La gara di beneficenza a sostegno di Hamas
28 Marzo 2007
di Paolo Rossi
La vittoria elettorale di Hamas alle elezioni del 2006 ha innescato un
problema di difficile soluzione perchè investe la stessa essenza dell’Anp. Il
processo di pace degli anni ’90 era finalizzato alla creazione di uno Stato
palestinese che potesse vivere pacificamente accanto allo Stato ebraico. Grazie
agli accordi di Oslo Arafat ha vinto il premio Nobel per la pace e Israele, una
volta tanto, ha ottenuto il plauso dell’opinione pubblica internazionale. Ma
cosa accade se uno degli attori muta e al suo posto ne subentra un altro che ha
come scopo la distruzione della controparte? Che dialogo può esserci se una
parte vuole l’annientamento dell’altra? Per farsi un’idea delle intenzioni di
Hamas basta leggere l’articolo 13 dello suo statuto: ”Non c’è soluzione per il
problema palestinese se non il jihad. Quanto alle iniziative e alle conferenze
internazionali, sono perdite di tempo e giochi da bambini. Il popolo
palestinese è troppo nobile per mettere il suo futuro, i suoi diritti e il suo destino
nelle mani della vanità”.
La questione Hamas diventa, quindi, la questione di un popolo che ha
liberamente eletto quella fazione a suo legittimo governo. In un’intervista
rilasciata al Corriere della Sera, il politologo Sattar Kassem spiega in questi
termini la situazione: ”La struttura della società palestinese rappresenta un
enorme problema. L’errore capitale, io l’ho chiamato il tradimento, di Arafat.
Dagli anni ’90 nei territori sono stati persi circa 250 mila posti di lavoro
nel commercio e nella piccola industria. Li ha sostituiti Arafat, creando 100
mila nuovi statali. Una base clientelare pagata dal denaro dei donatori
internazionali, Usa e Ue, che coprivano quasi tutto il bilancio dell’Autorità”.
Questa è la terribile eredità che i palestinesi hanno ricevuto dal loro
compianto leader. Magari gli abitanti dell’economia più depressa del mondo,
avrebbero preferito dall’amato Yasser che il fondo nero “Palestine Investment”,
dell’entità di circa un miliardo di dollari, fosse utilizzato per la
costruzione d’infrastrutture e per lo sviluppo economico; invece, è stato impiegato
in operazioni finanziarie di carattere speculativo, volte semplicemente
all’arricchimento del vecchio rais e del suo entourage …
La mastodontica burocrazia creata da Arafat è alla base della corruzione e
del clientelismo che affliggono la vita pubblica e i costumi dei palestinesi. Ma
Arafat e i suoi eredi hanno sottovalutato Hamas. Le sue funzioni assistenziali,
con la denuncia della corruzione di Fatah (contrapposta alla purezza dell’Islam)
e l’obiettivo della distruzione d’Israele, hanno reso possibile l’affermazione
del movimento guidato da Hanyeh alle elezioni politiche. Hamas appartiene con
Hezbollah, in Libano, e i Talebani, in Afghanistan, a quel novero di formazioni
estremistiche che hanno compreso come il modo migliore per fare proseliti e conseguire
successi politici sia quello di sostituirsi allo Stato coniugando il lato
bellicoso e militaresco con la difesa delle fasce sociali più deboli. Le
democrazie occidentali spesso lo ignorano o fanno finta di non accorgersene.
Osserva il Commissario alla Giustizia dell’Unione Euroepa, Franco
Frattini, che anche le organizzazioni dalle finalità umanitarie incitano, di
fatto, alla violenza contro Israele. Per non parlare dei programmi scolastici che
educano all’odio verso gli ebrei e del sostegno economico promesso ai parenti
dei giovani kamikaze.
A questo punto è lecito chiedersi se l’Unione Europea, la principale
finanziatrice dell’Anp, non si sia accorta del mostro che stava generando con i
soldi dei suoi contribuenti. E se volutamente abbia permesso ad Arafat di
accumulare ricchezze per miliardi di dollari e di accusare, allo stesso tempo,
il governo di Gerusalemme di affamare la popolazione palestinese e di
ghettizzarla. È possibile che nessun funzionario di Bruxelles abbia mosso ciglio,
mentre nell’ANP si formavano a spese europee venti corpi di polizia differenti
con un organico di oltre sessantamila uomini? 70
milioni di euro nel 2005 sono serviti a sostenere la spesa pubblica dell’Anp.
Il problema è che quei fondi alimentavano la struttura corrotta fondata da
Arafat.
D’altronde, lo stop dei finanziamenti al governo palestinese porta con sé
il rischio di consegnare l’intera Anp all’Iran di Ahmadinejad e questa è una
possibilità che l’Europa farebbe meglio a scongiurare. L’Iran, infatti, è il
grande sponsor di Hamas. Il 14 dicembre 2006,
c’è stato un cospicuo sequestro dei fondi che il leader dell’organizzazione
jihadista, Hanyeh, aveva raccolto durante un “tour delle capitali” tra Teheran,
Doha e Khartoum. Nell’ultimo anno, gli ayatollah hanno versato nelle casse
dell’Anp 120 milioni di euro, ovvero quanto gli Stati Uniti (anche se i media
dei paesi musulmani tacciono sulle elargizioni americane). Significa che è in
corso una gara di beneficenza per contrastare la crescente influenza iraniana
nei territori palestinesi, di cui, però, è soprattutto Hamas a beneficiare,
incassando il denaro anche di Arabia Saudita e Qatar. E sostegno ad Hamas
significa pure sostegno, diretto o indiretto, alla sua volontà di annientare
Israele.
Proprio per questo motivo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti non possono abbandonare
l’Anp a se stessa. Il rischio che cada completamente nelle mani di Hamas e che
l’Iran possa così insediarsi nella West Bank e a Gaza a diretto contatto con
Israele, il suo acerrimo nemico, è quanto mai reale.