La crisi siriana, tra i veti incrociati di Russia e Cina e le tensioni in Libano
06 Febbraio 2012
Il fine settimana appena trascorso segna il punto forse più alto della repressione del regime di Assad sia in termini di vite umane sia per l’ampiezza della protesta, ormai estesasi a molte città. Le 350 vittime di Homs, che si aggiungono alle circa 14.000 dall’inizio del conflitto, fanno sì che le sorti della Siria diventino il crocevia della stabilità dell’intera regione.
Nel vicino Libano il leader della Forze Libanesi, Samir Geagea, uno dei leader politici libanesi che più ha condannato la violenta repressione del regime siriano ha manifestato le sue preoccupazioni sull’evolversi della crisi in atto. Il leader delle Forze Libanesi prevede per la Siria uno scenario assai differente dalle altre recenti rivoluzioni arabe e teme che il protrarsi degli scontri possa determinare una lunga e sanguinosa guerra civile.
Allo studio sembra anche esserci la creazione di una zona di sicurezza da realizzarsi al confine con la Turchia dove far rifugiare i militari che vogliono lasciare l’esercito di Assad. Di fatto l’esistenza di quest’area fornirebbe una garanzia in più ai militari ed andrebbe ad indebolire l’esercito di Assad. Sul fronte diplomatico invece permane la netta contrapposizione tra Stati Uniti, che per bocca del Presidente Obama hanno duramente condannato la repressione di Homs e Russia e Cina che proprio nel pomeriggio di sabato hanno posto nuovamente il veto ad una nuova risoluzione dell’Onu sulla questione siriana paralizzando di fatto il Consiglio di Sicurezza.
Tecnicamente però lo stallo determinatosi dalla posizione di Russia e Cina potrebbe essere superato mediante una votazione degli stati membri nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, bypassando di fatto il Consiglio di Sicurezza, come avvenne per la Guerra di Corea nel 1950.
In quella occasione infatti tramite la risoluzione ONU 377 del 3 novembre del 1950 l’Onu diede copertura giuridico-diplomatica alle ostilità già corso nella guerra di Corea. Di fatto la risoluzione 377 stabilisce che nel caso in cui il Consiglio di Sicurezza fosse impossibilitato ad agire per mantenere la pace a causa delle divergenze dei cinque membri permanenti, l’Assemblea Generale può tramite la Sessione Speciale di Emergenza scavalcare di fatto il Consiglio di Sicurezza.
Tale procedura è stata adottata anche per la crisi di Suez (1956), l’Ungheria (1956), il Congo (1960), l’Afghanistan (1980) e la Namibia (1981). La permanenza del regime di Assad, l’intensità della repressione e le implicazioni regionali saranno i fattori chiavi per capire se questa particolare procedura potrà essere adottata anche per la Siria.
Una caduta del regime di Assad, sempre secondo il leader delle Forze Libanesi, avrà inevitabilmente ricadute rilevanti in Libano, dove la coalizione del 14 Marzo potrà andare a rafforzarsi e ad aumentare l’azione politica a scapito di Hezbollah, alleato ancora sostanzialmente fedele ad Assad.
Il Partito di Dio, dopo aver recentemente protestato per la visita in Libano del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki – moon, si trova in questi giorni ad affrontare una serie di disordine in uno dei suoi quartieri roccaforte nella periferia Sud di Beirut, Dahyeh. Sembra infatti esser scoppiata una lotta per il controllo del territorio da parte di alcune famiglie non organiche al movimento sciita fatta di estorsione e minacce nei confronti dei titolai di bar, negozi e attività commerciali. Pagare una polizza assicurativa contro incendi, rapine e furti, in cambio di protezione, questo sembrerebbe essere il clima che si respira nella periferia Sud di Beirut. Una situazione questa che preoccupa lo stesso Segretario Generale di Hezbollah, Nasrallah, che non potendo direttamente fare intervenire le proprie milizie, con il rischio di alienarsi il sostegno dei potentati locali, ha chiesto un maggiore intervento da parte delle forze di sicurezza libanesi.
Per il momento però il leader delle Forze Libanesi preferirebbe un governo tecnico che si occupi delle esigenze della popolazione libanese piuttosto che uno stravolgimento del quadro politico con ondate di manifestazioni nelle strade. Nel frattempo Geagea sta profondamente ristrutturando il suo partito anche avvalendosi di preziosi contributi della società civile, del mondo intellettuale, religioso e della comunicazione per l’elaborazione di un nuovo manifesto programmatico per le Forze Libanesi. Elezione dal basso del Presidente del Partito e dei dirigenti, partecipazione delle donne e democrazia interna sono i tratti che stanno facendo delle Forze Libanesi il partito più democratico della regione.