La Consulta studia un accordo per salvare la legge e non dare alibi al Cav

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La Consulta studia un accordo per salvare la legge e non dare alibi al Cav

27 Dicembre 2010

L’anticipazione de La Stampa sull’ipotesi che la Consulta possa respingere il ricorso sulla costituzionalità del legittimo impedimento individuando tuttavia una soluzione ‘mediana’, rilancia il tema già affrontato dal premier a Matrix. Ovvero le possibili conseguenze sul piano politico della decisione della Suprema Corte: tre ipotesi, i cui effetti – paradossalmente – condizioneranno i destini della legislatura.

Ecco perchè l’attesa è massima, considerato anche l’avvertimento che prima a Matrix poi nella conferenza stampa di fine anno Berlusconi ha già lanciato definendo “indecente” un’eventuale bocciatura del legittimo impedimento e annunciando la sua “discesa in campo, nei tribunali, sui media e nei comizi di piazza” per denunciare “certi magistrati eversivi”. Ciò che trapela dal Palazzo della Consulta semideserto per le vacanze natalizie è che si comincia a profilare l’ipotesi di una soluzione di compromesso.

In sostanza, la Corte potrebbe non arrivare a una bocciatura totale, come fu per il lodo Alfano, ma compiere “un’operazione chirurgica” con una sentenza interpretativa di rigetto o, più probabilmente, di illegittimità parziale. Se infatti i quindici membri della Consulta riterranno che la legge-ponte (a suo tempo proposta dall’Udc) non sia una immunità da stabilire con legge costituzionale, ma solo un’integrazione di un istituto processuale già esistente, allora potrebbe anche ‘salvare’ con norma ordinaria la tipizzazione dei casi di impedimento del premier o dei ministri a non presentarsi in udienza (ad esempio per partecipare al consiglio dei ministri, a lavori parlamentari, a riunioni di organismi internazionali).

A condizione tuttavia che questo avvenga con la valutazione del giudice, di volta in volta, sul rinvio o meno dell’udienza. Se l’obiettivo fosse quello di superare qualsiasi rischio di automatismo della legge, allora a cadere potrebbe essere l’attestazione dell’impedimento da parte della Presidenza del Consiglio, e pure – si ipotizzato in ambienti vicini alla Consulta – la durata del legittimo impedimento fino a sei mesi. A rischio di illegittimità parziale anche l’estensione dell’impedimento alle ”attività preparatorie e conseguenti nonchè di ogni attività comunque coessenziali alle funzioni di governo”.

Dunque l’opzione più remota ad oggi sembra quella della totale illegittimità, l’opzione appunto che porterebbe il premier a fare ciò che ha detto di fare in caso di pronuncia di incostituzionalità. Le due ipotesi considerate “plausibili” dagli addetti ai lavori prevedono, nel primo caso, che la legge superi il vaglio senza sostanziali indicazioni di cambiamento o parziali dichiarazioni di illegittimità, anche se le motivazioni della Corte ne possono prospettare il carattere ‘interpretativo’, ossia una impossibilità a perdurare nel tempo dal momento che questa è una norma-ponte in anticipazione (o in attesa) della legge costituzionale.

L’altra possibilità è che l’attuale diventi una legge destinata a restare stabilmente nell’ordinamento, anche se a determinate condizioni. Quali? Ad esempio il fatto che il legittimo impedimento che oggi è un istituto processuale già previsto per i parlamentari e antepone la funzione pubblica, cioè relativa all’esercizio della rappresentanza di mandato o del governo allo svolgimento azione penale, possa essere tipizzato nell’ordinamento. Certo, l’idea di un’approvazione da parte del giudice di volta in volta riporterebbe la questione indietro, cioè alla disciplina precedente alla norma mentre adesso la legge prevede un periodo di sospensione dai processi previa valida motivazione.

Ma quali possono essere gli effetti sul piano politico? Se la Consulta dovesse bocciare il legittimo impedimento, il premier accelerebbe verso le elezioni anticipate che potrebbero profilarsi a maggio. In questo caso, le udienze che Berlusconi dovrebbe affrontare sarebbero sospese per la durata della campagna elettorale e in caso di vittoria e con una maggioranza più forte in parlamento, il Cav. potrebbe rimettere mano allo scudo per le alte cariche dello Stato e avviare al tempo stesso la revisione di alcune parti della Costituzione.

Di fronte a questo scenario, sarebbero in pochi tra centrosinistra e terzo polo, ma pure negli ambienti della magistratura a ritenere ‘conveniente’ dare a Berlusconi la carta buona per andare al voto. Meglio favorire la scadenza naturale della legislatura sperando che o il Cav. si faccia da parte come almeno in questi giorni ha fatto intendere, oppure che arrivi al 2013 logorato dalle difficoltà dovute ai numeri della dua maggioranza da un lato e dagli attacchi dei terzo polisti – finiani in testa – dall’altro. E’ soprattutto l’auspicio che si leva nel centrosinistra e segnatamente nel Pd, lacerato al proprio interno e con un Bersani stretto tra Di Pietro, Casini e Vendola.