
La bufala delle gite fuori porta e un popolo malato di rancore

14 Aprile 2020
La giornata del cittadino modello nell’era del Covid-19 – quello che allo scoppio dell’epidemia ha devoluto il barboncino al ristorante coreano per non dover scendere a pisciarlo, che quando si affaccia alla finestra per appendere l’arcobaleno #andràtuttobene ne approfitta per sputare sul passante colto in flagranza, che probabilmente il 25 aprile starà sul balcone a cantare “Bella ciao” – inizia di buon mattino. Quando, prima di alzarsi e iniziare l’ennesima giornata tappato fra le mura domestiche, il nostro eroe afferra il cellulare e dai social network lancia il monito quotidiano: “C’è troppa gente in strada! Così non va bene! #iorestoacasa”. Che poi cosa ne sappia di quanta gente ci sia in strada, visto che lui si vanta di non andarci mai, resta un mistero insondabile.
Ma tant’è. Adempiuto al dovere morale di catechizzare il prossimo, il cittadino modello scende dal letto. Apre la finestra per far arieggiare la stanza ma una folata di vento fa sbattere l’anta e un vetro va a pezzi. E’ vero che c’è la pandemia, ma tocca chiamare il vetraio se no poi fa freddo e viene il coronavirus. Contrariato, il Nostro passa dal bagno per i bisogni fisiologici, tira lo sciacquone e le sue scorie organiche come per magia refluiscono dalle tubature fino a scaricarsi nella rete fognaria che nonostante la pandemia qualche povero cristo starà manutenendo per evitare che la quarantena dei concittadini venga allietata da un intasamento maleodorante.
Finalmente la colazione. Il cittadino modello riempie la caffettiera e apre il gas (a proposito, il postino è venuto a recapitare la bolletta che l’impiegato dall’azienda erogatrice ha elaborato, per fortuna c’era il portiere a prenderla perché il citofono è difettoso, toccherà chiamare qualcuno ad aggiustarlo altrimenti quando arriva il corriere di Amazon a portare il pacco che ho ordinato e che qualcuno ha confezionato c’è il rischio di non accorgersene…).
Ancora un po’ assonnato ma ugualmente ebbro di senso civico, il nostro uomo accende la tv per sentire le ultime notizie sulla pandemia che “il comportamento di tanti sconsiderati rischia di far durare all’infinito”. Sullo schermo il conduttore – illuminato dagli addetti allo studio, microfonato dai fonici, ripreso dal cameraman, guidato dalla regia – enumera gli ultimi dati che la redazione ha preparato attingendoli dai dispacci dei giornalisti delle agenzie di stampa di turno al mattino. Ma poiché il mezzo televisivo impone una sintesi eccessiva, per approfondire meglio bisognerà procurarsi grazie a quel buon uomo dell’edicolante un quotidiano che il giorno prima qualcuno avrà provveduto a riempire di contenuti.
Dura la vita ai tempi del coronavirus, eh? Ci sarebbe pure da mettere il carburante (rigorosamente all’automatico, perché quel buzzurro del benzinaio potrebbe avere il coronavirus, ma in ogni caso la pompa non si rifornisce da sola…), epperò in fondo il bravo cittadino resta a casa anche quando avrebbe regolari ragioni per uscire, dunque il petrolio può attendere. Se nel frattempo si scarica la batteria dell’auto, ci sarà pure un meccanico disposto a cambiarla.
Il problema vero è invece un altro: quell’evasore fiscale del vetraio, mangia pane a tradimento come tutte le partite Iva che ogni anno rubano miliardi allo Stato e ora si permettono anche di chiedere aiuto per non andare fallite (è ironia, di questi tempi meglio precisare…) sarà munito di apparecchio Pos? L’ultima volta che il cittadino modello, intabarrato che manco la moglie del mullah di Kandahar e munito di autocertificazione presa dal tabaccaio, si è azzardato a raggiungere il bancomat sotto casa, guardando con sdegnoso sospetto chiunque incrociasse a tre metri di distanza il suo cammino, quell’aggeggio infernale che sputa banconote ha pensato bene di incepparsi. Per fortuna che all’interno della banca c’era un addetto al pronto intervento, altrimenti il nostro eroe sarebbe rimasto al tempo stesso senza carta e senza contanti. Stavolta meglio non rischiare, se il vetraio arriva senza essere attrezzato per il pagamento elettronico, intanto aggiusta la finestra, poi tornerà per riscuotere nel modo corretto.
Mentre il bravo cittadino è assorto in queste pensose cogitazioni, suona il citofono. E’ l’edicolante, che vorrebbe lasciare il quotidiano in ascensore ma l’ascensore è rotto. Che sfortuna, tocca farlo aspettare finché non arrivi l’omino della ditta responsabile dell’installazione. Il quale accerta che l’elevatore funziona e che il problema è elettrico. E allora si ricomincia daccapo col numero verde della società erogatrice dell’energia, la squadra di pronto intervento, eccetera eccetera, e il povero edicolante che invano prova a obiettare: “Signo’, s’è fatta ‘na certa…”.
In effetti l’ora è tarda, e lo stomaco reclama. Fortuna che il frigo è pieno (evviva agricoltori, allevatori, addetti all’industria della trasformazione, trasportatori, negozianti, commessi, cassieri), altrimenti il destino ineluttabile sarebbe stato la fame. Ma il Nostro non lo sa. Il frigo, com’è noto, si riempie da solo, al massimo con il contributo del ragazzo delle consegne a domicilio.
Ultimata la digestione, la giornata si trascina fino al crepuscolo. La corrente elettrica è stata ripristinata, sicché è anche possibile leggere un libro. E quell’angelo dell’ottico ha fatto pure arrivare le lenti a contatto che erano finite, così nonostante la miopia ci si vede meglio.
Ma i crucci esistenziali rimangono. Da ogni dove giungono infatti notizie di indisciplinati che invadono la città, e niente, quella pillola di saggezza pubblicata al mattino in Rete sembra essere confermata dagli eventi: c’è troppa gente in strada, lo ha detto pure il cugggino del portiere. Sicché il nostro eroe è fortemente tentato di rivolgersi al “servizio delazioni” del proprio comune, ignaro – ahilui – che per ogni segnalazione c’è un impiegato pronto a recepirla e una pattuglia in servizio pronta a scattare. Insomma, un assembramento ben più consistente di quello che solitamente ci si prende la briga di denunciare.
Non resta che indignarsi su Facebook. Ma succede che sul più bello finiscono i giga! Se non ci fosse il servizio clienti della compagnia telefonica pronto a intervenire, il mondo degli internauti si perderebbe la reprimenda del cittadino modello. Al quale non la si fa tanto facilmente: non gli sono infatti sfuggite le auto incolonnate sulla Pontina e sul Grande Raccordo Anulare nei giorni di Pasqua. E poco importa che a bordo di quelle automobili intrappolate in un traffico che in questi tempi è quasi surreale vi fossero nella stragrande maggioranza dei casi i lavoratori che ogni giorno silenziosamente consentono al rumoroso popolo dei rompicoglioni di portare avanti, tra una predica e l’altra, la propria quotidianità. Pendolari cornuti e mazziati, risucchiati loro malgrado dal girone infernale dei posti di blocco e delle autocertificazioni da compilare, che quando la strada diventa un budello si rivela un autentico incubo dal quale c’è solo da sperare di uscire vivi prima della fine della pandemia.
Eppure scoprire la verità sui poveri automobilisti in coda a Pasqua – perlopiù, lo ribadiamo, lavoratori regolarmente autorizzati a spostarsi – non è bastato a far ricacciare nelle tasche le dita perennemente puntate e puntute del popolo degli indignati speciali. Quelli che ogni santa mattina iniziano la giornata lamentandosi della tanta gente in circolazione, senza avere idea – e non è una scusante – di quanti siano i servizi che consentono alle altre persone (loro compresi) di continuare a vivere mangiando, illuminandosi, riscaldandosi, lavandosi, tirando lo sciacquone del water, informandosi, telefonando, cazzeggiando su internet, curandosi, e anche avendo delle leggi di cui criticare su Facebook il presunto mancato rispetto e dietro alle quali c’è il lavoro di un sacco di gente.
La verità è che al netto degli arcobaleni e dei cuoricini sparsi a pieni giga, questa vicenda sta tirando fuori il peggio di un’umanità rancorosa. Sicché, per noi indisciplinati eversori che osiamo bramare un po’ d’aria al costo di rischiare il plotone social d’esecuzione, il bollettino quotidiano della violazione delle regole diventa quasi una buona notizia, in quanto indice di un sano istinto alla relazionalità in un mondo di gente che sembra odiare il prossimo e che in questo arido e crudele isolamento sociale pare trovarsi perfettamente a proprio agio. Perché quando si è perversi puntare il dito dà le sue soddisfazioni, farlo allo specchio dà più godimento di una bicchierata in compagnia. Che pena.