La Cassazione conferma: “L’utero in affitto è reato, anche se gratis”
05 Febbraio 2019
In Italia l’utero in affitto resta reato, in qualsiasi caso: anche se gratis. Lo ha decretato la sesta sezione penale della Corte di cassazione, condannando una coppia e anche la madre naturale per il reato di “affidamento a terzi di un minore”, in violazione dell’articolo alla legge 184/1983. Secondo quanto stabilito dalla normativa, infatti, la pratica costituisce reato anche nel caso in cui la madre “naturale” non percepisce nulla. Il tutto è collegato a una sentenza della Corte d’appello di Napoli, con la quale era stata confermata la condanna in primo grado di tre imputati, rei di aver “partecipato a un accordo con cui un ginecologo, dietro corrispettivo di una somma di danaro, pattuita in 30mila euro”, aveva promesso l’affidamento di un neonato a una coppia, nonostante questo fosse stato partorito da un’altra donna. Vi erano stati perciò dei ricorsi in Cassazione, tra i quali quello della madre naturale che chiedeva l’annullamento della sua condanna sostenendo di non aver avuto nulla in cambio della prestazione.
I giudici della Suprema Corte hanno ribadito che “l’articolo 71, comma 1, della legge 184/1983 punisce con la reclusione da uno a tre anni, chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definivo un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato, senza ulteriori condizioni ai fini della integrazione del reato”.
Inoltre, rigettando tutte le ipotesi avanzate dalla donna, compresa l’asserzione dell’aver “affittato il suo utero” gratuitamente, la sesta sezione penale ha ricordato che la fattispecie delittuosa punita dall’articolo 71 della legge sulla “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, non richiede “per colui che affida il minore, la previsione di un compenso economico come corrispettivo della consegna del minore stesso”. La sentenza, quindi, conferma, che la legge in Italia vieta qualunque pratica di utero in affitto, ribadisce che la mancanza di un compenso economico alla donna che “presta” il suo utero non “cancella” il reato, e sottolinea che è prevista una pena aggravata nel caso che l’affidamento illecito di un figlio a terzi sia commesso da un genitore naturale.