La “cura Monti” ci renderà tutti più poveri e meno liberi

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La “cura Monti” ci renderà tutti più poveri e meno liberi

14 Dicembre 2011

Il Professor Monti ha senza dubbio ragione nel dire che se la politica fosse stata capace di fare quello che sta facendo lui non lo avrebbe chiamato, con i suoi colleghi, al capezzale della Repubblica. Ne ha forse un po’ meno nel giustificare la discutibile manovra economica che approderà nelle prossime ore nell’Aula di Montecitorio, affermando che lui sostanzialmente può fare quello che crede perché non dovrà risponderne al corpo elettorale. Strana concezione della democrazia quella del premier al quale sembra sfuggire che tutti i passaggi del governo devono essere condivisi dalla maggioranza parlamentare la quale, a scatola chiusa, gli ha dato la fiducia. Il solo fatto di averla ottenuta per Monti deve essere più che sufficiente ad autorizzarlo a dispiegare come meglio crede i suoi provvedimenti che dovranno essere certamente di "lacrime e sangue", ma non al punto di strozzare il Paese.

Purtroppo è proprio quello che sta facendo il presidente del Consiglio, insieme con ministri Fornero e Passera, nel più completo silenzio dei comprimari che gli tengono compagnia. La sola medicina di Monti sono le tasse. Ne ha escogitate una quantità impressionante. Le ultime non so se fanno più ridere o piangere. Una gabella dello 0,76% sulle case all’estero, già tassate nel Paese dove sono allocate; un prelievo di 34,2 euro sugli estratti dei conti correnti. Misure che danno il senso di una questua, più che di una manovra economico-finanziaria che dovrebbe contenere disposizioni strutturali permanenti. Una volta esaurita la spinta propulsiva di queste tasse e magari raggiunto il pareggio di bilancio (al quale si fatica a credere), azzerato insomma il debito pubblico (impresa che perfino gli Dèi scanserebbero, tanto è improba), dopo che si fa? Come si ricostruisce il Paese, sempre che nel frattempo l’euro si rinsaldi e l’Europa non deflagri?

Non essendoci un disegno di lungo termine nella prospettiva di Monti è più che probabile che nei prossimi anni si ripeterà il copione che è oggi alla nostra attenzione. Con una qualche preoccupazione in più: l’inimicizia tra gli Stati. È più che probabile, infatti, che il tentativo di germanizzare l’Europa fallirà e ciò comporterà la dissoluzione politica (se mai v’è stata) del Vecchio Continente. Oggi tutti parlano male di David Cameron e censurano la sua scelta "isolazionista". Mi sbaglierò, ma ho l’impressione che il premier britannico, come a suo tempo la signora Thatcher, abbia visto più lontano. Salvaguardare gli interessi nazionali, di fronte a questa Europa sgangherata, litigiosa, impolitica, dominata e soggiogata dai mercati dovrebbe essere l’imperativo primario di ogni Stato. Invece…

Dopo la "cura Monti" inevitabilmente saremo tutti più poveri. Anche i parlamentari, additati alla pubblica opinione da giornali cosiddetti "indipendenti", quelli che non percepiscono contributi diretti, ma soltanto provvidenze indirette e che si guardano bene dal menzionarle, magari di sfuggita, come affamatori del popolo, profittatori di regime, feccia dell’umanità insomma, pagheranno salato in proporzione dei sacrifici che vengono chiesti a tutti gli altri cittadini. Speriamo che su tutti i dirigenti dello Stato e sugli amministratori delle aziende pubbliche cali la mannaia che si appresta a tagliare i cosiddetti costi della politica, cresciuti, guarda caso, grazie alle spericolate manovre del grande partito della spesa pubblica i cui eredi sono oggi gli sponsor più entusiasti (ipocritamente entusiasti) di Monti.

Più poveri tutti e tutti meno liberi.

Infatti, mentre facciamo i conti con i portafogli che si svuotano e senza la speranza che il Paese cresca perché nel suo furore fiscale (ha parlato addirittura di un "fisco amico" il professor Monti, con raro sprezzo del ridicolo) il governo ha dimenticato misure di sviluppo ma in compenso ha messo in campo un altro provvedimento, assai poco sottolineato, che avrà un impatto civile e morale, mentre non servirà affatto a stanare gli evasori.

Si tratta dell’addio al segreto bancario contenuto nel decreto. All’articolo 11, infatti, sotto il titolo sibillino "Emersione di base imponibile", si nasconde l’intendimento dell’esecutivo di ingerirsi nei conti correnti bancari e negli investimenti azionari di noi comuni mortali, prevedendo che tutti i movimenti finiscano nel database del Fisco.

Insomma, l’estratto che chiediamo allo sportello o ci facciamo arrivare a casa sarà, dal primo gennaio del prossimo anno, a disposizione dell’amministrazione fiscale e, dunque, pubblico. Con il ché possiamo mestamente salutare la riservatezza bancaria, uno dei capisaldi del sistema liberale, che, detto incidentalmente, non è stato violato neppure dal fascismo che avrebbe avuto tutti in mezzi ed i modi per farlo. Ma oggi, come si sa, domina il Grande Fratello ed i tecnici della presunta lotta all’evasione fiscale, i cui poco brillanti risultati sono sotto gli occhi ognuno, non hanno dovuto penare molto sui testi di diritto tributario per mettere in piedi il marchingegno alquanto ignobile. Gli è bastato leggere qualche pagina di Georges Orwell nelle quali preconizzava uno stato di polizia occhiuto e curioso al punto di abolire qualsiasi forma di vita intima.

È pur vero che siamo già tutti spiati in vario modo, ma a profanare la custodia di ciò che legalmente viene risparmiato dai cittadini e che lecitamente vorrebbero preservarlo anche al fine di non attizzare impropri appetiti sia da parte del fisco che di altri poteri, nessuno poteva immaginare che ci si arrivasse.

Si dice che si è stati obbligati all’adozione dell’odiosa misura per combattere efficacemente gli evasori. Ma chi può credere ad una così misera giustificazione? È dal 2005 che gli istituti di credito segnalano all’Anagrafe dei conti correnti gli estremi dei nuovi rapporti che vengono instaurati e di quelli che cessano. Non sembra che i risultati siano stati particolarmente soddisfacenti. Dopo l’approvazione della norma tutti i movimenti bancari, a qualsiasi titoli effettuati e da chiunque, perfino dal più onesto dei contribuenti, sarà soggetto ad intromissione da parte dello Stato il quale non è obbligato a fornire alcuna motivazione né alla banca, né tantomeno al soggetto del quale si interessa.

Questa violazione della libertà è francamente insopportabile e, probabilmente, anche incostituzionale. Non tutto può essere legalizzato in nome dell’emergenza. Tanto meno qualcosa assomiglia all’intrusione nelle vite degli altri che, in democrazia, hanno tutto il diritto di essere tutelate. Se così non fosse, la cancellazione del segreto bancario per analogia legittimerebbe anche altre forme di violazione della privacy poiché tutti sappiamo che non ci vuole niente per inventarsi una qualche ragione che giustifichi la sospensione di determinate garanzie civili.

Non so chi abbia partorito una simile sciagurata normativa, ma se i partiti l’avalleranno se ne faranno complici e prima o poi saranno chiamati a risponderne davanti agli elettori.

È questo il risultato dell’avvento degli oligarchi a cui la politica incapace ha affidato i destini della Repubblica riconoscendosi impotente a fronteggiare la crisi. Come la politica stessa riuscirà a riprendersi ciò che ha stupidamente ceduto è un mistero che al momento nessuno è in grado di risolvere.