La corsa del Pd verso le primarie si consuma tra nervosismi e sgambetti

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La corsa del Pd verso le primarie si consuma tra nervosismi e sgambetti

21 Ottobre 2009

Il conto alla rovescia prosegue senza sosta e ormai soltanto tre giorni separano gli elettori del Pd dall’atto finale dell’estenuante processo di selezione del loro segretario. Il fine corsa è quantomai nervoso, fatto di polemiche a distanza, di fantomatici accordi sottobanco tra i due principali protagonisti subito smentiti dagli interessati, di minacce di strappi subito ricucite, di parole infuocate fatte risuonare sull’onda degli ultimi comizi.

Sullo sfondo i tre candidati cercano di capire quale sarà il dato dell’affluenza ai gazebo. Un elemento tutt’altro che trascurabile visto che tutti gli osservatori concordano su una circostanza: tanto più basso sarà il numero degli elettori a presentarsi al voto, tanto maggiore sarà la probabilità che il risultato delle primarie assomigli a quello già decretato dal congresso, e quindi dagli iscritti. Un esito che porterebbe al superamento del quorum del 50% più uno e all’elezione di Pierluigi Bersani come nuovo segretario, evitando gli ulteriori tempi supplementari del ballottaggio tra i primi due davanti all’Assemblea Nazionale il 7 novembre. E’ anche per questo che pare che dalle parti dei supporter di Dario Franceschini si guardi con attenzione anche alle previsioni del tempo e si cerchi di allontanare lo spauracchio della pioggia che abbasserebbe l’affluenza dei simpatizzanti non iscritti.

In ogni caso sono pochi coloro che se la sentono di ipotizzare un assalto ai gazebo, con una partecipazione fuori dall’ordinario. Piuttosto è convinzione assodata che si rimarrà su cifre inferiori sia rispetto alle primarie di coalizione del 2005 sia rispetto alle primarie di partito del 2007. In ogni caso il tetto minimo per parlare di un successo

sembra attestarsi sui due milioni di votanti.

La macchina organizzativa è ormai al lavoro a pieno regime. Saranno diecimila i seggi in tutta Italia, settantamila i volontari incaricati di far funzionare la macchina, i dati sull’affluenza alle urne verranno dati nel corso della giornata e i risultati finali, sia pure “ufficiosi”, entro la “tarda serata”. I dati verranno trasmessi on line, grazie a un programma studiato appositamente mentre l’affluenza verrà comunicata alle 12, alle 17 e alle 20 (orario di chiusura dei seggi) anche via sms. I seggi saranno allestiti spesso in locali chiusi, ma non mancheranno i gazebo.

C’è anche un’altra questione su cui i candidati alle primarie si stanno interrogando. In questi giorni non sono mancate le accuse incrociate e i sospetti in merito a presunte “anomalie” che potrebbero caratterizzare la partecipazione in alcune regioni del Sud. Una sorta di secondo tempo rispetto alle polemiche già fiorite a luglio su alcuni fenomeni di elefantiasi che caratterizzarono le iscrizioni al partito in vista dei congressi locali. La domanda che ora si pone è: quale clima interno accompagnerà la proclamazione del vincitore? Il rischio di una reciproca delegittimazione esiste e per questo le colombe del partito stanno lavorando per arrivare, quale che sia l’esito, a una chiusura civile del confronto, evitando incendi postumi o recriminazioni sull’utilizzo di eventuali clientele.

L’altro elemento che resta ancora avvolto nelle nebbie è quello relativo all’eventuale “endorsement” all’uno o all’altro candidato da parte dei pesi massimi dell’universo giornalistico-economico-sociale “piddino”. Banchieri a parte, l’attenzione è concentrata soprattutto su Repubblica. Dario Franceschini si aspettava molto da questi ambienti e dal quotidiano di Largo Fochetti, in particolare. Ma di fronte a un risultato difficile da decodificare fino in fondo la scelta più diffusa è stata quella della prudenza. E così  Ezio Mauro, direttore de la Repubblica ha annunciato, ospite di Lucia Annunziata, che voterà alle primarie del Pd, ma potrebbe “anche essere una scheda bianca, a meno che qualcuno di questi candidati mi faccia capire che l’emergenza costituzionale sarà al centro” del suo programma.

Un partito quello dell’ (eventuale) scheda bianca che vede schierati anche il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e Arturo Parisi. Rientrano, invece, le spinte scissionistiche alimentate nelle ultime ore. Giuseppe Fioroni, infatti, ha messo il punto alle varie ipotesi circolate in queste ore. “Se vince Bersani io resto. Noi abbiamo creato il Pd e non ce ne andremo. Anzi, spero che se  vincerà Franceschini, come peraltro accadrà, non siano D’Alema  e Bersani ad andarsene”. “La speranza di alcuni dirigenti di creare un grande centro – ha detto ancora Fioroni – è morta. Credere che una buona parte di noi se ne vada per costruire una cosa morta è un’ipotesi irrealizzabile. Certo, la scissione fa notizia, ma ripeto, noi il Pd lo abbiamo costruito e noi non ce ne andremo”.

Intanto Franceschini cerca di accentuare ancora di più il suo profilo movimentista e antiberlusconiano e, a poche ore dalla Primarie, esprime l’auspicio di stringere alleanze con Antonio Di Pietro “in tutte e 13 le regioni nelle quali si voterà”. E questo perché “se si vuole fare un programma per l’alternativa sarà difficile farlo senza Di Pietro”. Un altro segnale che il cammino del Pd non potrà che percorrere il consueto sentiero, quello dell’antiberlusconismo, e che lo schema non potrà che essere quello dell’odio e della delegittimazione.