La corsa contro il tempo di Boris Johnson

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La corsa contro il tempo di Boris Johnson

La corsa contro il tempo di Boris Johnson

23 Ottobre 2019

Forse questa Brexit non s’ha da fare: la maledizione di Westminster continua ad espandere la propria aura funesta su ogni proposta di Deal: dopo essere costata a Theresa May il numero 10 di Dawning street, ora continua anche a minare anche la solida leadership di Boris Johnson.

Il Primo Ministro britannico di sua maestà ha promesso che la Brexit si farà, che l’accordo si troverà e che, finalmente, l’incognita in cui si trova il Regno Unito da quel 23 giugno del 2016 – giorno nel quale la maggioranza dei Britannici ha scelto di abbandonare l’Unione Europea – verrà risolta.

Eppure, da quel fatidico giorno, la politica britannica sembra essersi impantanata in una palude senza uscita, che fa della classe politica inglese uno spettro di quella della quale sono ricolmi i manuali di diritto costituzionale: forse la verità è che la paura dell’incertezza e il timore di navigare verso nuovi ed indefiniti orizzonti hanno messo in crisi tutte le forze politiche, senza distinzione fra i vari sostenitori del leave e del remain.

In questo panorama Theresa May non è riuscita a garantire quella leadership forte di cui, in questo momento, la Gran Bretagna avrebbe bisogno ed è proprio in quest’ottica che può essere letta la scelta dei Tories di puntare su Boris Johnson: lo scopo, potrebbe essere quello di intercettare quell’elettorato medio che si è espresso chiaramente a favore del leave e che, ad ogni tornata elettorale, ha ribadito questa volontà. Ne sono un esempio le ultime elezioni europee, che hanno visto un erosione dei voti tradizionalmente riservati ai conservatori a favore del nuovo Brexit Party.

Per queste ragioni Johnson ha tentato in ogni modo di arginare un Parlamento troppo frazionato e condizionato dai timori, senza, però, riuscirvi, e, anzi, rischiando di aggiungere alla crisi della Brexit un collasso costituzionale: infatti, il voto di venerdì scorso – che se ha visto diminuire la forbice dei no alla proposta di Deal – ha ancora una volta bloccato l’esecutivo. Johnson è stato costretto a cedere, chiedendo un ulteriore proroga, ma, allo stesso tempo, rifiutandosi di firmare la lettera, ed inviandone una successiva, nella quale ha chiesto di ignorarne la prima e nella quale ha annunciato che il suo governo rispetterà la data del 31 ottobre.

È possibile affermare che quella che si sta giocando Oltremanica non è soltanto un test politico per l’Unione Europea, ma è anche l’unico tentativo pioneristico di recesso dall’Unione stessa: dunque, se dovesse fallire, non solo verrebbe tradito il voto della maggioranza degli elettori, ma verrebbero meno quasi tutte le future pretese e minacce di fuga. Il tutto, inoltre, darebbe adito a tomi di letteratura complottista.

Ancora, in questa lunga ed interminabile partita a scacchi, si gioca anche la storia politica di Johnson – il discepolo di Churchill e Disraeli, il conservatore, l’ambientalista, il sindaco della rinascita di Londra ed eterno amico/rivale di David Cameron, sin dai tempi Eton ed Oxford –, il quale potrebbe non essere uno dei tanti Ministri del lungo Regno di Elisabetta II: infatti, se vincerà la sua corsa contro il tempo, riuscendo nell’impresa di scrivere la nuova vita del Regno Unito fuori dall’U.E., inserirà il suo nome fra quelli di coloro che hanno fatto la differenza nella gloriosa storia britannica.