La frattura Nord-Sud dell’Eurozona è (ormai) difficilmente sanabile

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La frattura Nord-Sud dell’Eurozona è (ormai) difficilmente sanabile

20 Luglio 2012

La crisi non è dell’euro, ma dell’Eurozona. La bilancia commerciale di quest’ultima con il mondo esterno è sostanzialmente in pareggio. Gli squilibri esistono all’interno dell’area euro, fra il Nord e il Sud. Inoltre, la posizione dominante, assunta di fatto dalla Germania, contrasta con i principi ispiratori del processo integrativo europeo. Essa è stata rafforzata dalle incrinature sempre più evidenti dell’asse franco-tedesco, dalla posizione geograficamente centrale della Germania con gli allargamenti dell’Ue, dalla diminuzione dell’impegno degli Usa in Europa, accentuatasi con l’Amministrazione Obama e, infine, anche dai rapporti sempre più stretti fra Berlino e Mosca.

La questione non è solo economico-finanziaria. E’ anche politica. Il rango e ruolo dell’Europa nel mondo si sono indeboliti. L’Ue, smilitarizzata anche culturalmente e indebolita economicamente, non è più neppure in grado di proporre il suo modello integrativo come paradigma del nuovo ordine mondiale e di far valere il suo soft power. Il suo prestigio è a pezzi. E’ scarsamente influente anche nelle sue immediate periferie. Lo si è visto in occasione della primavera araba. Le potenze emergenti contestano le posizioni preminenti che possiede ancora in molte istituzioni internazionali. Stanno sorgendo nuovi ordini regionali, che incrinano la stessa globalizzazione, cioè l’occidentalizzazione del mondo.

L’euro da strumento per europeizzare definitivamente la Germania, si è trasformato in uno per germanizzare l’Europa. Berlino è un membro sempre più tiepido anche della Nato. Lo si era già registrato nella crisi della Georgia dell’Agosto 2008. La cosa si è fatta evidente con l’astensione tedesca dall’intervento in Libia, con i dubbi sulla ragionevolezza del sistema antimissili e con le proposte Merkel-Medvedev su di un sistema paneuropeo di sicurezza, che tanto si ispirano alla fantasia di Gorbaciov sulla “casa comune europea”, ma che risentono dell’influsso di concetti ricorrenti nel nazionalismo tedesco.

Beninteso, è ancora irrealistico parlare di un distacco della Germania dall’Occidente e della sua trasformazione in una specie di Bric. Di fatto, però, l’Occidente e l’Europa non sono più quelli di prima. Il pivot della politica Usa si sta spostando dall’Atlantico al Pacifico. Gli Usa sono stati nel dopoguerra i veri integratori dell’Europa, con il Piano Marshall e la Nato. Le fratture esistenti in Europa si approfondiscono. Se da Nord a Sud sono economiche, da Ovest a Est sono politico-strategiche. Se diffidano della Russia – che ha in corso un poderoso riarmo – i paesi centro-europei sono perplessi sugli effettivi obiettivi tedeschi e si fidano solo degli Usa. L’Europa li ha spesso abbandonati agli “appetiti” della Russia e della Germania. Cercano di ovviare alla minore affidabilità della Nato e dell’Ue costituendo raggruppamenti regionali: l’Unione Baltica; il Gruppo di Visegrad; l’Eastern Dimension dell’Ue. E’ scomparsa l’Iniziativa Centro-Europea (InCE), sviluppatasi dalla Quadrangolare. Era inevitabile. Presenta aspetti paradossali simili a quelli dell’euro. Come quest’ultimo aveva fantasiosamente pensato di creare una moneta senza Stato e senza spada – figlia tuttora di 17 genitori separati – l’InCE immaginava di poter creare una Mitteleuropa senza la Germania!

La frattura Nord-Sud dell’eurozona è difficilmente sanabile. I paesi “cicala” del Club mediterraneo e quelli “formica” del Blocco teutonico leggono in modo differente le cause della crisi. Propongono cure opposte, contraddittorie fra di loro. Per i primi la ragione principale è stata che la Germania e il suo blocco hanno approfittato della sconsideratezza e incapacità dei partners. Berlino dovrebbe riconoscere questo e sostenere senza contropartite troppo pesanti gli altri paesi dell’euro. I tedeschi sono invece persuasi che tutti i guai siano derivati dal loro scarso rigore finanziario. La cura pertanto deve essere a base di austerità. Quanto meno pretendono che la solidarietà tedesca venga “pagata” con la cessione di sovranità, cioè con controlli severi, che diano alla Germania una ragionevole certezza che i suoi soldi non siano buttati via. La soluzione resta di stallo. Quasi impossibile è un compromesso fra sovranità e solidarietà. Il braccio di ferro rischia di distruggere l’Ue. Sarebbe distrutta anche qualora l’eurozona s’integrasse politicamente. Ne rimarrebbero esclusi i dieci Stati dell’Ue non facenti parte dell’eurozona. L’Ue non sarebbe più quella attuale. Invece di dividersi in Stati del “N-euro” e quelli del “S-euro”, sarebbe divisa fra gli “ins” e gli “outs”; comunque fra Stati di prima e Stati di seconda categoria.