
La digitalizzazione dei beni culturali non è più rinviabile

07 Giugno 2022
La digitalizzazione, pilatro del Pnrr, coinvolge anche il mondo dei beni culturali. Il governo, infatti, implementerà diverse novità grazie al Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale.
Cosa implica il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale
La licenza d’uso, innanzitutto, sostituirà l’autorizzazione all’uso delle immagini. Non verrà quindi applicato il copyright. Inoltre, i servizi digitali potranno essere oggetto di concessione o di utilizzo in virtù di partenariati pubblico-privato. Arriveranno a breve, invece, le norme inerenti allo sfruttamento dei prodotti digitali Nft.
Il Piano mette nero su bianco le condizioni per nuove professionalità digitali: digital curator, cultural project manager ed economisti della cultura. Non sono previste assunzioni immediate, per cui si rimanda a successivi bandi di concorso per l’ingresso nel MiC. In accordo con il Ministro dell’Università, verranno erogate borse di dottorato di ricerca finanziate dal Pnrr.
Creare un ecosistema digitale dei beni culturali
Laura Moro, direttrice della Digital Library del MiC, ha affermato che l’obiettivo complessivo delle proposte è creare un ecosistema. “I percorsi di attuazione – spiega – sono tre: il primo viene svolto a livello centrale, il secondo nelle articolazioni del patrimonio del MiC e il terzo viene attuato nei singoli luoghi della cultura”.
“L’applicazione avverrà secondo due modelli: l’aggregazione e la federazione”. Questa scelta dipenderà dai diversi livelli di maturità digitale. Le istituzioni mature, già avviate nel proprio percorso di transizione digitale, “sono pronte per essere federate a un hub nazionale fatto da un’infrastruttura informatica, regole, policy, software e servizi”. Le strutture che non sono ancora arrivate a questo punto non sono penalizzate: potranno aggregarsi all’hub nazionale.
Innovare i modelli di business
Il percorso di innovazione dei modelli di business, che coinvolge i privati, è ormai solo da attuare. In base ai diversi profili degli operatori e all’utilizzo dei dati ne sono stati immaginati quattro. L’obiettivo non è eliminare tout-court l’impianto odierno di finanziamento, bensì aprire un nuovo canale di ricavi grazie al digitale e offrire un’esperienza più completa al visitatore.
Il primo permetterà ad operatori e aziende di usufruire del vasto patrimonio culturale italiano.
Il secondo modello prevede un contributo attivo di imprese e terzo settore. Sulla base dei dati disponibili, verranno creati dei contenuti che accrescano il valore culturale.
Il terzo, invece, ha l’obiettivo di incidere dal punto di vista economico. C’è, quindi, un’apertura verso le imprese culturali e creative per andare incontro a nuovi modelli di business e nuovi servizi. Questa componente dovrebbe essere operativa tra circa un anno.
Nel quarto modello di business, infine, “si mette al centro l’esperienza dell’utente/visitatore finale prima, durante e dopo la visita”, argomenta Moro.
L’importanza del ticketing online
Le visite virtuali e i servizi digitali forniti dai musei devono essere economicamente sostenibili. Al momento, non esiste una piattaforma di ticketing online per i musei. È una cosa impensabile nel 2022, oltre che essere una causa di minori introiti. La direttrice della Digital Library ha spiegato che è opportuno “ragionare per gradi”. Prima è necessario mettere a disposizione i contenuti per la creazione di servizi, poi creare un market place e, infine, realizzare piattaforme proprietarie fondamentali per monetizzare i servizi offerti.