La diaspora degli ex (fascisti)
22 Febbraio 2009
Per il composito universo del neofascismo, i primi mesi post Liberazione sono a dir poco complessi. A parte il discorso legato alla rinascita di una forza partitica che mettesse ordine fra le costellazioni di gruppi e personalità uscite dalla sconfitta del regime e poi della coda di Salò, c’era il problema di ridare visibilità e pubblica voce a quanto si agitava nel mondo degli ex. In quella situazione, “alcuni giornalisti di scarso peso specifico nella stampa del ventennio” – scrive Giuseppe Pardini, autore del saggio “Fascisti in democrazia” da poco pubblicato per i tipi delle Lettere – “cercarono, in mezzo a notevoli difficoltà civili e finanziarie, di riprendere un discorso politico quanto più in continuità con il passato, o per lo meno senza un rinnegamento palese di vicende, idee, istituzioni per le quali avevano lavorato e combattuto”.
Perlopiù, non erano figure di spicco. Anzi, si potevano definire uomini nuovi; dunque, erano meno attaccabili e la loro azione più difficile da contrastare. Nel gran numero di periodici del tempo, Pardini sceglie di soffermarsi su testate diversamente esemplari e rappresentative: “La rivolta ideale” (1946-53), “Asso di bastoni” (1948-57) e “Brancaleone” (1946-53). Si tratta di giornali nient’affatto clandestini, di buona tiratura e dalle vendite comunque superiore alle dieci-quindicimila copie a numero. Il primo è il settimanale che più da vicino fiancheggerà la nascita del Movimento sociale italiano. Il suo direttore, Giovanni Tonelli, fa parte del “cosiddetto ‘senato’, cioè di quel circolo di personalità ex fasciste che sovrintendeva, in qualche maniera, al controllo politico e organizzativo del neofascismo”. Interlocutore privilegiato e ascoltato dei vari Pino Romualdi, Concetto Pettinato e Arturo Michelini, che sarebbero poi stati i padri fondatori della Fiamma. Meno allineato, “Asso di bastoni”, espressione dell’ala sinistra dei reduci mussoliniani, avversario dei moderati e molto, molto identitario. Sulla sponda opposta, l’ultima rivista, il foglio editorialmente di maggior successo, che prende le distanze dai missini per sostenere in chiave anticomunista la diccì e il suo leader, Alcide De Gasperi.
Il libro di Pardini analizza una diaspora, descrive le molte anime all’interno del reducismo mussoliniano e racconta di come un po’ tutte le forze antifasciste facessero campagna acquisti fra i nostalgici. Dando una definitiva e argomentata conferma di “quanto la diaspora neofascista fosse impossibile da evitare, all’indomani della liberazione, in quanto il fascismo doveva essere interpretato come un vero e proprio sistema politico, al cui interno interagivano posizioni, idee, programmi, diversi, quando anche non opposti”.
Giuseppe Pardini, “Fascisti in democrazia. Uomini, idee, giornali (1946-1958)”, Le Lettere, pagine 194, euro 18,00.