La conversione di Blair non è solo un fatto privato
09 Luglio 2007
di Daniela Coli
In Italia la visita di Blair al papa e la notizia della conversione al cattolicesimo è stata considerata un’operazione di marketing o un fatto privato, legato all’amore per la moglie Cherie. Nel Regno Unito invece la notizia fa discutere. Si sapeva della famiglia cattolica di Blair, del suo feeling cattolico e questo non gli ha impedito di essere rieletto tre volte. Il Times ha dedicato articoli simpatizzanti a Cherie, ha rilevato il coraggio di Blair, che ha problemi cardiaci, ad avere accettato il nuovo incarico in Medio Oriente. Blair è carismatico, diversamente da Gordon Brown, rappresentato dalla satira nei panni del fido scozzese John Brown della regina Vittoria. E’ senz’altro importante che alla vigilia della pubblicazione di The Blair Years, gli attesi diari di Alastair Campbell, l’ex addetto stampa di Blair anticipi al Times che il premier voleva lasciare prima della guerra in Iraq e parli dei suoi incontri segreti con Diana, che aveva fiducia in lui.
Diana è ancora un mito, lo dimostra il successo del concerto di Wembley organizzato dai figli per ricordarla a dieci anni dalla morte. Mai come ora con tutti i corpi straziati dal terrorismo in Medio Oriente sono efficaci le immagini della campagna antimine di Diana o la devozione della principessa a Madre Teresa di Calcutta, beatificata nel 2003 da Giovanni Paolo II. Vari corrispondenti inglesi da Roma hanno sottolineato il dono di Blair a Benedetto XVI, alcune foto del cardinale Newman, il più importante anglicano convertito al cattolicesimo, a cui Ratzinger dedicò uno studio giovanile. Per gli inglesi, la visita al papa e l’annuncio dell’eventuale conversione, non sono una questione solo religiosa e privata, ma anche politica.
Tony Blair è stato fino a pochi giorni fa il premier del Regno Unito, dove non si riconosce l’autorità del papa ed è il re o la regina a nominare i capi religiosi, come un imperatore romano. La Gran Bretagna è un paese tollerante in materia religiosa, ma l’anglicanesimo è una religione nazionale, importante nell’identità british, dove lo strappo dalla Chiesa di Roma di Enrico VIII fu determinato più da interessi politico-istituzionali che religiosi. E la riforma inglese è storicamente una tappa importante per la nascita della potenza britannica e la sua speciale identità in Europa. Mai come in questi giorni ogni notizia su Benedetto XVI è dibattuta: la messa in latino è l’argomento del momento.
Tony Blair è un leader che sceglie e rischia di persona, senz’altro ambizioso, volpino, ma se recita è un ottimo attore. E’ anche vero che l’anglicanesimo è in crisi, frantumato nel mondo in una infinità di chiese, Blair è lo statista inglese più paragonato a Churchill e dopo l’11 settembre una cristianità divisa non è un sostegno per l’Occidente. Blair cattolico ricorda vagamente Giacomo VI di Scozia, poi Giacomo I d’Inghilterra, che in un periodo molto diverso dal nostro, progettò, lui capo della Chiesa d’Inghilterra, di riconciliare la cristianità. Giacomo, figlio di Maria Stuart, successe a Elisabetta I, sposò una protestante per compiacere i sudditi e tentò di far sposare Carlo I all’infanta spagnola. Voleva siglare la pace con gli Asburgo e fermare la Guerra dei Trent’anni, che devastò l’Europa. Giacomo fu dipinto dai contemporanei, in patria e all’estero, come doppio, omosessuale (ebbe otto figli), una sfinge. E certo quegli idealisti italiani che sognarono una cristianità riconciliata e andarono in Inghilterra finirono sul rogo quando non furono più utili a Londra. Giacomo si trovò a governare una Gran Bretagna con una doppia politica estera e la simulazione fu da bambino come da sovrano l’unica arma per sopravvivere. La simulazione fu una necessità per gli Stuart: quando Giacomo II si convertì al cattolicesimo provocò la fine della dinastia e la seconda guerra civile inglese.
Sotto i ponti del Tamigi è passata molta acqua in questi secoli e nessuno dopo l’annuncio della conversione di Blair invoca un Guglielmo d’Orange a salvare l’Inghilterra. Nel blog di Ruth Gledhill sul Times qualche cattolico inglese accusa Blair di non aver fermato l’avanzata gay nel Regno Unito, qualche nazionalista chiede come possa un premier british convertirsi alla Chiesa di Roma, qualche noglobal elenca i misfatti di Tony contro la pace nel mondo. C’è anche chi sottolinea che Blair ha parlato solo di una eventuale conversione e probabilmente ha ragione, ma, chissà, forse qualcosa sta cambiando in questo paese, dove un poeta metafisico come John Donne ha scritto “Nessun uomo è un’isola”.