La Cosa Rossa è appena nata e già scricchiola
10 Dicembre 2007
Cosa rossa capo ha. Ma i problemi sono appena iniziati. Due
giorni per riporre nell’armadio la falce ed il martello. Largo adesso alla
“Sinistra e l’Arcobaleno”.
Nel centrosinistra continua il restyling e dopo il
Partito Democratico fa il suo debutto anche la federazione delle forze di
estrema sinistra, la cosiddetta “cosa rossa”.
Il lancio ufficiale alla Fiera di
Roma è avvenuto in due giorni, l’8 ed il 9 dicembre, dove tutti i maggiorenti
dei rispettivi partiti e le figure storiche, vedi Pietro Ingrao, hanno preso
parte al battesimo della nuova creatura. Novità a cui subito il ministro
dell’Agricoltura Pecoraro Scanio ha voluto dare contorni ambiziosi e cioè di
una forza politica che “punti a superare il 15 per cento dei consensi per essere
una forza di governo”.
In realtà al di là delle ottimistiche previsioni e dei
numeri, per la verità un po’ campati in aria, la situazione è tutt’altro che
rosea. E’ evidente che la nascita della nuova formazione coincida con il
momento più basso per la sinistra italiana, ormai ridotta allo stremo dalla
fallimentare politica del governo. In questi diciotto mesi pochi, se non
pochissimi, sono stati i provvedimenti che la sinistra radicale è riuscita a portare
a casa.
Dal lavoro alla sicurezza per non parlare dei diritti civili. Basti
pensare alla parabola discendente che hanno subito i Dico, quelli che negli
intenti proprio della sinistra radicale avrebbero dovuto aprire le porte al
riconoscimento delle coppie omosessuali. Una debacle che è anche evidenziata
dal progressivo scollamento del rapporto tra i partiti ed i movimenti.
L’imbarazzo
con cui la sinistra sta gestendo la questione della base Usa di Vicenza ed il
movimento “Dal Molin” la dice lunga su quanto profonda sia la crisi.
E non a
caso Marco Rizzo, che non ha aderito all’iniziativa, lancia la sfida “col
governo o coi no-dalmolin, con Prodi o con i no-tav, col Partito Democratico o
con gli operai di Mirafiori?”.
Una crisi pericolosa tanto che proprio nei
giorni scorsi Franco Giordano, segretario di Rifondazione Comunista, ha cercato
di mettervi un freno lanciando l’idea del referendum sul governo. Un modo per
recuperare i tanti militanti delusi.
E naturalmente gli spettri della crisi si
sono sentiti anche sulla Fiera di Roma. Mascherati da entusiasmi di facciata.
Ma i dubbi e soprattutto le critiche su questa nuova federazione sono
tantissimi. Partendo dalle assenze. Quella dell’eurodeputato Marco Rizzo che
fin dal primo momento non ha mai plaudito all’iniziativa. Da lui sono arrivate
sempre parole dure individuando due punti deboli: l’assenza della “falce
martello e perchè non si è alternativi al Partito democratico”.
Questioni non
da poco per Rizzo che affonda: “Oggi non
c’è un cuore, non c’è un progetto se non quello di “occupare” uno spazio politico
per motivi elettorali di ceto politico. Senza comunisti non esiste la sinistra”.
E quella del simbolo non è cosa da poco considerando che lo stesso Fosco
Giannini parla di”scippo alla storia della sinistra” e di “colpo di stato
interno”.
Valutazioni che condivide anche il senatore rifondarolo Claudio
Grassi che prevede che alla prossime elezioni “l’arcobaleno non ci sarà” e che
“saranno le realtà territoriali a decidere”. Il timore di molti è che nascono
liste alternative alla “Sinistra e l’Arcobaleno” con il simbolo della falce e
del martello drenando così voti e consensi. E le critiche dividono anche la
stessa Rifondazione Comunista dove all’interno la corrente di “Sinistra
Critica” ha annunciato la scissione e la nascita di un gruppo per la Sinistra
Anticapitalista. Un progetto sposato sia del senatore Turigliatto che del
deputato Cannavò il quale lascerà il gruppo di Rifondazione alla Camera.
Al
centro, come fa notare lo stesso Cannavò, sempre l’assenza “di un’identità e di
una linea politca” e soprattutto la constatazione della fine di “un ciclo
politico e di strade che divergono sostanzialmente. Oggi sul piano simbolico
Rifondazione rinuncia anche al logo confondendosi in una indistinta Sinistra Arcobaleno”.
Ombre pesantissime.
E a poco valgono le parole del ministro Mussi che incita
il “governo” che “deve durare, ma deve fare meglio di quanto ha fatto finora. Dobbiamo
ora spingere tutti insieme perchè faccia delle cose buone”. Ma la paura resta,
quella di aver fatto nascere non tanto una cosa rossa ma una cosa già bella che
morta.