La Consulta tenta di riscrivere anche la Legge 40 ma con poco successo

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La Consulta tenta di riscrivere anche la Legge 40 ma con poco successo

02 Aprile 2009

La Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge sulla fecondazione assistita. Era nell’aria già da qualche giorno, ma ieri i giudici della Consulta hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, della legge 40, nel punto in cui prevede che ci sia un "unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre embrioni". Secondo la Corte la legge viola la Costituzione anche laddove non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Sono state considerate invece inammissibili le altre richieste avanzate dal Tar del Lazio e dal Tribunale di Firenze che richiedevano la revocabilità del consenso della coppia dopo la fecondazione dell’ovulo: vale a dire che la coppia che si sottopone alle tecniche di fecondazione può revocare il proprio consenso fino al momento della fecondazione dell’ovulo e non oltre; la richiesta di crioconservazione degli embrioni in sovrannumero; e la richiesta di riduzione embronaria in caso di gravidanze plurime.

Una sentenza nella sostanza contraddittoria, che però lascia ancora una volta il segno del pregiudizio ideologico che vi è attorno a questi temi. La contraddizione è presto detta: la Corte dà il via libera alla fecondazione di un numero di embrioni superiore a tre, ma non trova appigli sulla crioconservazione degli embrioni in sovrannumero. Questo potrebbe significare un impianto rischioso per la salute della donna che si sottopone alle tecniche di fecondazione ma anche la riapertura della questione del che fine fannno gli embrioni fecondati e non impiantati.

Oggi i promotori dello stato laicista e giustizialista esultano. “E’ il trionfo dello stato laico – ha detto Severino Antinori, guru delle fecondazioni selvagge – migliaia di coppie avranno più possibilità di avere dei figli”. “E’ la dimostrazione che si tratta di una legge ingiusta, oscurantista e crudele”, ha sentenziato rimettendosi la toga Antonio Di Pietro. Ma sarebbe meglio, a legger bene tra le righe della sentenza, interpretarne le motivazioni e prendere tempo prima di esultare. Smorza i toni Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare con delega ai temi etici: “La legge 40 con questo intervento è più oscura, ma non mi sembra che sia cambiato molto", per questo sarà indispensabile emanare al più presto nuove linee guida che possano eliminare qualsiasi contraddizione. “Chi interpreta questa sentenza della Corte Costituzionale come un’apertura alla diagnosi pre-impianto – ha aggiunto la Roccella – commette un’operazione dubbia e prematura. Il comma 1 dell’articolo 14, sulla clioconservazione e la soppressione di embrioni, non è stato giudicato illegittimo come non è stato toccato il divieto di selezione eugenetica degli embrioni e dei gameti”.

Di fatto, infatti, la Corte non ha intaccato la legge in una delle parti fondamentali cui si è ispirata, vale a dire quando impone il divieto di operare la diagnosi pre-impianto agli embrioni e nega qualsiasi forma di selezione eugenetica. Ma i difensori della Bibbia laica sono già sul piede di guerra. La loro è una battaglia a tutto campo che in nome di un presunto principio di autodeterminazione vuol scambiare per liberale una visione deterministica della vita e della morte. In questo rigurgito di vecchie e nuove ideologie, appare almeno sospetta la tempistica degli interventi della magistratura nei confronti dell’attività del Parlamento. E non a caso Barbara Pollastrini oggi stesso chiama in causa la legge sul testamento biologico: “E’ una lezione anche per il ddl all’esame della Camera. Fermiamoci per tempo, stavolta. Riiniziamo da capo e riscriviamo una proposta ispirata a un diritto mite, rispettosa dei principi costituzionali che tengono insieme il valore della vita e la libertà di scelta della cura”. Orfani di ogni altra ideologia, la sinistra tenta di imporre attraverso i giudici la loro nuova cultura antropologica. È la cultura figlia delle tecno-scienze e del relativismo, che si vorrebbe permeasse sempre di più la nostra vita, a dettar legge. E a fare le leggi.