La Camera stravolge il Ddl intercettazioni. Delusione tra i senatori
23 Luglio 2010
"E’ sorprendente che un testo blindato al Senato non lo sia più alla Camera, anche perché il testo varato da Palazzo Madama era stato migliorato rispetto alla prima stesura che portava il nome del Guardasigilli Alfano". Così il presidente della Commissione Giustizia a Palazzo Madama, Filippo Berselli, stamattina ha commentato con disappunto le votazioni di ieri sera del ddl intercettazioni alla Camera. Disappunto messo nero su bianco in una lettera che Berselli ha già inviato a ognuna delle più alte cariche dello Stato. Umore condiviso da molti altri senatori, convinti che la partita giocata sul terreno delle intercettazioni sia esclusivamente politica.
Tra le modifiche apportate ce n’è una che ieri è stata discussa e approvata dalla Commissione Giustizia della Camera, presieduta dalla finiana Giulia Bongiorno. Un emendamento che ha fatto storcere il naso a molti senatori, indignati per la modifica apportata al testo originario. La sostanza: il pm non sarà più obbligato a chiedere l’autorizzazione alle Camere di appartenenza ogni qualvolta, intercettando qualcuno, verrà ‘captato’ anche un deputato o un senatore. Questo, in pillole, è il contenuto dell’emendamento della discordia, presentato dall’Udc e passato con il voto unanime della Commissione. Una modifica che in nome dell’intesa raggiunta tra Governo e finiani stravolge di fatto il testo licenziato dal Senato.
Ciò significa che sarà possibile tornare alle cosiddette intercettazioni ‘incrociate’: si vuole intercettare un Parlamentare? Per farlo direttamente ci vuole l’autorizzazione del Parlamento? Fa niente, si intercettano lui, l’assistente, l’amico e la fidanzata. E senza autorizzazione, se non quella del giudice.
Tutto questo accade sotto gli occhi attoniti degli esponenti della maggioranza al Senato, che nel testo "blindato" sul quale il 9 giugno scorso era stata posta la fiducia, aveva inserito invece una norma a tutela della privacy delle persone che comunicano con i parlamentari. Ma niente da fare. "È un segnale anti-casta", ha commentato il deputato Udc Roberto Rao, uno dei firmatari dell’emendamento. "Si tolgono i privilegi di cui si parlava in questa legge, è un atteggiamento serio del Governo e della maggioranza", ha poi aggiunto l’esponente centrista, firmatario dell’emendamento insieme ai colleghi Lorenzo Ria e Michele Vietti. Quel Vietti che secondo rumors di palazzo, avrebbe presentato l’emendamento per avere una contropartita che porta dritto al Consiglio Superiore della Magistratura. Questo il ragionamento di alcuni senatori: il vicepresidente dei deputati dell’Udc avrebbe strizzato l’occhio al centrosinistra e ai "compagni" finiani per fare in modo che ci si ricordi di lui nel momento in cui si tratterà di discutere la successione di Nicola Mancino come vicepresidente del Csm. Solo voci di corridoio? Può essere, ma la coincidenza lascia aperte molte domande. Soprattutto, offre il destro che arricchisce di indiscrezioni la vicenda. E le voci, si sa, in questi casi corrono veloci.
L’approvazione dell’emendamento, come era prevedibile, ha incassato l’ovazione della capogruppo del Pd in Commissione Giustizia Donatella Ferranti, che ha apprezzato i ripensamenti della maggioranza: "Vorrei sottolineare che rispetto al testo licenziato dal Senato sono state fatte importanti retromarce", ha dichiarato alla stampa.
Ma la modifica proposta dai centristi non è l’unica. Tra le novità introdotte nel testo c’è anche la riduzione delle sanzioni agli editori che contribuiscono alla pubblicazione di materiale irrilevante e segreto riguardante procedimenti giudiziari in corso: la multa per loro scende da 450 mila euro a 300 mila. Si riduce poi la pena per le registrazioni fraudolente. E’ il cosiddetto "emendamento D’Addario": la pena è "fino a 6 anni" anziché da "sei mesi a quattro anni". Altro punto: la "rilevanza". A decidere se l’intercettazione sarà utile all’indagine sarà un pm che, in accordo con gli avvocati degli indagati, stabilirà entro 45 giorni dalla richiesta – nel corso di un’ "udienza-filtro” – quali intercettazioni potranno essere ascoltate e di conseguenza riferite dagli organi di informazioni e quali no.
Ad ogni modo, con i suggerimenti del Colle, l’intesa è raggiunta. Ora la decisione spetta all’Aula di Montecitorio dove il testo emendato sarà discusso e votato il 29 luglio. Salvo ulteriori proroghe.