La Germania, la privacy e Amri il tunisino
30 Dicembre 2016
C’è un dettaglio, non secondario, rimasto in sospeso nella vicenda dell’attacco jihadista al mercatino natalizio di Berlino. Al momento, non sembrano esserci immagini o video che mostrano il sospetto jiahadista autore della strage – Anis Amri – sul luogo del delitto o durante la sua fuga per lasciare la Germania. Nei giorni scorsi, abbiamo visto la foto del cadavere di Amri a Sesto San Giovanni. Amri è stato ucciso dalla polizia italiana dopo che il giovane aveva aperto il fuoco contro uno degli agenti che lo avevano fermato durante un controllo di routine. Sesto è stata l’ultima tappa di una lunga caccia all’uomo, alla quale il terrorista, noto alla intelligence tedesca (si apprende dallo Spiegel che le autorità della Germania sapevano che utilizzava molteplici identità), sarebbe riuscito a sottrarsi, attraversando mezza Europa armato di pistola ed evitando qualsiasi controllo della polizia.
Oltre alla foto del cadavere di Amri a Sesto, ce ne sono almeno altre due diffuse dalla polizia italiana dopo aver visionato i sistemi di videosorveglianza: un uomo, con un giubbotto scuro, il volto coperto da un cappuccio, ritratto di spalle, che si muove nelle stazioni di Torino e Milano. Sempre a Torino, le telecamere avrebbero immortalato il killer mentre decide se fare un biglietto del treno per Roma o Milano. Secondo gli investigatori, l’uomo incappucciato è Anis Amri. In un’altra immagine, ripresa invece dalle telecamere a Lione, dove il jihadista prende il treno che lo porterà in Italia, si vede una persona corpulenta, con la barba, che indossa un giubbotto scuro con un collo di pelliccia. Secondo gli inquirenti italiani, una volta arrivato a Torino, il terrorista si sarebbe cambiato il giaccone, per distogliere quanto più possibile l’attenzione su di sé.
Il portavoce della procura di Nimega, una città olandese al confine con la Germania, dove il killer sarebbe passato dopo essere fuggito da Berlino, ha fatto sapere che “è molto probabile” che il terrorista sia stato ripreso, “da solo”, dalle telecamere della stazione, prima di prendere il bus che lo ha portato a Lione. Ma le immagini dei sistemi di videosorveglianza non sono state rese note dalle autorità olandesi. E arriviamo a Berlino: a differenza di quanto accadde durante l’attacco condotto con le stesse modalità, con un camion, sul lungomare di Nizza, in Francia, quando l’attentatore venne raggiunto e ucciso dalla polizia, a Berlino non c’erano agenti tedeschi in grado di intervenire nel corso dell’attacco (va detto che il tragitto della morte compiuto dal Tir a Berlino è stato molto più breve di quello a Nizza), né, soprattutto, ci sono immagini del killer durante la strage o subito dopo, quando fugge dal luogo dell’attentato. Ricordiamo che le autorità tedesche si sono concentrate subito sul sospetto sbagliato, un rifugiato pakistano, che dopo essere stato interrogato per diverse ore viene rilasciato, permettendo dunque al vero attentatore di accumulare almeno 24 preziose ore di tempo per mettersi lasciare il Paese.
La Germania, che ha alle spalle una lunga storia di controlli pervasivi della popolazione, dalla Stasi al passato nazista, oggi tutela la privacy dei suoi cittadini nei luoghi pubblici, ed ecco perché mancano immagini di Anis Amri alla guida del Tir che ha ucciso 12 persone, o della sua fuga dal luogo del delitto. “Non è ancora chiaro se Amri sia il colpevole della strage”, scrive Eurointelligence, rivista online diretta da Wolfgang Munchau. In realtà, sappiamo che Amri era sul camion grazie ai documenti ritrovati sotto il sedile, quasi 48 ore dopo l’attacco, e dal telefonino, rinvenuto sempre nel Tir dopo altri giorni di ricerche. Il ritrovamento dei documenti, potrebbe anche essere stato un diversivo, usato dalle autorità per proteggere un informatore o qualche gola profonda che forse ha messo gli investigatori sulla strada giusta dopo il flop del pakistano arrestato e poi rilasciato.
Una prova a sostegno della tesi sulla identità del killer di Berlino arriva dalla pistola usata da Amri per aggredire i poliziotti italiani e sparare all’autista del Tir polacco. Il calibro è lo stesso, ha fatto sapere la procura tedesca. Si saprà se il proiettile trovato nel camion a Berlino è stato sparato dalla stessa arma al termine di un’ulteriore indagine balistica, ha aggiunto la fonte. Nel frattempo le indagini continuano.