La Chiesa va in aiuto alle famiglie e lancia messaggi alla politica
11 Febbraio 2009
Il là era stato dato dal consiglio permanente dei vescovi italiani, che il 3 febbraio comunicava di voler promuovere una iniziativa nazionale a sostegno delle famiglie che, oggi sulla soglia della assistenza, rischiano di accrescere il numero degli indigenti. Da allora nelle diocesi è tutto un susseguirsi di iniziative per la solidarietà con le famiglie in difficoltà nella crisi economica. Le soluzioni organizzative e tecniche sono le più diverse. A Prato è stata creata l’associazione “insieme per la famiglia”. A Verona si fanno iniziative congiunte tra Caritas e Amministrazione provinciale. A Lucca si dà vita a iniziative di microcredito denominate “Un anticipo di fiducia”, utilizzando fondi provenienti dall’otto per mille, dai contributi di Fondazioni bancarie e dalle raccolte dei fedeli. Fondi per microcrediti a interesse zero anche nella Diocesi di Pitigliano. A Pavia si farà una raccolta di solidarietà durante la quaresima. A Casale Monferrato si prevedono interventi per 50 famiglie attingendo non solo all’8 per mille. A Mazara del Vallo si procederà con la concessione di credito al consumo mediante la Fondazione della Caritas. La Diocesi di Foggia ha deciso di collaborare con il Comune. A Trento ci è collegati con le Casse rurali per l’operazione “Credito solidale”. A Bologna il cardinale Caffarra ha costituto il fondo "Emergenza famiglie 2009". Ma il primo a partire era stato il cardinale di Milano Tettamanzi, che il 5 febbraio aveva annunciato la creazione del fondo “Famiglia-lavoro” finanziato unitariamente dalla Caritas e della Fondazione Cariplo.
Quali sono le entità degli interventi? A Milano il fondo ha una dotazione iniziale di 1 milione di euro. A Prato si è partiti con 100 mila euro, ma l’Emporio Caritas distribuisce beni di prima necessità per 130 mila euro annui. Il microcredito a Lucca parte con 120.000 euro. Queste sono le cifre, che come si vede variano da diocesi a diocesi. Sia il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, sia l’arcivescovo di Milano Tettamanzi hanno comunque riconosciuto che si tratta “di una goccia” a cui però la Chiesa assegna un valore significativo. Tanto è vero che il consiglio della Cei previsto a marzo dovrà dare ulteriore corpo all’iniziativa e un più chiaro coordinamento.
La Chiesa italiana intende ancora essere una “Chiesa di popolo”, come ripetutamente viene detto dai suoi leaders. Ecco il motivo per cui essa cerca di incontrare i bisogni della popolazione, da qualsiasi parte provengano. Si tratta infatti di interventi non rivolti alle famiglie cattoliche, ma alle famiglie bisognose. Solo in questo modo la Chiesa può avere una autorevolezza tale da parlare ed essere ascoltata anche su altre situazioni – si pensi ai temi della vita e della famiglia – senza essere considerata un corpo estraneo rispetto al paese, oppure venire accusata di moralismo. La politica non può non apprezzare questo sforzo a sostegno di chi è in difficoltà in questi momenti difficili, e nello stesso tempo non può dare credito alla Chiesa solo come agenzia assistenziale, ma come soggetto pienamente inserito nella vita nazionale, dal punto di vista religioso, etico e solidale.
Non va dimenticato il significato educativo di queste iniziative. Esse sono una forma di espressione della sussidiarietà solidale, mobilitano le persone, le associazioni e le istituzioni a darsi da fare, prima e a latere rispetto agli interventi dello Stato, per affrontare il problemi della povertà. Oltre a produrre risultati concreti, esse generano anche socialità e spirito civico.
Questi interventi a favore delle famiglie in difficoltà si collegano anche con gli interventi della Chiesa sulla famiglia in quanto tale e sulla necessità di nuove politiche familiari nel nostro paese. Dopo il Family day, il Forum delle associazioni familiari ha presentato una petizione per un “fisco a misura di famiglia” corredata da migliaia di firme. Dal mondo cattolico – in particolare dal quotidiano Avvenire – sono arrivate molte critiche al progetto governativo del “bonus famiglie” inserito nel decreto anticrisi, in quanto risponderebbe ancora ad una logica individuale più che familiare e penalizzerebbe la famiglia costituita da una coppia sposata con figli. La Chiesa insiste molto sul “quoziente familiare” e non manca di ricordare che questo obiettivo era presente nel programma di questo governo, anche se poi il ministro Sacconi lo ha posto come obiettivo di legislatura data la scarsità delle risorse a disposizione. Insomma, sulla famiglia la Chiesa non molla. Questi interventi di solidarietà intendono dire che la famiglia sta a cuore sempre alla Chiesa, che essa fa quanto può fare, ma che questo non basta. Servono interventi molto più ampi e coordinati da parte di politiche adeguate.