La fatwa di Lerner
03 Marzo 2020
Grazie Gad. L’attacco ad personam, anche piuttosto brutale, da ricordare i tempi del quotidiano «Lotta continua», contro uno studioso mite, ironico e autoironico come Yoram Hazony, descritto come un «cattivo maestro», «delirante» (anche se a dire il vero questi termini appaiono solo nel titolo), amato più da nazisti ed antisemiti che dagli ebrei, ci fa molto piacere, pur disgustandoci. E ci fa piacere perché vuol dire che Le virtù del nazionalismo, il libro da bruciare, è un’opera che circola e che impaurisce, soprattutto determinati ambienti (vedremo poi quali). E ci fa piacere perché siamo stati i primi in assoluto sulla stampa italiana (sul «Giornale») e forse anche su quella europea, a parlare di questo libro, quando uscì in edizione originale nel 2016. Non siamo quindi tra i recensori «copia e incolla» (tipo alcuni noti collaboratori di «Repubblica»?) degli «uffici stampa» che «non hanno letto il libro».
Il libro lo conosciamo bene: e ci sembra che le argomentazioni di Lerner siano del tutte pretestuose. Non ci avventuriamo nell’esegesi biblica, di cui però neppure Lerner ci sembra un maestro, mentre Hazony ne è un rinomato studioso. Possiamo però dire che sull’interpretazione dello scoppio delle due guerre mondiali la lettura di Hazony (scontro tra imperi e meno tra nazioni) è molto più verosimile e soprattuto molto più aggiornata alla luce degli studi internazionali, mentre la storia di Lerner sembra rimasta ferma ai manuali marxisti-leninisti alla Camera-Fiabetti, che spiegavano la storia del Novecento come scontro tra il male dei «nazionalismi» e il bene dell’antifascismo. Che poi quest’ultimo fosse la costruzione di un imperialismo che tutto puntava sul nazionalismo come l’URSS, si dimentica di dire…Altrettanto risibile la demonizzazione lerneriana della critica alla Unione europea: ma significativa di un clima, in cui più gli euristi stanno perdendo terreno (la Brexit è stata un brutto colpo, ma fosse solo quello) più diventano fanatici nel ripetere e imporre le loro litanie; e soprattutto nell’impedire di parlare agli altri.
Ma la fatwa di Lerner possiede altre due chiavi di lettura. Una è l’insistenza con cui si rivolge a Giorgia Meloni, ospite della Conferenza National Conservatism svoltasi a Roma il 4 febbraio, organizzata anche da Hazony. Come da recente strategia di «Repubblica», descrivere una Meloni buona contro un Salvini cattivo, Lerner sembra dirle, «cara Giorgia, vedi un po’ con chi ti accompagni questi ebrei antisemiti studiosi della Torah, amici di Bibi, questi omofobi che invitano un sacco di gay dichiarati a parlare. Prendi le distanze, vieni con noi, guarda Renata Polverini che percorso, che evoluzione!». L’altra chiave di lettura va inserita nella discussione interna alla Comunità ebraica italiana. La edizione italiana del libro, non presso una casa editrice neo nazista ma da un prestigioso editore come «Guerini e associati», è stata promossa dal suo traduttore, Vittorio Robiati Bendaud, filosofo politico e figura ben nota e autorevole della comunità ebraica milanese e non solo di quella. Insomma, è evidente come vi sia in atto uno scontro in quelle comunità tra una sinistra e una destra. Non essendo ebreo e conoscendo poco o nulla il dibattito, non mi ci soffermo, ma il dato è indubbiamente questo. Alla fine comunque, non fosse per gli attacchi sgradevoli all’amico Hazony, il paginone di Lerner non ci dispiace: vuol dire che, oltre ad Hazony, anche quelli che tra di noi (con Francesco Giubilei e «Nazione futura») hanno fornito un contributo alla Conferenza romana del 4 marzo, un sasso nello stagno l’hanno gettato. E gli schizzi d’acqua sono arrivati a colpire qualcuno.