La gara Pdl-Pd a chi è più montiano di Monti certifica il default dei partiti

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La gara Pdl-Pd a chi è più montiano di Monti certifica il default dei partiti

27 Febbraio 2012

Nell’arena della politica, dove i giochi sono addomesticati tanto da somigliare a quelli circensi, è in pieno svolgimento una gara che non saprei dire se più stupida o stucchevole. Essa non ha regole. Per quanto sia piuttosto tristanzuola, eccita comunque i partecipanti i quali non hanno niente di meglio da fare che cimentarsi in questa farsa della quale i cittadini si sono accorti e si dicono perciò parecchio schifati dal sistema dei partiti che ottiene il gradimento del fantasmagorico 8% degli italiani.

La gara, dunque. Lo dico subito: è talmente intelligente da lasciare sconcertati. Essa consiste nel dimostrare chi è più “montiano”. Ci si sono messi tutti i leader dei principali partiti per architettare questo passatempo  che potrebbe essere ricordato come “Transatlantico game”. Vince chi più, alla fine (che non si sa quando avrà arriverà: forse nel 2013, ma c’è chi è pronto a scommettere che vada più in là) si sarà avvicinato al premier, ne avrà maggiormente condiviso le idee, si sarà addirittura identificato in lui.

Certo, nessuno dei pretendenti alla palma del “montismo” potrà vantare, per quanti sforzi avrà potuto fare, la cultura, l’aplomb, il carisma ed il loden del Professore: a tutti, oggettivamente, mancano i fondamentali, come si dice in linguaggio calcistico. E, bisogna aggiungere, ne sono consapevoli. Al punto che invece d’un passo indietro ne hanno fatti dieci in avanti verso il baratro. Se ancora non si sono buttati è per un riguardo di Monti verso di loro.

Il presidente del Consiglio, infatti, molto più politico di quanto voglia far credere, è consapevole che dei partiti, sia pure malmessi, dissestati, inguardabili, ha necessità per legittimare i suoi provvedimenti. Viceversa, i partiti dal canto loro hanno bisogno di Monti per farsi dimenticare. Poi, sperano, una volta che il benefattore-beneficiato avrà minimamente messo le cose a posto, si riaffacceranno sul proscenio politico rivendicando non le specificità o le identità, ma il più alto tasso di “montismo” praticato e su questa strabiliante ideologia del nulla immaginano di darsi battaglia e convogliare verso di loro le masse osannanti e benedicenti per lo scampato pericolo del default.

Al momento il Pd ed il Pdl sono quasi appaiati nella corsa verso il traguardo. Il primo può vantare il 59% dei consensi intorno all’operato di Monti; il secondo, appena distaccato, il 56% (sondaggi del mitico Mannheimer). Ma c’è tempo per recuperare. Dopo il rilancio del Cavalier Berlusconi – “Monti forever” – per lo sfigato ( termine sdoganato dal giovane sottosegretario Michel Martone, dunque possiamo usarlo anche noi, o no?) Bersani, “monetizzato” da Letta, Franceschini e Veltroni ha perso l’occasione per vincere le elezioni, e si avvia lentamente ad essere sorpassato.

Per i leader di centrodestra e centrosinistra il problema, però, è quello di non farsi prendere da Casini che ha lanciato una volata supersonica e rischia di agguantare le truppe di entrambi e portarsele in un centro tecnocratico-populista nel nome di Monti, Passera e Santa Romana Chiesa. Non c’è niente da fare: in questo tipo di gare Casini è il migliore. È stato allievo di una grande scuola; ha imparato in questi anni difficili a praticare la coerenza unita ad una buona dose di coraggio – ce ne voleva per correre da solo nel 2008 -; soprattutto si è affrancato dalla soggezione al berlusconismo quando tutti (compresa la sinistra) ne erano soggiogati. Senza ironie: il Grande Gioco è probabile che lo vinca lui. Del resto è stato più montiano di Monti ancor prima che l’astro del Professore brillasse.

Ma questo gioco che cosa dimostra, infine? Una sola cosa. Il fallimento dei partiti politici. La fine della mesta e contraddittoria Seconda Repubblica. La vergognosa ascesa del qualunquismo. Il tramonto dei progetti di trasformazione e di modernizzazione guidati dalla politica e, dunque, determinati dalla sovranità popolare.

Quando la gara sarà conclusa, nessuno avrà più parole da spendere. E del “montismo” sorriderà per primo il senatore Monti, uomo serio e consapevole, chiamato al capezzale della Repubblica da tutti coloro che, per un motivo per l’altro, non sono stati capaci di somministrare neppure un’aspirina all’Italia agonizzante.

Buon divertimento, giocatori del “Transatlantico game”.