La Farnesina media per i 4 italiani ma in Libia la stampa è nel mirino
25 Agosto 2011
I quattro reporter italiani presi in ostaggio a Tripoli, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera, Domenico Quirico della Stampa e Claudio Monici di Avvenire, stanno bene e sarebbero prigionieri in un appartamento della capitale. Sono stati rapiti ieri mattina da un gruppo di civili armati che li ha "passati" alle truppe lealista; derubati, picchiati, ora aspettano che i canali utili per la soluzione della vicenda aperti dalla Farnesina producano dei risultati.
"E’ l’ennesimo crimine di Gheddafi," dice il portavoce italiano di Amnesty International, spiegando che si tratta della "ennesima conferma che per Gheddafi non possa esserci nessuna impunità o immunità ma solo un processo per crimini contro l’umanità" e giudicando inaccettabile il sequestro dei colleghi. Ma in realtà in Libia a finire nel mirino dei fedelissimi del Rais sono stati soprattutto loro, i giornalisti, come i 35 reporter che ad un certo punto hanno capito di essere stati fatti prigionieri nel lussuoso hotel Rixos, diventando la grancassa del redivivo Seif, prima di essere altrettanto misteriosamente liberati.
Uno di loro, in forze alla BBC, ha raccontato che né la stampa né gli uomini del Colonnello si aspettavano che la città cadesse tanto rapidamente: "Un miliziano è scoppiato a piangere quando ha capito che il regime era finito. Ora ha paura per la sua vita. È convinto che i ribelli lo uccideranno".
Si terrà il primo settembre la Conferenza internazionale sulla Libia a Parigi. Lo ha annunciato il presidente francese, Nicolas Sarkozy, al termine del suo incontro con il capo del governo del Cnt Mahmoud Jibril. "Siamo disposti a continuare l’intervento militare seguendo le indicazioni dell’Onu fino a quando i nostri amici libici ne avranno bisogno", ha detto Sarkozy, assicurando inoltre che "lavoriamo per la democrazia della Libia".
I ribelli di Bengasi sono sempre più in controllo della città di Tripoli e della Libia. Secondo Abdullah Abu Afra, colonello nelle fila dei ribelli, avrebbe annunciato alla tv panaraba al-Jazeera che circa "il 95% del territorio libico" sarebbe oggi "sotto il controllo dei ribelli". Il colonello Abu Afra avrebbe dichiarato inoltre che "chi controlla la Libia è chi controlla Bab al-Aziziya" con un chiaro riferimento alla presa della fortezza di Gheddafi da parte dei rivoltosi.
Il Colonnello, che nella notte di ieri con dei messaggi audio spiegava al popolo libico di aver fatto una passeggiata in incognito per Tripoli e aver invitato i libici a “ripulire” la città dagli insorti, non avrebbe lasciato la Libia secondo Washington. Questa la dichiarazione del portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, nel pomeriggio di oggi.
Mentre la battaglia imperversa ancora per le vie di Tripoli (alcuni report dalla capitale libica parlano di un attacco da parte lealisti al compound dove Gheddafi si era rifugiato in questi mesi e conquistato due giorni fa dai ribelli), a livello internazionale, anche i paesi più scettici, hanno iniziato a prendere atto del mutato quadro, a partire dalla Cina.
Le autorità cinesi si sono rivolte infatti all’opposizione libica, chiedendo uno "stabile passaggio dei poteri", e con cio’ prendendo le distanze dal regime del rais sull’orlo del collasso dopo l’ingresso dei ribelli a Tripoli. Pechino, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Ma Zhaoxu in un comunicato, "rispetta le scelte del popolo libico e si augura uno stabile passaggio dei poteri". "Abbiamo sempre considerato importante il ruolo del Consiglio Nazionale di transizione e siamo in contatto con loro", ha aggiunto il portavoce.
Pechino ha avuto intense relazioni con il governo di Muammar Gheddafi e in febbraio, quando è esplosa la ribellione, oltre 35mila cinesi lavoravano in Libia, in maggioranza nel settore del petrolio e nelle infrastrutture. Pechino critico’ i raid aerei della Nato in appoggio alle forze anti-Gheddafi, ma si astenne all’epoca del voto in sede di Consiglio di Sicurezza Onu sulla risoluzione che ha autorizzato l’intervento militare, rinunciando di fatto a esercitare il suo diritto di veto.
L’altro grande scettico sull’intervento in Libia, la Russia, inizia ad avere un atteggiamento più morbido e aperturista nei confronti delle forze ribelli, benché la barra della diplomazia russa sia sempre più spostata verso un’uscita di scena del rais in modo pilotato. A questo proposito, il presidente russo Dmitri Medvedev ha esortato Gheddafi e i ribelli ad avviare negoziati. “A dispetto dei successi degli insorti”, Medvedev è sicuro che il Rais “ha ancora qualche influenza nel Paese”. Poi ha aggiunto che “se gli insorti avranno la forza sufficiente per consolidare il Paese su nuove basi democratiche, noi certamente esamineremo la possibilità di stabilire appropriate relazioni con loro”.
Sul terreno, la Cnn avrebbe ricevuto da fonti Nato, l’informazione che forze speciali francesi, britanniche e quatariane sarebbero impegnate sul territorio libico. Mentre il portavoce del Quai d’Orsay, il ministero degli esteri francese, Bernardo Valero, avrebbe dichiarato che "la Francia sta lavorando assieme ai suoi partner nella direzione di una nuova risoluzione Onu".
Anche la Gran Gretagna ha chiesto una risoluzione all’Onu per lo sblocco a vantaggio dei ribelli di tutto o parte dei 12 miliardi di sterline di beni libici congelati oltremanica. “Siamo sempre stati chiari che quando sarebbe venuto il momento i beni libici congelati sarebbero dovuti tornare a vantaggio del popolo libico”, ha detto una fonte del Foreign Office. Molto più esplicito il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico, Mustafa Abdel Jalil, che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “Tra otto mesi si terranno le elezioni legislative, parlamentari e presidenziali”, sottolineando come “Vogliamo un governo democratico e una Costituzione giusta. Soprattutto non vogliamo più essere isolati dal mondo come lo siamo stati finora”.
La cronaca intanto parla di continui scontri. Intensi scontri tra ribelli e forze fedeli a Muammar Gheddafi sono in corso a sud di Tripoli. Lo riferisce la Bbc, che cita fonti degli insorti, secondo le quali proprio in quell’area potrebbe nascondersi il colonnello. Anche nella città di Zuwara, nella Libia nordoccidentale a 60 km dal confine con la Tunisia, scontri tra lealisti e ribelli si sono succeduti durante tutta la giornata.
Mentre gli Stati Uniti chiedono all’Onu lo scongelamento di 1,5 miliardi in asset congelati a favore dei ribelli e il Pentagono conferma che le ‘armi di distruzione di massa’ presuntamente presenti nella capitale libica sarebbero state messe al sicuro, Mahmoud Jibril, capo dell’ufficio esecutivo del Cnt. Jibril, ha annunciato l’instaurazione di una Commissione Suprema per la Sicurezza, con l’obiettivo di mantenere l’ordine nella capitale. Richiamato dalla radio dei ribelli, Jibril ha aggiunto che l’organismo sarà composto da ufficiali dell’esercito e da alcuni civili e sarà operativo sin da questa notte.
Il leader del Cnt, attualmente a Doha per un incontro con esponenti della comunità internazionale, volerà in serata a Parigi e domani sarà a Milano per un colloquio con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Dall’Italia il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nega la possibilità dell’invio di soldati italiani sul territorio libico qualora una forza di stabilizzazione dovesse essere messa in campo.