La Gandus può procedere ma il Cav. non aveva tutti i torti
18 Giugno 2008
Forse davvero abbastanza da dare ragione al Cavaliere nell’istanza di ricusazione depositata lo scorso 17 giugno a Milano presso la Corte d’appello che poche ora fa è stata respinta dal Procuratore generale di Milano. Ma tale ricusazione, che ha subito indotto il Csm ad aprire un fascicolo a tutela del magistrato in questione, se mai dovesse approdare al plenum per una discussione collegiale a palazzo dei Marescialli, potrebbe anche rivelarsi un boomerang.
Classe 1949, forse già nel proprio personale libro del destino la magistrata che adesso Berlusconi vorrebbe far ricusare (ma oggi ha avuto il primo niet da parte dei giudici di Milano) c’era scritto che un giorno o l’altro si sarebbe trovata a tu per tu contro il proprio nemico politico.
A Palazzo di giustizia a Milano la descrivono come una garantista, una che manda volentieri assolti i ladri o i piccoli spacciatori quando esiste un piccolo dubbio di colpevolezza.
E che magari si concentra di più sui reati dei cosiddetti colletti bianchi. Come si diceva una volta.
Politicamente si è sempre collocata più a sinistra del Pci. E’ una specie di Filippo Paone , anche lui leader storico romano di Md, in gonnella. La trafila da pretore d’assalto del post sessantotto a giudice milanese anti corruzione l’ha fatta tutta.
Nella memoria di ricusazione depositata ieri dall’avvocato e parlamentare del Pdl, Niccolò Ghedini, si faceva riferimento anche ad azioni Mediaset possedute dalla giudice del processo Mills, una circostanza delicata che la metterebbe in conflitto di interessi proprio sui reati per cui sta giudicando Berlusconi. Come potrebbe infatti una potenziale danneggiata dalle presunte disinvolture finanziarie di un imprenditore decidere sulla sua innocenza o colpevolezza con la dovuta serenità?
Sul fronte della propria malcelata militanza politica, esercitata fuori delle aule di giustizia, nel maggio 2001, in piena intifada dei martiri suicidi, a pochi mesi dall’11 settembre, la Gandus ha firmato un appello, promosso dal quotidiano il “manifesto”, insieme ad alcuni cosiddetti ebrei del dissenso. Un vero e proprio tatzebao contro lo stato di Israele.
Un passaggio di quell’appello è particolarmente imbarazzante: quello in cui si chiede a Israele di “riconoscere che la nascita dello stato d’Israele, che rappresentò un modo con cui l’umanità cercò di riconoscere un debito contratto con il popolo ebraico nei secoli, determinò con la conseguente guerra del 1948 un fatto carico di drammi e terribili conseguenze per il popolo palestinese, e quindi ad accettare oggi di essere parte attiva nella ricerca di una soluzione concretamente attuabile del problema dei profughi”.
Chiunque conosca la storia dell’epoca sa che questo periodo contiene una serie di falsità. Ma un giudice che firma un manifesto che contiene simili enormità potrebbe non essere sereno nel giudicare un premier che ha fatto dell’amicizia senza se e senza ma con lo stato ebraico uno dei perni della propria politica estera.
Ma dal 2001 a oggi, cioè da quando si aprì l’istruttoria italo-inglese sul caso Mills, la Gandus ha trovato la maniera di essere presente in tutte le più aspre polemiche poltiche e sociali che hanno caratterizzato la vita politica italiana. Ha firmato contro la legge sulla procreazione assistita insieme a un gruppo di sedicenti “giuriste democratiche”, ha aderito all’appello per la laicità dello stato, ha partecipato al forum di Porto Alegre in rappresentanza di magistratura democratica nel convegno dedicato alle toghe rosse di tutto il mondo (“magistrati democratici del mondo unitevi”), ha firmato il 9 gennaio 2006 contro la legge, poi abrogata dal governo Prodi, che prevedeva l’inappellabilità da parte del pm delle sentenze di assoluzione.
Insomma un magistrato molto schierato, forse troppo, e sempre mobilitato per cause a suo avviso nobilissime.
Poco prima delle elezioni del 2006 non ha mancato di firmare anche il documento-programma del procuratore Armando Spataro. Che era in pratica una censura a consuntivo della politica della giustizia del governo Berlusconi ter, nonché un esplicito appello all’ex centro sinistra perché venissero silurate tutte le leggi non gradite alla casta in toga. Dalla Cirami al lodo Schifani, dalla ex Cirielli a quella sulla depenalizzazione del falso in bilancio, passando per l’odiatissima riforma dell’ordinamento giudiziario voluta dall’ex Guardasigilli Roberto Castelli. Alcune di queste leggi in effetti vennero poi puntualmente abolite per mano di Mastella.
Nell’appello di Spataro sottoscritto dalla Gandus si leggeva tra l’altro che “..oggi si sta chiudendo una delle più tormentate e controverse legislature della storia repubblicana e c’è la prospettiva di un cambio di governo. Ma deve cambiare anche il modo di governare: dal punto di vista costituzionale e dei rapporti tra cittadini ed istituzioni”. Ecco, magari Berlusconi avrà esagerato a definire questa magistrata come “una sua nemica personale”. Certo però che nei suoi ricchi panni, in molti dubiterebbero della sua imparzialità ideologica e politica. Almeno per quella che essa appare dai documenti che la signora ha firmato a raffica negli ultimi sette anni.