La Corea del Nord lancia i suoi missili e riapre il “risiko” diplomatico
17 Aprile 2009
Il 4 aprile scorso la Corea del Nord, sfidando gli ammonimenti giunti da tutto il mondo, ha deciso di lanciare il missile-satellite "Taepodong-2". Secondo Pyongyang si tratterebbe semplicemente di un satellite adibito alle telecomunicazioni mentre le altre potenze mondiali, Usa in testa, ritengono sia stata una prova di lancio di un missile con testata nucleare, capace di giungere fino a San Francisco. Per un malfunzionamento comunque il lancio non è andato nel migliore dei modi e risultati non sono stati soddisfacenti per il primo ministro Kim Jong-Il.
A seguito del lancio si è scatenato un “risiko” che ha coinvolto diversi attori mondiali, ma soprattutto i 6 (Corea del nord, Corea del sud, Cina, Giappone, Usa e Russia) più interessati alla questione e impegnati in un tavolo negoziale piuttosto complesso.
L’Onu si è posta in prima linea, votando all’unanimità (con i 15 membri del Consiglio di sicurezza) la condanna del lancio del razzo, in quanto contravviene alla risoluzione 1718 dell’ottobre 2006 che proibiva a Pyongyang esperimenti nucleari e lanci di missili. Il testo "esige" addirittura che la Corea del Nord non riproponga altri lanci in futuro e chiede inoltre che le sanzioni comminate siano applicate con puntualità.
La risposta del governo di Pyongyang, naturalmente, non ha tardato ad arrivare. La Corea del Nord ha definito non "più necessari" i colloqui a 6 sul processo di denuclearizzazione. Ma, soprattutto, ha fatto sapere attraverso l’agenzia di stampa ufficiale "Kcna", che intende ora riaprire i suoi impianti nucleari. Inoltre ha deciso l’espulsione di 4 ispettori dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), coinvolti nelle operazioni di smantellamento dei piani nucleari di Pyongyang, avvenute nella giornata di ieri. Questa mattina è stato anche il turno degli esponenti americani che si trovavano ancora nel paese.
Sulla reazione avuta dal regime è intervenuta la Russia esprimendo delusione per l’espulsione: "Naturalmente – ha detto Grigori Logvinov, inviato del ministero degli Esteri per gli affari speciali – questa decisione suscita delusione, anche se non è stata una sorpresa, ma non è il caso di drammatizzare la situazione". È importante, tuttavia, "non farsi influenzare dalle emozioni e astenersi da azioni che potrebbero aggravare una situazione già difficile". La Cina ha ribadito che i colloqui a 6 sul disarmo nucleare sono l’unica via per evitare conflitti. "Speriamo che tutte le parti mantengano la calma e che siano lungimiranti, prestando attenzione al quadro generale e sforzandosi di far avanzare i negoziati", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri, Jiang Yu.
Molto più tesa, invece, la situazione con gli Usa. Quelle coreane sono "minacce provocatorie" secondo il portavoce, Robert Gibbs. "Dichiarazioni non necessarie" aveva rincarato il segretario di Stato, Hillary Clinton, pur spingendosi a lasciar trapelare in futuro la possibilità di colloqui duretti con Pyongyang. L’espulsione del personale americano "rappresenta certamente per la Corea del nord un passo indietro – ha affermato Wood, dal Dipartimento di Stato – nei confronti della comunità internazionale. Se va avanti così, Pyongyang dovrà affrontare un ulteriore isolamento"
La paura di conflitti su larga scala pare però essere l’arma in più della Corea, basti pensare alla reazione avuta dal Giappone, che ha vissuto momenti di panico di massa quando c’è stato, il 4 aprile, un falso allarme per l’avvenuto lancio del missile-satellite. Così il regime di Pyongyang ha già raggiunto uno degli obiettivi che si era prefissato: attirare su di sé l’attenzione della comunità internazionale.
L’altro, il lancio di un missile funzionante, è solo rimandato, ma siamo sicuri che come in ogni partita di Risiko, gli stati confinanti con l’attaccante stanno già preparando le difese.