La debàcle di Sel conferma che il vendolismo è solo quello di Vendola

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La debàcle di Sel conferma che il vendolismo è solo quello di Vendola

24 Gennaio 2011

Stavolta le primarie il Pd le ha fatte e le ha vinte. Le consultazioni interne al centrosinistra a Bologna e Napoli per la scelta del candidato sindaco in vista delle amministrative di primavera, hanno premiato Virginio Merola, sotto le Due Torri, con il 58,35% dei consensi (16.407 voti), e il bassoliniano europarlamentare Pd Andrea Cozzolino nel capoluogo partenopeo, con il 37,3% delle preferenze (16.358 voti) e con circa 1200 voti di scarto sul suo principale avversario Umberto Ranieri, secondo con 15.137 (34,6%). In entrambe le città ha vinto però soprattutto l’affluenza al voto, un dato che soprattutto a Napoli ha scatenato polemiche e accuse di presunti brogli dovuti al successo inaspettato di Cozzolino in alcuni quartieri ai danni dello sfidante Ranieri.

A Bologna in particolare dove anche all’interno del Pd stesso si temeva per una scarsa affluenza, paventando il flop delle primarie, si è registrata una partecipazione alle consultazioni, oltre ogni aspettativa, di 28.390 cittadini. Un dato superiore perfino a quello che incoronò candidato sindaco Flavio Delbono (circa 25.000 votanti), eletto sindaco e poi dimessosi l’anno scorso in seguito alle note vicende giudiziarie. Condannati invece ad una sconfitta senza appello i candidati vendoliani di Sel. A Bologna infatti la candidata vendoliana e prodiana Amelia Frascaroli ha ottenuto il 35,99% dei consensi (poco più di 10.000 voti) mentre a Napoli Libero Mancuso ha guadagnato il 15,8% delle preferenze (poco meno di 7.000 voti).

I dati e gli scenari politici che emergono dalle primarie del Pd a Bologna sono molteplici e segnalano una stretta inerenza e un evidente legame tra complicate vicende nazionali e locali al tempo stesso sia sul piano delle alleanze che sul piano dei programmi. Infatti, se da un lato i dirigenti nazionali, Bersani e D’Alema in primis, saranno portati a considerare, anche alla luce dell’esperienza bolognese, le primarie quale metodo valido di selezione della propria classe dirigente, a livello locale – invece – il candidato vincente Merola e i dirigenti del partito hanno già indicato nel successo delle primarie del capoluogo emiliano, un esempio e un possibile modello da seguire per tentare di far uscire il Pd dalla crisi evidente d’identità politica nel rapporto con le altre forze d’opposizione, e dalle faide interne lo stanno attraversando in questi mesi.

L’esito delle primarie è stato accompagnato dai proclami retorici del candidato vincente Merola, il quale commentando a caldo il risultato ha affermato che “è arrivata la primavera di Bologna”, mentre i dirigenti locali del Pd  a partire dal segretario, Donini, hanno manifestato facili entusiasmi a proposito della legittimazione popolare e del rafforzamento politico del Pd nel contesto cittadino, peraltro mai venuti meno. Tuttavia, l’autocelebrazione politica in atto nella città, roccaforte storica del “potere rosso” quasi mai intaccato, e simbolo negli anni della Prima Repubblica di un modello di governo (quello del Pci) alternativo a quello nazionale (tradizionalmente democristiano), nasconde in realtà una debolezza ed un’autoreferenzialità strutturale del Pd a Bologna. Ne sono dimostrazioni in questo senso la mancanza di una reale autocritica da parte della classe dirigente per avere condannato la città alla paralisi politica-amministrativa, con l’avvento nel febbraio 2010 di un Commissario straordinario, in seguito alle dimissioni anticipate del sindaco Delbono.

Il vero dato politico che le primarie hanno certificato è quindi duplice. La vittoria del candidato d’apparato, Merola, ex Pci-Pds-Ds, ex assessore all’Urbanistica nella Giunta Cofferati dal 2004 al 2009, ed ora presidente del Consiglio provinciale, rappresenta più che una novità, l’assoluta continuità in termini proposta e di gestione amministrativa di un sistema di potere politico-economico che da oltre sessant’anni in questa città, detiene l’egemonia culturale e politica. L’altro dato che s’impone e che dovrà far riflettere il Pd a livello nazionale, è che almeno per quanto riguarda le primarie a Bologna e Napoli, i candidati vendoliani di Sel, hanno subito una significativa battuta d’arresto in termini politico-elettorali contribuendo forse a complicare ulteriormente il cammino verso la leadership della sinistra intrapreso apertamente in questi ultimi mesi dal presidente della Regione Puglia e di Sel, Nichi Vendola.

Questo a riprova del fatto che se da un lato Vendola si presenta come un leader forte, i suoi candidati a livello locale non hanno il suo stesso appeal politico e risultano perdenti. La celebrazione delle primarie e l’individuazione del candidato sindaco su Merola, hanno introdotto un elemento di chiarificazione nel quadro politico bolognese in vista delle amministrative, (ri)aprendo e accelerando di fatto il confronto in corso sul fronte politico opposto, il centrodestra, alla ricerca di un candidato in grado di competere e di (ri)conquistare il governo della città, dopo la parentesi quinquennale del sindaco civico Giorgio Guazzaloca.

Lo dimostra il fatto che Daniele Corticelli, ex guazzalochiano, ora presidente del movimento civico “Bologna Capitale” ha già annunciato la propria candidatura a sindaco e altri come Stefano Aldrovandi, guazzalochiano ed ex amministratore delegato di HERA SpA, multiutility dei servizi pubblici in Emilia-Romagna, ha manifestato disponibilità a presentare la propria candidatura, incontrando l’interessamento di Udc, Fli e Api. Il Pdl e la Lega Nord, invece, non hanno ancora sciolto le proprie riserve, anche se sulla stampa locale si riportano notizie, considerate fondate, di corteggiamenti politici provenienti dai vertici nazionali del Pdl nei confronti di Annamaria Cancellieri, attuale Commissario straordinario, affinché scenda in campo come candidato sindaco civico sostenuto da Pdl, Lega e possibilmente anche dal Terzo polo, anche se la diretta interessata per ora ufficialmente ha sempre declinato l’invito.

La partita per la conquista di Palazzo d’Accursio è dunque aperta, ancora tutta da giocare, e in questo contesto l’ipotesi di vittoria per il centrodestra non è affatto esclusa, anzi è possibile a patto che Pdl e Lega Nord siano in grado di fare sintesi, aggregando e raccogliendo consensi al di là degli schieramenti partitici tradizionali di riferimento ed entrando in sintonia coi reali problemi e con le vere urgenze di una città che da troppo tempo attende risposte concrete da un’amministrazione capace di affrontare le sfide dello sviluppo, ricominciare a progettare il futuro e servire il bene comune della città.