La fine di ‘Futuro e Libertà’ sta anche in quel peto antisemita di Granata

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La fine di ‘Futuro e Libertà’ sta anche in quel peto antisemita di Granata

16 Maggio 2012

Di fuffa anti-semitica, delle accuse del sangue, di lobby degli ebrei, di tutta questa paccottiglia anti-ebraica è purtroppo ancora pieno il mondo. La politica occidentale, quella istituzionalizzata, di governo, sembra essersene scrollata, almeno pubblicamente.

Ormai solo le estreme, dalle sinistre anti-sioniste e antisemite passando per l’invisibile semicerchio parlamentare fino alle destre fasce-naziste, agitano ancora il vessillo logoro dell’odio dell’ebreo, tanto nella declinazione del sionista capitalista-oppressore di popoli (la Sinistra) quanto nella sua categorizzazione antropologica e genetica (la Destra).

Certo, l’odio dell’ebreo resiste nelle nostre società politiche – è amara constatazione e montante nelle comunità islamiche europee – ma rimane strumento propagandistico circoscritto dentro una cultura di retroguardia, marginale, per il momento con poco seguito elettorale. Ciò non toglie, però, che riaffiori talvolta anche in partiti istituzionali, certo non con dichiarazioni veementi, magari mitigate da noti incipit imbonitori “ho molti amici ebrei…” (dice qualcosa?).

Caso ha voluto che, come per contrappasso, il rigurgito sia riapparso proprio nella culla della presunta Destra italiana Républicaine: Futuro e Libertà. Loro i conservatori perbene, al passo con i tempi, i pro ius soli, i pro-abortisti, i pro-gay, insomma la Destra alla Sarkozy (sic transit gloria mundi, è proprio il caso di dire).

I fatti. L’altro ieri tale Giovanni Ceccaroni, immaginiamo giovane uomo vicino alle posizioni di Fli, con un commento su Facebook, si è incastrato nella denuncia della cupola ebraica italiana, suggerendo sul noto social network che la comunità degli italiani ebrei è in realtà una potente lobby che va contro gli interessi del nostro Paese.

Ceccaroni è stato subito redarguito con commenti non teneri dai membri del suo giro faisbucchiano per quell’uscita dal sapore vagamente nostalgico. Nulla però avrebbe fatto pensare al piccolo colpo di teatro che di lì a poco si sarebbe manifestato: in soccorso del giovane uomo complottista è arrivata nientemeno che la cavalleria ideologica del deputato Fli, Fabio Granata, uno degli alfieri di Gianfranco Fini, assieme a Flavia Perina e Italo Bocchino. Il deputato fiellino s’è messo d’impegno per fornire il proprio soccorso futurista, una sorta di Soccorso Nero.

Queste alcune delle parole di Granata: “… fa’ sorridere leggere di richiesta di provvedimenti contro Ceccaroni o altri ragazzi attraverso la strumentalizzazione di alcuni suoi post….. Ho molti amici ebrei e sono i primi a rivendicare con orgoglio la loro capacità di coesione e strategia comune che, in campo economico, diventa attività lobbistica e che economicamente questa lobby sia la più influente del pianeta è un dato oggettivo”. Fermiamoci qui.

Com’è possibile che quella creatura idolatrata da tutti gli anti-belusconiani di turno, Futuro e Libertà, la formazione di Gianfranco Fini, che tanto era piaciuta al Gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti – e che poco è piaciuta agli elettori alle ultime amministrative – sia finita impigliata in una piccolo affaire di velato anti-semitismo?

Non è bastata la visita di Gianfranco Fini allo Yad Vashem, il museo dello sterminio degli ebrei d’Europa? Non sono bastate le sue dichiarazioni sulle leggi razziali  definite “un’infamia”? E non è finanche bastata la recente partecipazione del presidente della Camera all’Aipac, la conferenza annuale della lobby americana pro-Israele, quella sì, negli Stati Uniti?

Pare di no! Così come, pare a noi, non sia bastata la restaurazione dell’ortodossia di partito del direttore del giornalino d’area Fli, Filippo Rossi il quale con vari contro-commenti su Fb ha agitato l’epurazione del franco Granata (almeno questo!): “Un movimento sano caccerebbe a calci in culo chi parla di ‘lobby ebraica’”.

Efficace? Chissà. Anche il senatore Fli, Giuseppe Valditara, ha chiesto l’epurazione ‘del fascista in doppiopetto’. Il latte è versato però. E poco importa che lui, Granata, resti in Fli, che venga redarguito pubblicamente o addirittura allontanato dal suo attuale gruppo parlamentare. Sarebbero al massimo delle mezze misure.

Questa miseria di partito è forse un piccolo-grande evento rivelatore delle difficoltà nel quale versa l’operazione Fli. La debacle fiellina alle ultime amministrative ha forse sancito la fine del finismo caudillista – e solo per circoscriverlo alla IIa Repubblica pensiamo a quello che va dalle sparate post-fasciste d’inizio anni ’90, e che passando per gli strali anti-immigratori d’inizio anni 2000 arriva sino alla conversione al vacuo pensiero unico dominante dell’anno scorso.

E per quanto sia desolante, il peto vagamente antisemitico del fido finiano Fabio Granata è al massimo una delle varie epifanie del crepuscolo nella quale versa la leadership di Fini. Forse il presidente della Camera ne dovrebbe trarre le conseguenze: uscire con dignità dal gioco del Palazzo oppure completare il ventaglio delle posizioni politiche e tornare alle origini, più fascista "e più forte che pria’! Bravo! Grazie!", tanto per scomodare il buon Petrolini.