La “civile” Francia legifera sul genocidio armeno e scatena le ire di Ankara

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La “civile” Francia legifera sul genocidio armeno e scatena le ire di Ankara

23 Dicembre 2011

In Francia ci sono circa 500 mila cittadini di origine armena. A fine aprile 2012 si voterà per le elezioni presidenziali. E oggi si discute in Parlamento se fare una legge che proibisca la negazione del genocidio armeno fatto dai turchi soprattutto tra il 1914 e il 1916 ( 500 mila – 1 milione di morti ). In parole povere si assimila il genocidio armeno a quello ebraico; e la Legge vieterebbe il dubbio o la messa in discussione del fatto. Naturalmente i turchi hanno iniziato le procedure per l’incidente diplomatico contro i francesi; con ritorsioni possibili di varia natura. Per di più, come spesso accade, fanno capolino gli interessi economici: c’ è chi dice che gli armeni debbano essere risarciti di danni subiti, dal Governo turco.

Al di là dei fatti, si apre la discussione sul rapporto tra Storia e Diritto. Può un Parlamento o un Governo, legiferare su fatti storici complicati? L’Olocausto ebraico non fu “complicato”; fu tragicamente riconducibile solo alla follia umana. Ma molti altri fatti storici, non semplici, parlano di genocidi, di stragi, di persecuzioni e omicidi di massa. Tra tutti e solo per fare alcuni esempi: a partire dal 1994 ci fu il genocidio dei Tutsi in Rwanda ( tra 500 mila e 1 milione di morti ), fatto dall’esercito regolare, composto dagli Hutu e, sembra, appoggiato da militari francesi: il dito fu puntato contro lo stesso Presidente Mitterand e contro i Primi Ministri Balladur, Juppé, e Villepin; i Governi francesi hanno sempre considerato fantasiose queste accuse.

Tra il 1975 e il 1978 in Cambogia il regime comunista degli khmer rossi di Pol Pot fece una strage di più di 2 milioni di persone su 7 milioni di abitanti; furono eliminate le minoranze vietnamite, cinesi, mussulmane, ed europee, oltre a tutta la borghesia cambogiana (bastava una laurea per essere mandato sotto terra). Il regime comunista sovietico perseguitò e fece stragi di minoranze etniche e politiche (60 milioni le vittime, secondo Solgenicyn). E più in là nella storia si valuta che gli 8 milioni di indiani di Hispaniola, furono eliminati dalla generazione che seguì alla scoperta dell’isola da parte di Cristoforo Colombo. Si stimano anche in 80 milioni le vittime inca e atzeche, dovute alle conquiste spagnole del centro e sud America. Per non parlare delle stragi coloniali in Africa o Asia; o del genocidio di africani fatto durante il commercio di schiavi, da parte di Governi e Società “occidentali”, ben identificabili.

Questa  lista, solo esemplificativa, di alcune tragedie sofferte negli ultimi secoli di storia, vuole sottolineare la complessità della sovrapposizione del Diritto, esercitato dai Parlamenti o dai Governi, sulla Storia, fatta dai popoli e interpretata dagli studiosi.

E’ evidente che impedire la rimessa in discussione di fatti storici acclarati, ove vittime e carnefici sono ben definiti nella sostanza e nel contesto, costituisce se non altro una forma liberatoria per la coscienza individuale e collettiva. Ma è possibile limitare il “negazionismo” ad alcuni fatti e non ad altri? E’ possibile accettare che il “negazionismo” diventi oggetto di interesse di parte (qualsiasi essa sia) politica ? E’ infine possibile che i Parlamenti o i Governi stabiliscano le regole di lettura della Storia e mettano delle penali per chi non le rispetti? Non può anche essere pericoloso (per esempio un Governo o un Parlamento, a maggioranza, mettono una penale su una interpretazione di fatti storici diversa dalla loro)? 

L’Olocausto ebraico rappresenta ancora il sale nella ferita di una generazione che sta ora finendo. E quindi questa stessa generazione ha voluto che la storia di quello sterminio fosse subito scritta, senza se e senza ma, avendola vissuta direttamente e quindi sofferta. L’estensione di questo principio ad altri fatti storici, anche contemporanei, o quasi, non è così semplice; soprattutto quando questi sono diversamente interpretati, come nel caso degli armeni, visto dai turchi o dei gulag staliniani, visto da molti comunisti, russi e non.

Insomma l’uso dei 500 mila armeni di Francia in campagna elettorale, stiracchiati di qua e di là, non sembra proprio il massimo della “eleganza”, nella vita di un Paese civilissimo, come la Francia.