La crisi dei mercati è la somma di tanti problemi che vanno risolti in fretta
12 Agosto 2011
I conoscitori più esperti dei mercati finanziari sapevano che, se un attacco speculativo doveva avvenire, questo sarebbe avvenuto in Agosto e, puntualmente, è avvenuto. Perché Agosto? Perché è proprio nel mezzo dell’estate, quando i mercati sono poco liquidi, che gli speculatori trovano terreno fertile per le loro azioni. Ma non è stato solo della variabile stagionale che gli investitori più spregiudicati si sono serviti per guadagnare. A questa si sono aggiunte l’andamento negativo delle varabili fondamentali di una economia mondiale che non riesce più a crescere ai tassi di una volta, la disoccupazione imperante che colpisce soprattutto i giovani, i quali, anche in una città storicamente immune dal problema occupazionale come New York, hanno alzato bandiera bianca ed hanno smesso di cercare lavoro, mettendosi in fila per richiedere sussidi alla disoccupazione.
Problema debito pubblico. Tutto è iniziato, lo sappiamo, con la Grecia, che per reperire i soldi necessari a ripagare il proprio debito è stata costretta ad intraprendere un percorso di rientro lacrime e sangue, fatto di tagli alla spesa pubblica, licenziamenti nella pubblica amministrazione, aumento delle tasse, fino ad arrivare alla messa in vendita del proprio patrimonio. A poco è servito il tentativo dell’Europa di salvare l’economia ellenica attraverso un fondo istituito ad hoc. A ruota, il contagio si è sparso ai paesi cosiddetti periferici, Irlanda, Portogallo e Spagna. Sempre con la solita dinamica: le agenzie di rating declassano il debito sovrano, il costo d’emissione dei titoli di debito pubblico aumenta per effetto dell’incremento dello spread con i bund tedeschi e dei credit default swap.
Questo crea un effetto panico sui mercati, per effetto del quale i ministri delle finanze sono costretti a promettere misure draconiane fatte di tagli alla spesa ed aumento di tasse, insomma politiche fiscali restrittive, l’esatto contrario di ciò che servirebbe per stimolare la crescita, ovvero taglio delle tasse e aumento degli investimenti statali. L’errore è stato quello di credere che fosse possibile migliorare nel breve periodo il rapporto debito/Pil attraverso politiche di miglioramento dei saldi di bilancio. Se ti poni l’obiettivo di ridurre il numeratore del rapporto attraverso tagli di spesa e aumento delle entrate devi sapere che questa politica ridurrà anche il denominatore. Pensare che la produzione possa aumentare in un sistema economico dove la pressione fiscale aumenta repentinamente è pura utopia.
Restava da chiarire il dubbio se l’Italia dovesse o meno essere annoverata tra i paesi periferici. Alla fine ci hanno pensato i mercati finanziari a dare il responso. Sì, l’Italia è da considerarsi paese periferico, e quindi deve subire la stessa sorte che hanno subito gli altri: aumento degli spread, Borsa di Milano colata a picco, in particolare per le perdite subite dai titoli bancari, che hanno bruciato in poche ore tutti i finanziamenti faticosamente raccolti per le necessarie attività di ricapitalizzazione, e necessità di un nuovo intervento correttivo sui conti pubblici, che si sta delineando in queste ore.
Lo scenario relativo alla crisi dei debiti sovrani è ulteriormente peggiorato nelle ultime settimane, quando anche gli Stati Uniti e, sembra, la Francia, si sono aggiunti alla lista dei paesi a rischio default. E questo è stato sufficiente per mandare di nuovo nel panico i mercati finanziari. Un conto è il rischio fallimento di un paese periferico, un altro quello della seconda potenza economica europea e della superpotenza americana.
Se oramai è evidente che nessun paese occidentale è immune dal rischio default, più difficile è capire quali saranno i prossimi sviluppi della crisi e, di conseguenza, quali saranno le azioni che i governi dovranno compiere. Errori ce ne sono stati tanti. Il primo, e più grave, è stato quello di non capire che la priorità andava data alla regolamentazione dei mercati finanziari prima ancora che alla sistemazione della finanza pubblica. Tutti i governi si sono precipitati a presentare manovre finanziarie draconiane, nel tentativo di convincere i mercati finanziari che il paese era finanziariamente solido. Con quali effetti? Esattamente gli opposti a quelli sperati: gli investitori non hanno creduto, o hanno fatto finta di non credere, alla validità delle manovre, hanno fatto crollare i listini azionari con ondate di vendite, con il risultato che le manovre finanziarie sono evaporate nel giro di pochi giorni dalla loro approvazione e nuove manovre correttive saranno necessarie. Un tempo si faceva una manovra finanziaria all’anno. Quest’anno siamo già alla seconda correzione straordinaria nel giro di due mesi, e ad ottobre dovrà essere presentata la terza.
Tutto il nuovo iter di bilancio introdotto dalla legge 196/2009 è completamente saltato e si lavora più sugli interventi straordinari che su quelli ordinari. Ma chi assicura che la prossima manovra correttiva, tanto per intenderci quella che è al vaglio del governo in queste ore, sarà l’ultima? Nessuno, perché se i mercati finanziari non la reputeranno sufficiente sarà necessario ricorrere a nuovi tagli di spesa e a nuove tasse. E così via. La strada non può essere questa perché non si può permettere che i mercati finanziari siano gli arbitri del destino economico dei paesi. Per questo è urgente imporre delle regole ferree al loro funzionamento. In primis, al rilascio di informazioni rilevanti come quelle delle agenzie di rating. Non deve più accadere che, a seguito di un annuncio di una di queste società, la cui reputazione è più volte stata messa in discussione, i mercati brucino miliardi di euro in pochi minuti. E’ necessario creare immediatamente una agenzia di rating europea, costituita da esperti di finanza pubblica, per contrastare l’oligopolio delle agenzie statunitensi. E’ necessario inasprire le pene detentive per chi compie operazioni di aggiotaggio ed insider trading. Speculatori che giocano con i destini di interi paesi non possono essere trattati con i guanti di velluto.
Per quanto riguarda la gestione della finanza pubblica, infine, diverse sono le misure da prendere in tempi brevi. E’ opportuno inserire al più presto in Costituzione la norma relativa al pareggio di bilancio sin dal prossimo anno. Sull’argomento maggioranza e opposizione sembrano per una volta d’accordo. Dovrebbe essere un buon segnale perché la riforma passi senza troppi indugi. Occorre poi proseguire nel taglio dei costi della politica, che non riguarda solo i parlamentari ma anche gli organi di supporto, ancora troppo costosi. E più che mai necessario liberalizzare i servizi e questa volta il Governo dovrà battere il pugno sul tavolo contro le lobby che diverse volte, non ultima durante il mese di Luglio, hanno ostacolato il percorso delle riforme.
Quanto all’introduzione di una patrimoniale, di cui si vocifera nelle ultime ore, bisogna essere coscienti che continuare ad aumentare le tasse significa portare l’economia ad una fase involutiva. Dal momento che il reddito non può più essere tassato, si pensa a tassare l’unica alternativa possibile, la ricchezza patrimoniale posseduta, presumibilmete quella dei più ricchi. Ma non può essere un ulteriore aumento delle tasse la soluzione di lungo periodo. Altrimenti, bisogna essere coscienti che l’economia italiana stagnerà ancora per diversi anni.