La Georgia in bilico fra golpe, manovre Nato e proteste dell’opposizione

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La Georgia in bilico fra golpe, manovre Nato e proteste dell’opposizione

07 Maggio 2009

La Georgia è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica grazie al tentativo di “golpe militare”, dopo essere caduta un po’ nell’oblio. In realtà la situazione era già parecchio complicata e preoccupante prima di questo avvenimento, non così straordinario, viste il tradizionale ribellismo di militari e paramilitari georgiani.

Ormai dal 9 aprile la capitale Tbilisi è nel caos a causa delle continue manifestazioni dell’opposizione. Pur essendo progressivamente diminuite nella partecipazione, le le proteste continuano a creare grossi disagi mentre i manifestanti hanno circondato a più riprese importanti edifici governativi, impedendo di fatto il regolare funzionamento del governo.

I tentativi dell’Unione Europea di ricondurre a più miti consigli i dirigenti dei diversi movimenti politici sono stati inutili, visto che il loro unico obiettivo è di ottenere le dimissioni del presidente (dopo un anno dalle elezioni). Il governo ha scelto di non reagire e di non entrare in una spirale di confronto che avrebbe facilmente esiti violenti, sopportando quello che nessun paese occidentale avrebbe permesso.

L’ambasciatore francese, a nome dei colleghi europei ha dichiarato: “a causa delle attività degli attivisti dell’opposizione, il presidente del parlamento deve tenere gli incontri in un hotel, non nel palazzo del parlamento. Ci dispiace che alcune persone abbiano deciso di agire contro la legge e di violare la costituzione democratica. E’ inammissibile che il governo debba riunirsi in un hotel per incontrare il presidente del parlamento. Questo è un fatto molto negativo”.

Il segretario generale dell’assemblea parlamentare del consiglio d’Europa , Terry Davis, ha affermato, rivolgendosi all’opposizione georgiana, che ogni questione dovrebbe essere discussa in regolari negoziati e non nelle strade. La risposta è arrivata da Salome Zourabichvili, una delle  dirigenti di rilievo, secondo cui il richiamo di Davis a dialogare col governo equivale a chiedere di dialogare con Hitler.

L’incapacità di provocare una reazione repressiva da parte del governo, e il continuo calo della partecipazione popolare alle proteste, sta spingendo verso scelte più radicali. E’ stato lanciato un ultimatum, che vedremo se sarà seguito da fatti, perché il presidente rassegni le dimissioni. Scaduto il termine dovrebbero essere occupate le principali vie di comunicazione del Paese trascinando la Georgia verso la paralisi e la catastrofe.

Tutto questo avviene forse non casualmente, secondo qualcuno, visto che in questi giorni sono appena iniziate le esercitazioni Nato, fortemente contestate dalla Russia (che le ha definite una “provocazione”). Insomma, anche senza l’abortito golpe militare, un colpo di mano più strettamente “politico” è nell’aria, proprio nel momento di maggiore tensione tra Georgia, Russia e Nato.

Questo spinge il governo ad accusare la Russia di essere dietro entrambi i tentativi di rovesciamento del governo in carica, vero o falso che sia. E’ interessante notare che la Nato sembra essere d’accordo con le affermazioni di Tbilisi e sta lanciando dei messaggi alla Russia. Il fatto che le esercitazioni militari dell’Alleanza si stiano svolgendo regolarmente, nonostante le durissime proteste russe, è già un segnale importante, ma non è l’unico.

La Nato ha ordinato l’espulsione, il 29 aprile, di due importanti diplomatici russi accreditati presso l’Alleanza stessa. Uno dei due espulsi è addirittura il figlio di Vladimir Chizhov, il rappresentante permanente della Russia presso l’Unione Europea. Un modo tipico per fare capire che anche l’Ue sa e approva. La reazione russa è stata furibonda con minacce di diverse espulsioni di diplomatici occidentali.

Anche l’Unione Europea, con la sua nuova “Partnership dell’Est” e il finanziamento all’Ucraina per la sistemazione dei gasdotti, mostra di cercare una politica più “combattiva” rivolta a diminuire l’influenza russa nelle repubbliche ex-sovietiche. La svolta di queste importanti istituzioni, in senso meno “amichevole” verso la Russia, è motivata da una quasi totale perdita di fiducia verso la possibilità di evitare, in maniera più diplomatica, l’opera destabilizzatrice che ha nella Georgia il suo punto focale.

Ci sono infatti forti timori di un nuovo conflitto, e lo schieramento di truppe di frontiera russe ai confini tra le regioni georgiane secessioniste e la Georgia vera e propria – unita alla casuale scoperta di “un’organizzazione spionistica georgiana” nella città russa di Sochi, prossima sede dei giochi olimpici invernali – non promette nulla di buono.

Anche la difficile situazione economica russa, con un crollo del PIL del 9,5 per cento nei primi tre mesi del 2009, non scoraggia un nuovo scontro con la Georgia, ma anzi lo rende più auspicabile per ricompattare il paese attorno alla sua dirigenza e rendere “antipatriottiche”  le proteste contro una situazione sempre meno sostenibile. Non ci vorrà molto per vedere se sarà la ragionevolezza a prevalere o se assisteremo a un’altra guerra nel Caucaso…