La Finanziaria passa ma è guerra tra Prodi e il Cav.
16 Novembre 2007
di redazione
La Finanziaria passa a Palazzo Madama ma il duello a distanza tra il Prof. e il Cav. sembra non placarsi. Con il leader di Fi Berlusconi che senza mezzi termini parla di “implosione della maggioranza”.
Il via libera parlamentare alla manovra dà la carica al presidente del Consiglio che ha come primo pensiero, appena incrocia i giornalisti, quello di chiedere al suo eterno rivale di riconoscere pubblicamente di «avere sbagliato» profetizzando una «spallata» che alla prova dei fatti non c’è stata.
Anzi, il voto a Palazzo Madama consegna «intatta» la maggioranza, rivendica il presidente del Consiglio, come il giorno dopo le elezioni.
Ma l’ex premier proprio non ci sta e replica immediatamente: «L’attesa e prevista implosione del centrosinistra si è verificata. Le dichiarazioni del presidente Dini e del senatore Bordon hanno sancito la fine di questa maggioranza e di questo governo».
Prodi reagisce in tempo reale non solo garantendo che i frutti del buon governo arriveranno presto ma anche avvertendo che i «conti si fanno a fine legislatura». Berlusconi ribatte confermando la «chiamata alle armi» di tutti i cittadini per esprimere, con una forma, la sfiducia e la loro «indignazione» verso l’Esecutivo.
E il Professore chiude questo gioco a distanza invitando la destra a «fare un esame di coscienza, a fare i conti con una strategia sbagliata, tutta puntata sulla spallata, su conti sbagliati e senza dare risposte sui contenuti».
La notizia è arrivata ieri intorno alle 23. Il Senato ha approvato il bilancio così come corretto dalle due note di variazione che recepiscono le modifiche introdotte durante l’iter a Palazzo Madama al decreto collegato e alla legge Finanziaria.
I voti favorevoli sono stati 162, i contrari 154. Il Senato ha terminato il proprio iter di approvazione, ora la manovra passa alla Camera.
Il primo a esultare è stato il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, che ha definito “eccellente” il passaggio della Finanziaria al Senato. Il ministro si è detto «molto contento del voto e della Finanziaria che è ottima». Contento anche «del fatto che non sia stato necessario mettere la fiducia e dei contributi che sono arrivati dai lavori del Senato». «Questo secondo passaggio – conclude il ministro – dopo quello dell’anno scorso è eccellente».
E veniamo a Lamberto Dini. Parla per ultimo, stretto tra Willer Bordon e Natale D’Amico come a suggellare simbolicamente la nascita di una nuova formazione politica che punta a diventare l’ago della bilancia dei fragili equilibri della maggioranza. Insomma, Dini non abbandona Prodi, ma da oggi lavora ufficialmente per «superare rapidamente l’attuale quadro politico perché il governo non appare adatto a realizzare le politiche necessarie ad invertire la tendenza al declino economico e civile del paese».
Guardato a vista dall’Unione, temuto dal premier Romano Prodi, corteggiato fino all’ultimo dal Cavaliere, Dini alla fine pronuncia il suo sì condizionato e detta le sue condizioni per tenere in vita il governo.
La politica delle “mani libere” è in atto da due mesi, dice l’ex presidente del Consiglio, ma da oggi la forza cambia perché “Lambertow” non sarà più, al Senato, con la sua pattuglia formata da Natale D’Amico e Giuseppe Scalera, ma al suo fianco ci saranno subito il duo di Unione dei Democratici Willer Bordon e Roberto Manzione, ma anche il «Senador» Luigi Pallaro, e in prospettiva anche l’Udeur e forse persino pezzi di Cdl se, come si vocifera a Palazzo Madama, il senatore Udc Mario Baccini guarderebbe alla nuova formazione. «Decideremo volta per volta – è la linea di Dini – e li voteremo se rispettano i principi liberaldemocratici».
In particolare l’imminente minaccia è il voto sul protocollo sul welfare: «Se va oltre quanto concordato il nostro voto sarebbe negativo». Per questa volta, quindi, avverte l’ex direttore generale di Bankitalia, il governo è salvo «per etica della responsabilità», anche se «l’etica dei principi – distingue Dini nella sua dichiarazione di voto finale – ci farebbe propendere per un giudizio negativo».
Dini dà ufficialmente il via ai nuovi scenari del post finanziaria, ipotizzati da tutti ma con esiti ancora incerti. Prospettiva che Prodi si è affrettato a negare subito dopo il voto del Senato sottolineando che oggi «c’è una nmaggioranza parlamentare e politica identica a quella del giorno dopo le elezioni».