“La Bonino ha violentato il Pd ma la sua battaglia ideologica è perdente”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

“La Bonino ha violentato il Pd ma la sua battaglia ideologica è perdente”

24 Febbraio 2010

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la candidatura di Emma Bonino nel Lazio che è “riuscita a violentare un intero partito, il Pd”. Già, il Pd. Da qualche settimana è la sua ex casa politica dalla quale Enzo Carra è uscito per approdare all’Udc, come hanno fatto anche altri esponenti cattolici: Paola Binetti, Renzo Lusetti e Dorina Bianchi. Condivide l’analisi di Eugenia Roccella sugli effetti della leadership radicale nel governo della regione, non risparmia stoccate al “metodo Bersani” e annuncia che opterà per la Polverini.

Onorevole Carra, come legge la candidatura della Bonino nel Lazio?  
Per quanto mi riguarda è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le ragioni stanno nel modo col quale questa candidatura è stata portata avanti dal Pd:  come ha rilevato il direttore di Europa,  si è trattato di una candidatura non concordata ma accettata. La Bonino ha una forte personalità e punta su temi ideologicamente molto forti, la considero una candidatura perdente perché nel Lazio e a Roma non vedo un elettorato particolarmente incline a un voto radicale.

Sì, ma come si è arrivati a questa scelta visto che lei l’ha vissuta dall’interno?
I radicali hanno lavorato molto portandosi avanti. Nel Pd sono maturate e subito tramontate candidature secondo criteri che a me risultano incomprensibili: in quelle settimane chiunque poteva dire sì o no e poi non arrivare a nulla. Eppure c’erano diverse candidature credibili, a cominicare da quella di Nicola Zingaretti.

Se non fosse arrivata la Bonino lei oggi sarebbe ancora nel Pd?  
Questa candidatura per me era inaccettabile. Per due ragioni di fondo: la prima è tutta interna al Pd e riguarda il fatto di essersi piegati a una “violenza” esterna senza avere la possibilità di presentare un proprio candidato e soprattutto la possibilità di ragionare su chi presentare. La conclusione è che si è arrivati a una candidatura che era la più ideologizzata. Il Pd dovrebbe essere un partito nuovo e quindi una forza politica con un tasso ideologico alquanto basso e con maggiore attenzione alle procedure, alle regole ma con la Bonino non è stato così.

Cosa significa per i cattolici del Pd questa candidatura?
Bisogna considerare tre aspetti. Ci sono i cattolici che hanno contrastato questa candidatura non tanto e non solo perché vi hanno visto una minaccia, quanto per la marcata connotazione ideologica che racchiude in sè. E la dimostrazione sta anche nel fatto che la Bonino sulle questioni etiche, ad esempio, fa un ragionamento come se si candidasse alle politiche o alla presidenza della commissione giustizia della Camera. Di fronte a questo, ci sono stati cattolici come me, Lusetti, la Bianchi e la Binetti che hanno deciso di abbandonare il Pd. Poi ci sono cattolici democratici (che come me hanno sostenuto Franceschini al congresso), i quali hanno subito silenziosamente e come un affronto questa candidatura. Ci sono infine i cattolici come Marini che hanno detto che la Bonino andava bene e che erano stati loro e Bersani a suggerirla; ora cercano di fare buon viso a cattiva sorte solo per questioni di tattica: insomma, una sorta di doroteismo di ritorno finalizzato alla difesa di piccoli spazi di supposto potere dentro il partito. E’ ovvio che questa “croce” gli scivola da tutte le parti perché la Bonino non è controllabile e mi pare se ne stiano accorgendo. Questo è il panorama dei cattolici all’interno del Pd. Lo dico con molto rispetto, senza polemica  e ho l’impressione che con alcuni di loro ci rivedremo presto.

Nel Lazio una sessantina di dirigenti democrat se ne sono andati.  Secondo lei cosa sta succedendo?
E’ un dato sul quale Bersani dovrebbe riflettere. Si tratta  di consiglieri comunali, consiglieri di municipio, assessori, insomma eletti nelle realtà locali, cioè la “base”.  E nella base, non solo nel Lazio, è sempre più evidente una situazione di disagio nell’elettorato che peraltro questi dirigenti conoscono bene. E forse questo disagio si è sentito prima nel territorio che a Montecitorio o a Palazzo Madama. Sul piano politico, quanto sta accadendo segnala un allargamento della faglia tra mondo cattolico e Pd.  Nel Lazio credo che il fenomeno Bonino abbia avuto un peso maggiore. Per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma per molti dirigenti del Pd è stato il colpo di grazia.

Anche l’iniziativa dello sciopero della fame e della sete ha creato non pochi imbarazzi nel Pd.
Rispetto moltissimo i digiunatori. Certo, è un modo molto pannelliano di affrontare l’argomento della raccolta delle firme che di per sé è un tema da porre. Faccio tre osservazioni. E’ la prova che una battaglia del genere se portata alle estreme conseguenze  non credo riesca a convincere l’elettorato moderato del Pd, e non si tratta solo di quello cattolico. A questo bisogna aggiungere che la Bonino pur di attirare l’attenzione su di sé non ha partecipato alla presentazione dei candidati governatori fatta da Bersani. Ma la cosa a mio avviso ancora più controversa è che la Bonino candidata nel Lazio annuncia il digiuno in una conferenza stampa a Milano dove lei è candidata nelle liste dei radicali, liste concorrenti e alternative a quelle del Pd. Penso che l’elettorato di Roma e del Lazio abbia diritto a un maggiore rispetto da parte di un candidato governatore. 

Ma Bersani non lo ritiene un problema.
Penso che lui ed altri dirigenti stiano aspettando la fine di questa campagna elettorale con un leggero brivido alla schiena, perché è chiaro che il comportamento della Bonino rappresenta un pericolo. E Bersani per non attirarsi altri problemi è costretto a minimizzare sperando che anche altri facciano così. Piuttosto leggo sui giornali di dirigenti, specie tra i cattolici, che cominciano a prendere le distanze o criticano la linea della Bonino. Purtroppo, sono gli stessi che non hanno speso una parola quando io e altri parlamentari cattolici siamo usciti dal partito.

Si riferisce a Rosy Bindi?
Anche.

Il sottosegretario alla Salute Roccella ha evidenziato i rischi che la leadership radicale potrebbe rappresentare per il governo della regione, specie su temi quali sanità, famiglia, vita e sociale. Condivide?
Provenendo dal mondo radicale la Roccella conosce meglio di me le regole d’ingaggio dei radicali e dunque pensa che ad un certo punto la Bonino sgancerà nuove “bombe” e creerà altri problemi. E questo detto dalla Roccella è più credibile che se detto da me come peraltro hanno già osservato diversi dirigenti del Pdl. Io penso che questo in definitiva sia il vero grande scoglio, il vero grande argomento sul quale l’elettorato non solo cattolico del Lazio e di Roma deve ragionare. Se vogliono vedere applicata nella realtà quotidiana la linea ideologizzata dei radicali votino pure per Emma Bonino.

E lei per chi vota?
Di sicuro non per la Bonino per il principio di non contraddizione. Ho amici che sostengo nella lista dell’Udc e la lista dell’Udc sostiene la candidatura della Polverini. Dunque, certamente contribuirò all’elezione di consiglieri regionali che andranno a far parte di una magggioranza che mi auguro abbia la Polverini come presidente della Regione.  Fermo restando che la considero una scelta obbligata.