La cittadella berlusconiana ha retto e Fini è in rotta

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La cittadella berlusconiana ha retto e Fini è in rotta

19 Novembre 2010

In uno degli ultimi post di questo blog dicevo che la politica, anche in tempi impazziti, deve avere una sua logica, e i fatti mi hanno dato facilmente ragione.

Gianfranco Fini dopo essere sceso in campo aperto contro la cittadella berlusconiana ha fatto, con il video messaggio di ieri, una rovinosa ritirata.

Il presidente della Camera, alla testa delle sue truppe, aveva individuato tre possibili punti sfondamento su cui concentrare il suo assalto. 1) Spaccare il Pdl, producendo un sostanzioso passaggio di campo verso il Fli: non parliamo di Massidda e pochi altri, ma dell’eventualità che 20-30 parlamentari potessero d’un tratto emigrare nelle fila finiane. 2) Rompere l’asse Pdl-Lega, portando Bossi a sposare l’ipotesi di un Berlusconi bis senza Berlusconi e sostanzialmente contro Berlusconi. 3) Strappare al Pdl la maggioranza al Senato in modo da far fallire la mozione di sostegno al governo e di aprire la strada a un governo tecnico.

Sarebbe bastato anche uno solo di questi “varchi” e il campo berlusconiano, da tempo assediato, sarebbe crollato senza fatica. Purtroppo per Fini nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto. Il Pdl ha tenuto, anzi semmai è stato qualche futurista a tornare a casa; Bossi e la Lega, seppure tentati e pieni di dubbi, hanno resistito alle lusinghe finiane rivelandosi leali fino in fondo; la compagine dei senatori Pdl non ha dato mostra di cedimento ed è pronta a rintuzzare come una falange macedone qualsiasi tentativo ribaltonistico.

In queste condizioni a Fini non restava che la ritirata piuttosto che correre il rischio di una sortita delle truppe berlusconiane e un di uno scontro in campo aperto. Così il video messaggio, con il quale il presidente della Camera, togliendo di mezzo l’ipotesi di una mozione di sfiducia, disinnesca il rischio di elezioni anticipate: uno scontro a cui non è ancora pronto.

La strategia della rottura è dunque fallita. Resta da capire quale fase intende ora aprire Fini: quella del logoramento e della consunzione parlamentare ai danni di Berlusconi o quella di un patto di legislatura obtorto collo? Lo si capirà da qui al 14 dicembre, ma lo spazio di manovra rischia di essere sempre più stretto. L’effetto del videomessaggio sui falchi futuristi deve essere stato devastante e per un Fini indebolito dalla ritirata,  continuare a guidare e tenere compatti i suoi risulterà ogni giorno più difficile.

D’altro canto è evidente che Berlusconi a questo punto non mollerà facilmente il vantaggio ottenuto sul campo e terrà a portata di mano l’arma delle elezioni anticipate anche dopo aver incassato la fiducia (o bocciato la sfiducia) sia alla Camera che al Senato il prossimo 14 dicembre.

A Fini conviene serrare i ranghi e instaurare un più stretto controllo sulla direzione strategica delle operazioni: le sortite quotidiane dei suoi uomini in armi nei talk show televisivi ha avuto effetti controproducenti anche sui finiani di più stretta osservanza.

Fino ad oggi era stato Italo Bocchino l’uomo chiamato a dare forma politica alla rabbia incontrollabile del leader: l’adunata di Bastia Umbra è stata il suo capolavoro. Oggi potrebbe servire qualcuno che sappia razionalizzare e fornire prospettive alla fase del ripiegamento e della resa. Forse serve un rimpasto nella war room.