il problema nei limiti del proprio termine e del mandato ricevuto”, ha dichiarato il portavoce del ministro degli esteri cinese, Ma Zhaoxu, escludendo per il momento la possibilità di discutere di nuove sanzioni, e aggiungendo di nutrire fiducia sulla possibilità che l’Iran coopererà con l’AIEA su questo punto”.
Tuttavia, nonostante le dichiarazioni dei rappresentanti del governo di Pechino, appare difficile che la notizia non influisca sui negoziati che inizieranno la prossima settimana, e la speranza è che aver portato all’attenzione internazionale questa importante informazione (nota negli ambienti di intelligence ormai da diverso tempo) possa consentire ai governi occidentali di aumentare la pressione su Teheran. Anche perché questa sembra essere l’ultima possibilità per le diplomazie occidentali di raggiungere un accordo, se vogliono veramente sperare di evitare un intervento militare preventivo contro gli impianti iraniani. Israele osserva con particolare interesse i negoziati della settimana prossima.
“Non posso dire di essere sorpreso”, ha detto al Washington Post Emily Landau, capo del Arms control and Regional security program dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale all’università di Tel Aviv. “Ho la sensazione che la preoccupazione della comunità internazionale sia salita di un livello. Abbiamo finalmente sentito dichiarazioni più determinate da Sarkozy e Brown”. A questo punto non resta che aspettare il 1° ottobre e l’esito dei negoziati di Ginevra, ma rimangono i dubbi sulla reale possibilità di fermare con la sola diplomazia la folle corsa degli ayatollah verso il suo sempre più sospetto programma nucleare.