La cacciata di Gheddafi non sarà facile né rapida ma è necessaria
21 Marzo 2011
Sembra ovvio, ma per qualcuno sembra non esserlo. L’obiettivo di "Odissea all’alba" è Gheddafi. Inutili ed ipocriti sono i tentativi di celare questa ovvia verità, come ha fatto nelle ultime ore l’amministrazione Obama. Il resto non conta o, quantomeno, ha una rilevanza minore rispetto allo scopo principale.
Fatto fuori il rais, tutto sarebbe più facile. I lealisti si darebbero alla macchia o si convertirebbero al nuovo ordine, le tribù cercherebbero assetti più confacenti alla situazione l’establishment militare, economico e finanziario che ruota attorno al colonnello non impiegherebbe neppure due minuti a mettersi al servizio di un’altra nomenclatura pur di salvare la pelle e le fortune accumulate. Chi pensa, al contrario, magari mentendo a se stesso, che la guerra non ha come obiettivo il beduino di Tripoli, inganna tanto i libici insorti che quanti, nel Mediterraneo, non attendono che di liberarsi del satrapo che da quarantadue anni sta terrorizzando il suo Paese e costituisce una minaccia per il mondo intero.
Se l’obiettivo vero, dunque, è Gheddafi i bombardamenti aerei servono fin ad un certo punto. Intendiamoci, sono inevitabili per seminare il panico ed indebolire le difese libiche, ma non sono risolutivi se lo scopo è quello di mettere fine al potere dell’usurpatore. Questo obiettivo può essere raggiunto soltanto con un attacco di terra che, escluso dalla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la quale ipocritamente non fa neppure cenno all’ipotesi della deposizione di Gheddafi ed ai suoi crimini, è lasciato alla libera scelta della "coalizione dei volontari". Sicché se le le cose dovessero mettersi male, se la guerra dovesse diventare lunga ed accidentata (è l’ipotesi sulla quale contano i lealisti), la responsabilità sarebbe soltanto di coloro che non hanno giocato la sola carta utile in una partita che diversamente non avrebbe alcun senso: la deposizione di Gheddafi, appunto, e l’instaurazione di un nuovo regime a Tripoli. Non vi è chi non veda nel perseguimento di questo ambizioso obiettivo, comunque, rischi e difficoltà di ogni genere, il più rilevante dei quali è quello costituito dal necessario ed inevitabile attacco terrestre che comporterebbe morti in quantità di fronte al quale nessun governo avrebbe la faccia di spiegare ai cittadini l’utilità di una tale gravosa operazione.
Ecco, dunque, come ancora una volta, per soddisfare le ambizioni di qualcuno (Obama, Sarkozy, forse Cameron) l’Occidente si è imbarcato in un’avventura problematica senza ottenere una chiara copertura dall’Onu, al punto di far dire al nostro capo dello Stato, credo in perfetta buonafede, che l’Italia non sarebbe in guerra, ma risponderebbe soltanto ad una risoluzione del Palazzo di Vetro. Quella risoluzione, così come è congegnata, escludente la cattura di Gheddafi, non serve a molto, a meno che coloro che l’hanno redatta ed approvata davvero non pensassero che facendo piovere missili e bombe nel Golfo della Sirte la situazione in Libia sarebbe mutata d’incanto in pochi giorni.
Tutti sanno che non è così. Perciò sarebbe meglio dire, senza tanti giri di parole, che la guerra è un’altra, l’obiettivo non è l’aiuto ai ribelli ai quali sarebbe stato facile passare un po’ di armi e garantire qualche risorsa finanziaria per arruolare mercenari disposti a tutto provenienti da altri paesi africani: è la cacciata di Gheddafi la posta in palio e chiunque è consapevole che non sarà facile, né rapida. Il colonnello dispone di mezzi tali da sfuggire a lungo a suoi nemici, sempre che questi decidano di avventurarsi in una estenuante azione terrestre nella quale potrebbero rimanere impigliati. Se poi il rais dovesse, come tutto lascia ritenere, ingaggiare una guerra asimmetrica, vale a dire sfidando i "volenterosi" sul loro stesso terreno e cioè armando terroristi assortiti dei quali si è peraltro lungamente servito, almeno fino a quindici anni fa, la storia si farebbe maledettamente complicata. Alla bomba demografica che sta lanciando contro l’Occidente – si prevede l’arrivo in Europa, via Libia, di circa trenta milioni di disperati africani – con ogni probabilità si sommerà l’attacco per vie interne affidato alla manovalanza terroristica. E non è detto che il qaedismo agonizzante non tenti di mettere piede in Libia approfittando dello sbandamento generale, sempre con l’obiettivo di costituire un califfato nel cuore del Mediterraneo, somigliante, per alcuni aspetti, a quello delle corti islamiche in Somalia.
Se questa prospettiva dovesse nel tempo prendere corpo, ci troveremmo di fronte, come europei ed italiani soprattutto, ad una situazione apocalittica. Ecco perché, al là delle ipocrite rassicurazioni, sarebbe bene dire chiaro e tondo che la preda è Gheddafi. Tolto lui di mezzo, tutto sarà più facile anche se francesi, americani e britannici non hanno la più pallida idea di chi potrebbe guidare la transizione e ristabilire l’ordine in Libia. Una dimenticanza di non poco momento all’atto di lanciare un’offensiva militare dagli esiti incerti sotto tutti i punti di vista. Forse a Sarkozy basta mostrare i muscoli a fini interni, mentre è in caduta libera ad un anno dalle presidenziali francesi, e Obama necessita di quella visibilità necessaria per potersi ancora ritenere il primo leader mondiale. Ma delle risorse libiche, delle fonti energetiche che possiede, della sua posizione strategica nel Mediterraneo forse l’Italia dovrebbe essere interessata più degli altri partner.
Invece, come abbiamo constatato, il nostro Paese sembra essere più defilato e il più preoccupato. Realisticamente. Sa bene che la stabilità nel Mediterraneo passa attraverso la deposizione d Gheddafi ed il resto è relativo. Ma, al pari degli altri, neppure il nostro governo può dirlo: glielo impedisce l’ipocrisia dell’Onu, ancora una volta. Quella ipocrisia che tanto piace alle sinistre di casa nostra poiché lascia solo l’esecutivo e se dovessero manifestarsi criticità significative la colpa sarebbe di uno solo.
Insomma, togliere di mezzo Gheddafi è cosa buona e giusta (lo abbiamo sempre sostenuto, anche quando la sinistra comunista flirtava con lui ed altri piangevano i vivi ed i morti italiani cacciati dalla Libia). Riuscirci soltanto con i bombardamenti aerei, mi sembra alquanto problematico se non impossibile. Con trepidazione staremo a vedere. Intanto nel nostro mare, ridiventato centro della geopolitica mondiale, affogano le speranze di costruire una comunità di popoli euro-mediterranea.