La Germania festeggia la sua “lotta di liberazione” dall’Impero Romano

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La Germania festeggia la sua “lotta di liberazione” dall’Impero Romano

29 Novembre 2009

Nulla è così ancorato alla coscienza storica dei tedeschi come la battaglia vinta presso la foresta di Teutoburgo contro i soldati romani guidati da Varo, nell’autunno dell’anno 9 dopo Cristo. La ricorrenza dei duemila anni ha arricchito in maniera significativa la bibliografia di quella che ancor oggi, a riunificazione tedesca avvenuta, viene interpretata da più parti come “lotta di liberazione” delle popolazioni germaniche dal dominio romano. Con buona pace di Vittorio Sorci (vedi “Il Foglio” del 14 novembre scorso), gran propugnatore delle gesta romane e del culto italico, nonché convinto e passivo ripetitore delle parole di Velleio Patercolo sui germani (definiti “barbari che nulla di umano avevano tranne le membra e la voce”), i tedeschi si arrogano ancor oggi il diritto di poter leggere la vittoria di Arminio (diventato poi Herrmann) come un punto di passaggio decisivo per la propria identità di popolo, senza essere necessariamente per questo identificati come nipotini dei peggiori gerarchi nazisti.

Tra le pubblicazioni più interessanti (e certo più provocatorie) in questo senso uscite in Germania c’è quella di Christian Pantle, Die Varusschlacht. Der germanische Freiheitskrieg (La battaglia di Varo. La guerra germanica per la libertà, Propyläen Verlag, Berlin 2009, p. 256, € 16,90). Il libro in realtà non si sofferma solo sui sanguinosi scontri del 9 d.C. a Teutoburgo, ma ricostruisce rapporti e conflitti dell’Impero Romano con i popoli del nord, in particolare con i germani. Nocciolo centrale dell’accurata lavoro sono ovviamente le guerre scoppiate tra il Reno e l’Elba negli anni 12 a.C e 16 d.C. e tuttavia l’arco di tempo messo a fuoco spazia dagli anni dello sterminio dei cimbri e dei teutoni (102/101 a.C.) fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.).

Certo il giovane Pantle (classe 1970), lo si capisce dal sottotitolo, non ha dubbi su chi fossero gli aggressori e chi gli aggrediti. I romani vengono così additati come protagonisti di carneficine, di omicidi di massa e di crimini di dimensioni inaudite. Germanico, il figlio adottivo dell’imperatore Tiberio, “il fulgido esempio vittorioso”, così ancora Sorci su “Il Foglio”, cui “si rivolse l’Italia nel momento di maggior tensione della Prima Guerra Mondiale”, a causa della feroce e vendicativa aggressione dei Marsi del 14 d.C. viene descritto da Pantle come dotato di una particolarmente cinica crudeltà. Lo stesso Giulio Cesare, che pure è stato a lungo un inattaccabile monumento per la stessa idea di Bildung (formazione) classica tedesca, viene descritto molto prosaicamente come uno sterminatore di popoli ed un macellaio di uomini.

Scagliandosi contro l’immagine dei “barbari furbissimi” costruita da Velleio Patercolo (e acriticamente accolta dal solito Sorci…), Pantle spazza via anche il clichè che ha fatto dei Germani degli “stupidi eroi”. Piuttosto li si dovrebbe immaginare come un popolo che è andato incontro al suo nemico con un misto di coraggio e di scaltrezza tutta contadina. Sorci ha lamentato come la vittoria a Teutoburgo sia stata “frutto dell’inganno”: ma in quale altro modo, se non con l’uso dell’astuzia, Arminio e i suoi avrebbero potuto sconfiggere un esercito così attrezzato e organizzato come quello romano?

L’approccio critico e fuori dagli schemi di Pantle è evidente dunque nel modo in cui riprende le fonti antiche ed evita speculazioni e teorie. A proposito di Arminio ricorda per esempio come non esista alcun documento che attesti la sua giovinezza trascorsa a Roma come ostaggio e la sua perfetta conoscenza del latino. Anche circa i motivi della rivolta dei Germani contro l’Impero Romano Pantle non azzarda certezze: sarà stato davvero amore per il proprio popolo, addirittura per la patria, e per la libertà o semplicemente orgoglio personale di qualcuno? Non è dato saperlo.

In definitiva il libro si fa apprezzare (e non a caso sta avendo un notevole successo), oltre che per la messa in discussione di luoghi comuni, anche per il carattere divulgativo: alla ricchezza dei dati biografici dei protagonisti e delle descrizioni di oggetti in uso all’epoca, si aggiunge anche un’accurata lista degli autori antichi citati, ma anche una ampia ed aggiornata bibliografia. Insomma un bell’esempio di come una ricorrenza bellica possa essere occasione di ripensamento dei tratti reali e non mitici (o mitologici) della storia di un intero popolo.